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La Repubblica - L' Unità - Il Fatto Quotidiano - Il Manifesto - Avvenire Rassegna Stampa
06.07.2014 Omicidio di Mohammed Abu Khdeir: le nostre critiche
a Fabio Scuto, Umberto De Giovannangeli, Hanan Ashravi, Michele Giorgio, il quotidiano cattolico

Testata:La Repubblica - L' Unità - Il Fatto Quotidiano - Il Manifesto - Avvenire
Autore: Fabio Scuto - Umberto De Giovannangeli - Roberta Zunini - Michele Giorgio - la redazione
Titolo: «Mohammed è stato bruciato vivo - È una deriva omicida per la pace in Palestina - Gerusalemme. Rapiti, pestati, umiliati: vita da adolescenti - Mohammed 'bruciato vivo' - Medioriente. Mohammed bruciato vivo -»
Riprendiamo da REPUBBLICA di oggi, 06/07/2014, a pag. 14, l'articolo di Fabio Scuto dal titolo "Mohammed è stato bruciato vivo", dall' UNITA', a pag. 11, l'intervista di Umberto De Giovannangeli ad Hanan Ashrawi dal titolo " È una deriva omicida per la pace in Palestina" e dal FATTO QUOTIDIANO, a pag. 14, l'articolo di Roberta Zunini dal titolo "Gerusalemme. Rapiti, pestati, umiliati: vita da adolescenti "

Su REPUBBLICA Fabio Scuto sostiene che l'omicidio di Mohammed Abu Khdeir sarebbe stato effettuato con modalità differenti da quelle tipiche dei "delitti d'onore" nelle faide famigliari.
Non cita l'ipotesi che il movente del delitto sia stata la possibile omosessualità della vittima, né la realtà della repressione dell' omosessualità nella società araba, che arriva spesso fino all'omicidio.
Hanan Ashrawi, intervistata da Umberto De Giovannangeli sull' UNITA' sostiene con certezza la colpevolezza di "
frange estreme del movimento dei coloni". Lamenta invece essa stessa che le accuse di Israele ad Hamas sarebbero "senza prove". Israele, però, a differenza di Ashrawi, muove delle accuse circostanziate: ha individuato i presunti responsabili del delitto, affiliati ad Hamas ( e le prove a loro carico dovranno essere esibite in un processo ), mentre Hamas è certamente responsabile di rapimenti e di numerosi tentativi di rapimento sventati, del continuo incitamento a compiere questo crimine e della sua glorificazione. Ashrawi, sempre senza repliche critiche da parte di De Giovannangeli, denuncia poi inesistenti "punizioni collettive" compiute dalle forze di difesa israeliane nella ricerca di Eyal Yfrach, Gilad Shaar e Naftali Frenkel e ascrive la violenza del terrorismo all' "ingiustizia" e all'"oppressione" israeliane, anziché alla volontà di gruppi come Hamas di distruggere con ogni mezzo lo Stato ebraico.
Roberta Zunini, sul FATTO QUOTIDIANO firma un pezzo di propaganda antisraeliana. Eyal, Gilad e Naftali sono definiti  "
tre giovani ebrei che vivevano in una colonia nei Territori palestinesi occupati" e "tre giovani coloni israeliani". In realtà, due dei sequestrati vivevano all'interno della linea verde, e i territori sono, in base al diritto internazionale, contesi, non "occupati". Ciò che colpisce maggiormemente è però il fatto che  a tre vittime del terrorismo venga ripetutamente apposto l'appellattivo di "coloni". Equivalente a un marchio d'infamia, rafforzato dalla descrizione dei mali dell'"occupazione": i palestinesi sarebbero per Zunini, che riprende le parole  dello screditato ex presidente della Knesset Avraham Burg "un popolo di sequestrati". Zunini riferisce poi dei violenti scontri provocati da estremisti arabo-israeliani in Galilea con queste parole, che giustificano totalmente i violenti "per la prima volta dopo anni di silenzio e rospi mandati giù, anche gli arabi con cittadinanza israeliana, concentrati soprattutto nel nord di Israele hanno organizzato manifestazioni di protesta".  Nonostante il fatto che gli arabo-israeliani siano rappresentati alla Knesset da loro deputati e partiti, che potrebbero difendere in quella sede i loro interessi,  senza bisogno di manifestazioni violente. E' vero però, d'altro canto, che  deputati dei partiti arabi preferiscono il sostegno al terrorismo di Hezbollah e Hamas alla promozione della loro comunità. Ma ciò vale anche per le manifestazioni violente di queste giorni: non promuovono gli interessi degli arabo-israeliani, ma si affiancano al terrorre nell'attacco a Israele.


