Israele di fronte all'omicidio di Mohammed Abu Khdeir la cronaca di Maurizio Molinari, il commento del quotidiano cattolico, la condanna di Rachel Frenkel
Testata:La Stampa - Avvenire Autore: Maurizio Molinari Titolo: «Così la “gang di Gerusalemme” ha colto di sorpresa i servizi segreti - La caccia all'uomo operata dalle autorità esempio di uno Stato che rispetta il diritto»
Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 08/0772014, a pag. 10, l'articolo di Maurizio Molinari dal titolo "Così la “gang di Gerusalemme” ha colto di sorpresa i servizi segreti" e da AVVENIRE, a pag. 15, l'articolo dal titolo "La caccia all'uomo operata dalle autorità esempio di uno Stato che rispetta il diritto"
Segnaliamo inoltre il video nel quale Rachel Frenkel, madre di Naftali, uno dei tre ragazzi israeliani rapiti e uccisi, condanna l'uccisione di Mohammed Abu Khdeir , che può essere visto cliccando sul link sottostante:
LA STAMPA - Maurizio Molinari: " Così la “gang di Gerusalemme” ha colto di sorpresa i servizi segreti"
Maurizio Molinari
Tre dei sei estremisti ebrei arrestati per l’omicidio del giovane palestinese Mohammed Abu Khdeir collaborano con le indagini. I loro nomi restano coperti dal segreto istruttorio ma la ricostruzione minuziosa delle fasi del delitto, come dei rapporti fra loro, consente allo Shin Bet, il servizio di sicurezza interna di avere un’idea più chiara di quanto avvenuto. Sono le indiscrezioni che trapelano dalla polizia a consentire di mettere assieme i tasselli. Anzitutto i sei estremisti fanno parte di un «gruppo molto unito» che include «due fratelli» e «legami fra i componenti». In secondo luogo i «luoghi di provenienza» sono la città di Gerusalemme, il centro di Beit Shemesh nelle vicinanze e l’insediamento di Adam in Cisgiordania, ad appena 15 km dalla città. Da qui l’ipotesi che lo Shin Bet sia stato colto di sorpresa da una «gang di Gerusalemme» che includerebbe, secondo quanto riporta «Haaretz», almeno un ultraortodosso alzando il velo su una realtà finora poco considerata: la confluenza fra estremismo nazionalista e elementi delle sette religiose più intolleranti. A tale proposito Beit Shemesh è ricca di indizi e tracce perché è qui che, nell’ultimo anno, alcune sette ultraortodosse sono state protagoniste di episodi di intolleranza verso i laici e le donne che hanno fatto scalpore. «Dobbiamo ammettere che non avevamo previsto la degenerazione assassina dei gruppi nazionalisti più estremi» afferma un alto responsabile della sicurezza, chiedendo l’anonimato, con un mea culpa che investe polizia, intelligence e Shin Bet. Il paragone più ricorrente è con il precedente degli anni Ottanta: allora un gruppo clandestino di estremisti venne debellato prima di poter mettere a segno il piano di far esplodere la moschea di Omar nelle Città Vecchia mentre in questa occasione il sistema di sicurezza ha fallito nella prevenzione. Se i tre pentiti collaborano è perché nelle accuse contro di loro c’è «organizzazione terroristica» ovvero la stessa adoperata nei confronti di Hamas e Jihad islamica, creando le premesse per «pene severissime» come il premier Benjamin Netanyahu ha assicurato al padre del ragazzo assassinato in una lunga telefonata personale di condoglianze. Per almeno una settimana i 6 arrestati non avranno diritto di assistenza legale e l’intento della polizia è di ricostruire la dinamica interna della «gang di Gerusalemme» che include membri di tre aree urbane contigue: la città, le zone limitrofe entro la linea verde del 1967 e gli insediamenti in Cisgiordania. Adam è uno di questi: 6000 residenti popolano la cima di una collina con aiuole, alberi verdi, supermercati, scuole e campi sportivi che ricordano i sobborghi delle città americane. Il segretario generale di Adam, con le mansioni di sindaco, è Beber Vanunu che nel 1984 lo fondò. «L’idea che uno di noi abbia commesso questo orribile delitto è infondata – assicura – ho controllato la lista di tutti i residenti con il ministero degli Interni e non manca nessuno all’appello, deve trattarsi di un errore». Ma il presidente Shimon Peres e il successore Reuven Rivlin prendono la minaccia della «gang» molto sul serio: in un articolo a quattro mani su «Yedioth» citano Bialik, il poeta del risorgimento ebraico, per trasmettere il messaggio «niente vendette» tentando di estirpare il seme dell’odio che ha contaminato i «figli perduti d’Israele» uccidendo il giovane Muhammed.
AVVENIRE - "La caccia all'uomo operata dalle autorità esempio di uno Stato che rispetta il diritto"
«Sono pieno di vergogna per conto mio e della mia nazione e sono addolorato con lei. Suo figlio è stato ucciso da criminali», ha ha detto il presidente uscente israeliano Shi-mon Peres al padre di Mohammad Abu Khdeir, il ragazzo bruciato per vendicare l'assassinio di tre ragazzi ebrei. I responsabili sono giovani estremisti, che avrebbero già confessato, sotto la pressione dalla caccia all'uomo messa in atto dalle autorità di Gerusalemme (e presto saranno processati senza attenuanti). Uno zelo investigativo e giudiziario che era mancato sul fronte palestinese. II presidente dell'Anp Abu Mazen aveva condannato il gesto, ma non tutte gli esponenti e le forze politiche si erano associati. Pur in un contesto in cui il ricorso alle armi è una prassi dolorosamente frequente e non certo centellinata, il carattere democratico e ispirato al diritto dello Stato di Israele si dimostra ancora d'esempio alle aspiranti democrazie arabo-islamiche che lo avversano.
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