Israele sotto attacco: le nostre critiche alle cronache che disinformano sui quotidiani cattolici e su quello comunista
Testata:Avvenire - Il Manifesto - L'Osservatore Romano Autore: Susan Dabbous - Michele Giorgio - la redazione Titolo: «Israele-Palestina escalation di sangue - Prima le donne e i bambini - Escalation militare sulla Striscia di Gaza»
Riprendiamo da AVVENIRE di oggi, 09/07/2014, a pagg. 1-5, l'articolo di Susan Dabbous dal titolo "Israele-Palestina escalation di sangue" e dal MANIFESTO, a pagg. 1-9, l'articolo di Michele Giorgio dal titolo "Prima le donne e i bambini"
In prima pagina il quotidiano cattolico AVVENIRE denuncia il "martellamento" di Gaza e le vittime tra donne e bambini, citando solo come "difesa" del proprio operato da parte di Netanyahu il fatto - verificato in più occasioni - che i terroristi usano donne e bambini come scudi umani. A pagina 5 Susan Dabbous scrive che "sia il premier israeliano che Hamas avrebbero voluto evitare fino all'ultimo una guerra", ma infine, "quest'ultima è apparsa a Netanyahu come l'unica opzione possibile per evitare lotte intestine" alla sua maggioranza di governo. Una tesi assurda, visto che da giorni Hamas, senza distinzioni tra estremisti e supposti "moderati", colpisce Israele, che ha invece ripetutamente offerto una tregua.
Michele Giorgio sul MANIFESTO descrive la risposta israeliana all'aggressione di Hamas come un massacro di donne e bambini. Nessun interesse per i bambini di Sderot continuamente presi di mira e terrorizzati dai razzi kassam e nessuna riprovazione per i terroristi che di donne e bambini si fanno scudo.
Segnaliamo inoltre il titolo dell'articolo pubblicato in prima pagina dall' OSSERVATORE ROMANO, gravemente disinformante dato che omette completamente il fatto che Israele è sotto attacco: "Escalation militare sulla Striscia di Gaza"
Di seguito, gli articoli:
AVVENIRE - Susan Dabbous: " Israele-Palestina escalation di sangue"
Susan Dabbous
Oltre cento raid in 24 ore hanno martellato la Striscia di Gaza. Tra le vittime, anche donne e bambini. Il premier si difende: «Gli estremisti usano i civili come scudi umani». E incita i militari: toglietevi i guanti. Il governo ha richiamato 40mila riservisti che si sommano ai 1.500 già in servizio. Annientato un commando entrato nello Stato ebraico via mare. Abu Mazen chiede di fermare i bombardamenti. Più di cento razzi dalla Striscia in 24 ore. Sirene d'allarme pure a Gerusalemme: entra in funzione il sistema antimissili Iran Dome. Annientato commando entrato nello Stato ebraico via mare. Abu Mazen: fermate i bombardamenti Hamas ha scelto l'escalation e pagherà un prezzo altissimo». Il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha lanciato ieri l'operazione militare "Confine protettivo" contro Gaza da dove nelle ultime 24 ore precedenti erano stati lanciati più di 100 razzi (senza causare vittime) in territorio israeliano. La risposta da parte dell'esercito dello Stato ebraico è stata immediata e pesante: l'aeronautica ha moltiplicato i raid aerei, più di 90, sull'enclave costiera del partito islamista. Cinquanta obiettivi militari sono stati colpiti. La conta delle vittime, secondo fonti palestinesi, è di almeno 16 morti e un centinaio di feriti. A Khan Yunis, nel sud di Gaza, un F-16 ha lanciato un missile contro la casa della famiglia al-Kawara, che avrebbe legami col braccio armato di Hamas. È qui che sono morti anche delle donne e due bambini. Le vittime civili, secondo l'esercito sionista, sarebbe da attribuire al loro «utilizzo come scudi umani», perché molti depositi missilistici si trovano in edifici abitati che vengono avveertiti da una telefonata da parte delle autorità israeliane prima di sganciare bombe. Fuori da Gaza sono stati uccisi invece due miliziani palestinesi entrati via mare nella località di Zildm (Ashqelon). Secondo i media locali erano giunti con lanciarazzi Rpg per preparare un attentato, mentre gli abitanti del kibbutz di Zildm, in stato allerta, erano già nei loro rifugi. Israeliani e palestinesi si preparano al peggio. Netanyahu ha chiesto alle Forze armate di essere pronti ad una possibile offensiva di terra e ha ordinato il richiamo di 40mila riservisti oltre ai 1.500 già rientrati in servizio. L'ordine è anche quello «di non usare più i guanti bianchi contro Hamas» ed è arrivato dopo l'incontro con l'intero establishment militare del Paese. Consapevole dell'impopolarità in ambito internazionale, Netanyahu ha portato avanti con tutti i leader dei Paesi alleati la stessa linea difensiva: nonostante i moniti negli ultimi giorni, Hamas non ha cessato di lanciare razzi. Chiara la posizione dell'Italia. «I ripetuti attacchi