Anche l' Italia si divide su Israele di Paolo Conti
Testata: Corriere della Sera Data: 11 luglio 2014 Pagina: 14 Autore: Paolo Conti Titolo: «La difficoltà di un dibattito aperto in Italia 'Non facciamo che radicalizzare la faida'»
Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 11/07/2014, a pag. 14, l'articolo di Paolo Conti dal titolo " La difficoltà di un dibattito aperto in Italia 'Non facciamo che radicalizzare la faida' "
Paolo Conti Giuseppe Laras
Com’è difficile ragionare con pacatezza, anche qui in Italia, sul dramma del Medio Oriente. Persino di fronte alla morte. Davanti al massacro di Naftali, Gilad ed Eyal, i tre ragazzi ebrei rapiti e trucidati in terra palestinese. O, specularmente, quando si affronta la tragedia di Mohammed, il loro coetaneo palestinese rapito per rappresaglia e bruciato vivo. L’Italia, presidente di turno dell’Unione europea, vive le stesse, parallele spaccature che si registrano in Medio Oriente. Un dato aiuta a capire il perché del coinvolgimento. In Israele sono diecimila gli abitanti con passaporto italiano. Cittadini di religione ebraica che hanno scelto ora di risiedere nello Stato israeliano oppure sono figli o nipoti di chi emigrò nel dopoguerra. Un vincolo forte, che riguarda quindi migliaia di nuclei familiari, rimasti in Italia o residenti ora in Israele. Ma naturalmente c’è di più. Ne è convinto Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant’Egidio, da anni impegnato nel sostegno a una pace raggiunta attraverso il confronto e la via diplomatica (uno dei successi è stata la pacificazione del Mozambico): «È verissimo. È quasi impossibile, da noi in Italia, affrontare la questione con lucidità senza dividersi in fronti. La tipica politica estera italiana fatta a uso e consumo della politica interna. L’espressione di un Paese che ha rinunciato ad avere un peso internazionale, all’interno di un’Europa diplomaticamente decaduta. Mentre impallidisce l’influenza degli Usa in quel quadrante, l’Unione sembra aver rinunciato a giocare un ruolo importante. Fatale che i processi conflittuali impazziscano sia nella terra in cui tragicamente si svolgono che in Italia». Un Paese, ricorda Riccardi, che ha avuto una grande tradizione diplomatica in Medio Oriente: «C’era diversità di vedute, Giovanni Spadolini filo-israeliano e Giulio Andreotti filo-palestinese. Ma c’era, appunto, un quadro di rapporti, relazioni e investimenti. Ora non c’è quasi nulla». Non è diversa la convinzione di Matteo Orfini, presidente del Pd: «Da troppo tempo l’Europa ha delegato agli Stati Uniti la gestione della tragedia mediorientale. Come ha ricordato il presidente Matteo Renzi, è tempo che l’Unione europea riprenda il suo ruolo, la sua missione di speranza. Se dalla scena europea scompare una buona politica estera per quell’area, tutto viene divorato da opposte tifoserie come si vede anche qui in Italia, dove le polemiche politiche interne strumentalizzano anche quei morti. Dobbiamo ricordare che vanno fermamente condannati i lanci di razzi così come la spropositata reazione di Israele che colpisce i civili e non Hamas. Non è così che si risolve il problema». Il rabbino Giuseppe Laras, presidente emerito e onorario dell’Assemblea rabbinica italiana, pone a questo punto un quesito: «Gli israeliani sono spesso accusati di reagire troppo duramente, e forse possono esserci degli argomenti. Ma come si fa a discutere, qui in Italia o in qualsiasi posto al mondo, con chi dichiara che il suo scopo è farti sparire? In quanto alla difficoltà di un confronto nel nostro Paese penso ci sia oggettivamente un antefatto. Ovvero l’antisemitismo diffuso, anche se non lo si vuole riconoscere e ammettere. Gli israeliani sono ebrei, e il ragionamento può provocare reazioni abnormi figlie dell’antico sentimento antiebraico. Ma si deve uscire dalla tragedia del Medio Oriente, anche se il nodo appare indissolubile. Perché oltre c’è solo la disgregazione e la morte di tutti» Un altro cittadino italiano è fortemente legato al Medio Oriente, si chiama Hamza Roberto Piccardo, è un editore e scrittore, membro del direttivo dell’Unione delle comunità e delle organizzazioni islamiche in Italia: «Non è questione di essere o non essere italiani, di ragionare qui o in qualsiasi altro posto del mondo. Basta mettere mano alle cartine geografiche storiche. Il territorio palestinese si è ridotto a un ventesimo rispetto al 1948. Subisce un’aggressione continua ed è spossessato di tutto. Direi le stesse cose se si trattasse di un paese centro-americano o del Botswana, cito due esempi a caso. Per questo è difficilissimo confrontarsi , c’è alle spalle una guerra di trent’anni e un’ingiustizia che non ha fine». Non ci sarà mai la pace, insomma? «Noi siamo credenti e preghiamo ogni giorno per la pace. Preghiamo e diffondiamo informazione». Vero, verissimo. Com’è difficile parlare di Medio Oriente anche qui in Italia, senza dividersi esattamente come avviene in quella terra così vicina a noi italiani, quindi all’Europa. Per esprimere la propria opinione al Corriere della Sera, telefonare al numero 02/62821 o cliccare sulla e-mail sottostante lettere@corriere.it