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Il Giornale - Corriere della Sera Rassegna Stampa
13.07.2014 La guerra mediatica di Hamas
Analisi di Fiamma Nirenstein, Guido Olimpio

Testata:Il Giornale - Corriere della Sera
Autore: Fiamma Nirenstein - Guido Olimpio
Titolo: «Hamas resiste sotto le bombe: così vince la guerra mediatica - La guerra psicologica via twitter»
Riprendiamo dal GIORNALE di oggi, 13/07/2014, a pag. 12, l'articolo di Fiamma Nirenstein dal titolo "Hamas resiste sotto le bombe: così vince la guerra mediatica " e dal CORRIERE della SERA, a pag. 6, l'articolo di Guido Olimpio dal titolo "La guerra psicologica via twitter ".

Di seguito, gli articoli:



Parata di Hamas


Il GIORNALE - Fiamma Nirenstein: "Hamas resiste sotto le bombe: così vince la guerra mediatica "


Fiamma Nirenstein

(Gerusalemme) Soltanto circa 70 missili missili da Gaza fino alle 6 del pomeriggio.Soltanto. Di nuovo, certo, hanno coperto tutto il terreno nazionale, di nuovo la cronista ha dovuto correre nella stanza di cemento mentre scriveva il pezzo e i gerusalemitani hanno afferrato i bambini correndo al rifugio più vicino, e poi alle 9 un attacco preannunciato ha colpito Tel Aviv, il centro e il sud, per dimostrare che Hamas può arrivare dappertutto, e che gli israeliani corrono nei bunker ai suoi ordini.
Eppure 70 missili nel corso di una intera giornata sono pochi rispetto alle centinaia cadute nei primi cinque giorni, il loro numero è un messaggio, un avviso. Il messaggio è chiaro: Hamas prosegue, ma frena. Qualcosa succede. Le sue tv proclamano la vittoria,maledice l'aggressore sionista, loda l'eroismo dei suoi che affrontano gli F16 senza i rifugi. Quelli, li usa solo la leadership. Ma frenando un po' Hamas facilita , si dice, movimenti diplomatici sotterranei che coinvolgono, oltre a Israele, anche l'Egitto, tradizionale mediatore, anche se nemico della Fratellanza Musulmana di cui Hamas è parte, e il Qatar, l'amico più fidato. Anche Abu Mazen è mobilitato.Sembra che Tony Blair parli con tutti, e sia il jolly della situazione.
E' una guerra difficile da concludere, tuttavia, per ambedue le parti. Ognuno dei due vuole dichiarare vittoria.Per farlo, Israele vuole garantirsi, oltre al cessate il fuoco, un margine per cui Hamas debba cessare per un periodo ragionevole dagli attacchi terroristi e dal bombardamento a tappeto come nel 2009, nel 2012 e adesso.Per avere un gesto significativo Israele potrebbe puntare alla consegna dei missili a un terzo attore, o al passaggio del potere di Gaza a Abu Mazen. Sogni? Sì, anche se Hamas ha avuto già 127 morti e più di mille obiettivi militari sono stati colpiti dall'aviazione , 158 solo nelle ultime 24 ore, mentre Israele con "Kipat Barzel" e la rete di rifugi onnipresenti non ha avuto perdite.
Eppure Hamas dichiara la vittoria, e anzi cerca un gesto clamoroso come l'attacco, sventato, dei suoi uomini rana al kibbutz Zikim, o il tentativo di compiere un grande attacco terrorista usando una delle gallerie di Gaza. E' una potente rete che rappresenta un forte deterrente all'ingresso di terra che Israele minaccia: un'autentica città sotterranea, ossigenata e munita di elettricità, profonda fino a trenta metri, dove sono accumulati missili forniti dall'Iran e dagli Hezbollah, protagonisti, con i loro ingegneri, della costruzione dei cunicoli, degli uffici, delle abitazioni, dei depositi sotterranei. Fu da uno di quei tunnel che uscì nel 2006 il commando che rapì Gilad Shalit, centinaia di attentati arrivano in Israele tramite le gallerie. In questi giorni Israele ne ha distrutte 100, ma siamo lontani da risultati strategici.
Hamas vuole resistere quanto può per ripristinare la sua importanza e il suo "appeal" antisraeliano. Soprattutto, ha bisogno che dopo l'abbandono dell'Egitto, il Qatar ripristini le donazioni che le consentivano di arrivare al budget di 4miliardi e 600milioni che le permette di mantenere i suoi 70mila dipendenti e che oggi è sprofondato. La disoccupazione a Gaza è del 38, 5 per cento: ildenaro è uno dei nomi del gioco. Ma il punto vero per cui Hamas resiste e un altro: ogni minuto di più le fotografie provenienti da Gaza toccano le corde politiche della stampa internazionale: Hamas vince una guerra di opinione che la rende la star del momento nel mondo che ama odiare Israele.
Le dimostrazioni ormai punteggiano l'Europa, i titoli dei giornali dimenticano che la popolazione israeliana è nei bunker, e che i palestinesi nascondono le rampe, i missili, i terroristi, in mezzo alla popolazione. Guida la danza il New York times, che assicura il suo pubblico che mentre Israele attacca con gli aerei, Hamas, innocente, si limita a rispondere a un atteggiamento crudele e incurante della vita umana.La BBC promuove la bugia che addirittura Israele prenda di mira i civili a Gaza, e ignora del tutto il fatto, unico al mondo, che mentre Israele copre di telefonate, volantini, messaggi email i palestinesi per invitarli a uscire da casa quando attacca un sito di importanza strategica o un comandante di Hamas, i cittadini ricevono da Khaled Mashaal o da altri l'ordine di restare a casa o addirittura di salire sui tetti.
Le organizzazioni internazionali, come il Consiglio dell'ONU per i Diritti Umani mettono in moto il consueto meccanismo di condanna contro Israele e cercano di fermarlo, ciò che procrastinerà la guerra all'infinito. Ogni giorno in più che Hamas lancerà i missili sui civili israeliani, sarà un giorno a suo favore e di condanna di Israele.