verso Israele sono da condannare con fermezza - ha detto il ministro degli Esteri Mogherini - ma i raid sulle aree civili devono essere fermati subito». E forti sono anche i toni del presidente dell'Autorità palestinese Abu Mazen, che ha chiesto di stoppare subito l'escalation. Risulta evidente, però, che per il premier una risposta militare di tale portata nasce anche dall'esigenza di ricucire lo strappo nella maggioranza. Lunedì scorso, infatti, il ministro degli Esteri Lieberman aveva annunciato la fine dell'alleanza tra il suo partito,Yisrael Beiteinu, con quello di Netanyahu, il Likud, a causa della debole risposta militare. Così, nonostante sia il premier israeliano che Hamas avrebbero voluto evitare fino all'ultimo una guerra, quest'ultima è apparsa a Netanyahu come l'unica opzione possibile per evitare lotte intestine. Anche per Hamas vale lo stesso principio. La classe dirigente del partito islamista, solo cinque giorni fa, si era detta pronta ad un cessate fuoco. Ma non aveva fatto i conti però, né col suo braccio armato né con la galassia di milizie jihadiste alleate. La frattura è emersa il 4 luglio scorso, ai funerali del 17enne palestinese rapito e arso vivo presumibilmente da un gruppo di coloni israeliani per vendicare i tre ragazzi ebrei uccisi a Hebron. Alle esequie del ragazzo hanno partecipato più di duemila persone che invocavano "l'intifada" (ribellione). È con l'idea di una legittimazione popolare che, durante una riunione di diversi gruppi armati, i leader delle varie milizie hanno deciso di non accettare nessuna tregua. Per non perdere la faccia, Hamas ha deciso poi di cavalcare l'onda di rabbia minacciando di «ampliare la gettata dei razzi fino a Tel Aviv», che dista circa 70 chilometri dalla Striscia. Si tratta di un'ipotesi tecnicamente possibile, proprio ieri sera le sirene d'allarme del dispositivo di difesa Iron Dome sono suonate dopo aver intercettato un razzo in arrivo verso la più popolosa città israeliana. Lo stesso è accaduto, poche ore dopo, per la prima volta, a Gerusalemme: il sistema antimissili ha intercettato quattro «M-75» lanciati dalla Striscia da Hamas, che ha rivendicato.
IL MANIFESTO - Michele Giorgio:" Escalation militare sulla Striscia di Gaza"
Michele Giorgio
GAZA Hanno lo sguardo fisso quelli che assistono alle operazioni di soccorso tra le rovine della casa distrutta. Bambini silenziosi incrociano le braccia e osservano i pananti delle vittime in lacrime. E la zona di Jorat al Lout, alla periferia di Khan Yunis, la seconda città della Striscia. In queste strade vivono i Kaware, una famiglia che ha dato molti uomini ad llamas. ' Ma in queste case di mattoni bollenti d'estate e gelidi d'inverno non vivono solo militanti del movimento islamico. Ci sono donne, bambini, anziani, manovali, insegnanti, casalinghe, studenti. Persone innocenti che sono salite sul tetto dell'abitazione non per fare da scudi umani a Odeh Kaware, padrone di casa ed esponente di Hamas, ma per proteggere i vicini di casa minacciati dai bombardamenti. Ismail al Farra per fortuna non era il in alto quando è arrivato il missile sganciato dal jet israeliano. «Al momento dell'esplosione - racconta al Farra - ero con mio cugino a qualche decina di metri di distanza dall'edificio. Discutevamo dell'avvertimento arrivato da Israele. Ci facevamo coraggio a vicenda, credevamo che con tutta quella gente sul tetto e intorno alla casa dei Kaware, gli israeliani non avrebbero bombardato. All'improvviso c'è stata una esplosione e la zona sì è riempita di fumo e polvere. Ho temuto di soffocare». Per Abdallah Kaware, Mohammad Ashour (13 anni) Riyadh Kaware, Mali-moud Judeh, Bakir Judeh, Ammar Judeh e Hussein Kaware (14 anni), la morte è stata istantanea o è giunta durante il trasporto all'ospedale. Troppo gravi le ferite provocate dall'esplosione. II bersaglio dichiarato del bombardamento, Odeh Kawara, però non era a casa. Sapeva di essere un obiettivo e si è allontanato. L'aviazione israeliana ha ugualmente colpito la sua abitazione. Così come non erano a casa altri «bersagli» scelti per questa nuova offensiva militare, battezzata «Margine Protettivo». La «procedura» in queste ore è un pò cosl. Arriva una telefonata e una voce metallica ripete più volte: «allontanatevi subito, la casa sta per essere distrutta dalle nostre forze armate». A prima vista può apparire una soluzione giusta per evitare massacri. Ma i civili palestinesi non ci stanno. Per loro è un abuso, una violenza, è la distruzione ingiustificata della casa di amici e vicini. In rete qualcuno scrive che Hamas non dovrebbe consentire alla popolazione di fare da scudo urnano alle case che Israele si prepara a colpire. Anzi dovrebbe farla allontanare dai bersagli indicati. «E un ragionamento che si scontra con la legge umanitaria e la Convenzione di Ginevra — spiega Khalil Shahin, vice direttore del Centro Palestinese per i Diritti Umani—un esercito non può in nessun caso compiere operazioni nelle quali potrebbero rimanere uccisi o feriti dei civili. Se la gente non vuole scendere dai tetti delle case, Israele non può attaccare, in nessun caso, anche se aveva lanciato un avvertimento o una esortazione ad allontanarsi. I civili per le leggi internazionali godono della massima protezione nelle aree di conflitto». Per il portavoce militare israeliano invece si è svolto tutto nel rispetto delle regole, sono state rispettate le procedure, la popolazione era stata «avvisata». Insomma per le forze armate israeliane è stato giusto corretto quel missile e la responsabilità dell'accaduto è solo dei palestinesi. Dopo è stato un coro di proteste, non solo arabe. II ministero degli esteri palestinese da Ramallah ha comunicato la sua «condanna della continua aggressione israeliana sulla Striscia di Gaza che ha causato l'uccisione ed il ferimento di diverse persone, oltre alla distruzione di decine di abitazioni ed una situazione di terrore». Punta l'indice contro il «continuo ed ingiusto assedio israeliano su Gaza che l'ha trasfomnata in una grande prigione» e «chiede alla comunità internazionale di prendere posizione contro questa preparata aggressione e di agire subito per mettere fine a questa escalation». Il presidente Abu Mazen ha chiesto la fine dell'attacco israeliano, che, dice, trascinerà la regione in un baratro. Ma la verità è che la gente di Gaza è di nuovo sola, abbandonata, vittima di un ennesimo pesante attacco israeliano. il premier Netanyahu spiega che sono finiti i «riguardi» di Israele nei confronti di Hamas. «Ci siamo tolti i guanti» ha ripetuto in queste ultime ore riferendosi ai gruppi armati che lanciano i razzi verso Israele. Il conto più salato in vite umane però lo pagano i civili, soggetti ad attacchi descritti come «chirurgici» e che in realtà coinvolgono tante persone innocenti. Ciò è stato dimostrato in tutte le offensive che Israele ha scatenato negli ultimi anni, dai nomi rormantici e suggestivi eppure devastantii e sanguinose: Pioggia d'estate (giugmo 2006), Nuvole d'autunno (novembre 2006), Inverno caldo (febbraio 20)08), Piombo fuso (dicembre 2008), Colonna di nuvola (novembre 2012) e ora Margine protettivo. Offensive che non hanmo mai cambiato nulla sul terreno così come i lanci di razzi di Hamas e di altri gruppi non modificano di un millimetro la condizione di una popolazione palestinese che da troppi vive sotto assedio israeliano ed egiziano. Netanyahu, dopo il rritrovamento dei corpi dei tre ragazzi eibrei uccisi in Cisgiordania, ha voluto rimarcare quella che ai suoi occhi è una differenza fondamentale tra israeliani e palestinesi. I primi, ha detto, amano la vita, i secondi la morte. No, non è affatto così. I palestinesi, anche quelli di Gaza, amano la vita ma non riescono a viverla perchè sono prigionieri, tenuti sotto pressione, senza possibilità di movimento, di uscire e tomare nella loro terra. Per rendersene conto è sufficiente girare per la strade di Gaza proprio in queste ore. Tanti provano a svolgere le normali attività quotidiane, vanno al lavoro come se fossero giorni qualsiasi, i negozi sono aperti. E un inno alla vita che vorrebbero avere, alla vita che non riescono a conoscere. Quasi due milioni di palestinesi, che non hanno alcuna colpa, che non sono miliziani armati ma persone qualsiasi, sono puniti collettivamente. Scende la sera. Gaza si prepara ad una notte che si annuncia insonne per i missili e le bombe che, tutti prevedono, sganceranno gli aerei e gli elicotteri israeliani. Molte famiglie piangono i 16 morti, tra i quali diversi adolescenti, rimasti sotto le macerie di case ed edifici colpiti. Al mattino Israele ha centrato, pare con un drone, l'automobile sulla quale si trovava Mohammed Shaban, un comandante di Ezzeditt al Qassam, il braccio armato di Hamas. Su quella macchina non tutti erano combattenti. Alla guida c'era uno dei tanti taxisti improvvissati di cui è piena Gaza, «colpevole» di aver preso a bordo Shaban e i suoi uomini. E stato un martellamento incessante, andato avanti tutto il giorno, quello che ha subito Gaza. ll silenzio pomeridiano del mese di Ramadan è stato rotto da violente esplosioni a Gaza City, come a Khan Yunis, Rafah, Beit Hanun. Bombe e missili che spaccano i vetri e fanno oscillare i palazzi più alti vicini ai bersagli colpiti. Per i bambini è una tortura
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