CORRIERE della SERA - Guido Olimpio: " La guerra psicologica via twitter "

      
Guido Olimpio             La pagina Twitter delle Brigate Al Qassam

Hamas prima ancora di costruire i suoi razzi ha pensato alla propaganda. Per quasi un decennio i militanti palestinesi hanno studiato come influenzare l’opinione pubblica del nemico. Con messaggi, video e audio anche in ebraico. Un’interazione diretta per accompagnare le operazioni militari. Oggi i lanci degli ordigni sono annunciati via Twitter, il social network dove le Brigate Ezzedine al Qassam hanno riattivato il loro account quando è esploso il conflitto. Altrettanto efficace Facebook, altro «cannone» mediatico per tenere testa al fuoco degli israeliani, infine la tv — con l’orologio che mostrava il conto alla rovescia — e la radio dove slogan politici si mescolano a versetti del Corano. I palestinesi hanno seguito con successo la strategia dell’Hezbollah libanese, uno dei primi movimenti a impegnarsi in questo settore fin dagli Anni 80. Una tattica che ha fatto scuola e che oggi sfrutta tutte le piattaforme possibili per inseguire una serie di risultati.
Il primo obiettivo è quello di creare un «equilibrio» nel duello dell’informazione. Se Israele mostra un filmato legato ad un raid, stessa cosa fanno quelli di Hamas sul versante opposto. Versione contro versione, per dare argomenti a sostenitori e simpatizzanti, contrastare la «narrazione» di Gerusalemme, ingigantire le perdite dell’Idf. Cosa già vista durante la seconda intifada e in occasione delle altre crisi a Gaza. Il secondo elemento è psicologico. Gli estremisti sono consapevoli che l’impatto militare dei razzi M75 è ridotto. Ma cercano di amplificarne l’importanza attraverso la «copertura»: foto e clip documentano l’arsenale. Fintanto che saranno in grado di spararne uno avranno la possibilità di sedersi ad un eventuale tavolo negoziale. Il terzo aspetto punta al fronte interno israeliano. Gli spazi sono ridotti ma Hamas prova ad alimentare polemiche, suscitare contrasti facendo passare il messaggio che l’intervento nella Striscia non è risolutivo. Jet e droni sofisticati non riescono a bloccare i nuovi Qassam. E il terrore tra i civili, costretti a correre nei rifugi, si diffonde. L’avvertimento a Tel Aviv arriva ancora prima delle sirene d’allarme. È un modo per dire «siamo noi a condurre il gioco». A chiudere c’è l’elemento «sorpresa», una costante per le formazioni islamiste. Attraverso la guerra di propaganda, Hamas allude a qualcosa di imprevedibile. Ad un colpo di mano oltre le linee. Un ricordo delle incursioni degli antichi guerrieri musulmani — i ghazis — «nella terra degli infedeli».

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