Segnaliamo anche, senza riportarli, l'articolo di Michele Giorgio dal titolo "Mohammed 'bruciato vivo' ", pubblicato a pag. 3 dal  MANIFESTO, e quello redazionale di AVVENIRE, dal titolo "Medioriente. Mohammed bruciato vivo", a pag. 21
Giorgio è certo che il cugino del ragazzo ucciso, Tariq Abu Khdeir, sia stato picchiato dalla polizia israeliana. Scrive:
"promette l'uso del pugno di ferro contro «chi si fa giustizia da solo» Yitzhak Aharonovitch, ministro israeliano per la pubblica sicurezza.Si riferisce ai palestinesi israeliani di Kalanswa, Taibe, Tira, Baca al Gharbiye, nella bassa Galilea, che venerdì notte hanno protestato con violenza per l'assassinio a Gerusalemme del l6enne Mohammed Abu Khdeir, bloccando incroci stradali e attaccando gli automobisti ebrei israeliani. Un tono che il ministro non usa quando parla degli assassini di Abu Khdeir o in riferimento agli agenti di polizia che, sempre a Gerusalemme, due giorni fa hanno ferito gravemente a calci e pugni un altro adolescente palestinese, Tareq Abu Khdeir". In realtà le autorità israeliane hanno condannato nel modo più deciso l'omicidio di Mohammed Abu Khdeir, chiunque lo abbia compiuto. Per quanto riguarda il pestaggio di Mohammed Abu Khdeir, la polizia israeliana dichiara che il video che lo proverebbe sarebbe manipolato, ma per Giorgio le affermazioni di fonte israeliana sono prive di qualunque credibilità. Come "prova" del fatto che il video non sarebbe manipolato, cita soltanto il fatto che "a metà maggio le autorità israeliane definirono un «montaggio» anche il video, girato da telecamere di sorveglianza e diffuso da » Defence for Children International», sull'uccisione di Nadim Nuwara e Muhammah Abu al-Thahir, di 15 e 17 anni". Il fatto poi che  Tareq Abu Khdeir sia stato arrestato per  «resistenza a pubblico ufficiale», non comporta alcun dubbio sulla dinamica dei fatti. Per Giorgio si è trattato di un'aggressione della polizia, e l'arresto ha aggiunto "il danno alla beffa".
Il quotidiano cattolico AVVENIRE riferisce esclusivamente della convinzione espressa  dalla famiglia di Mohammed Abu Khdeir che il ragazzo sia stato ucciso "da coloni israeliani", senza accennare alle altre ipotesi investigative, tuttora non escluse dalla polizia israeliana.

Di seguito, gli articoli:

LA REPUBBLICA - Fabio Scuto: "Mohammed è stato bruciato vivo"



Fabio Scuto


Gli aguzzini di Mohammed Abu Khder non hanno aspettato che morisse per le bastonate che stavano dando al ragazzo, per far prima gli hanno versato del liquido infiammabile sulla testa e lo hanno arso vivo. Questo lo spaventoso verdetto preliminare dell’autopsia eseguita sulla salma del ragazzo rapito all’alba di martedì mentre usciva da una moschea, a poche centinaia di metri da casa, e assassinato un’ora dopo in un parco dall’altra parte della Città santa in una apparente vendetta per morte dei tre seminaristi ebrei rapiti a Hebron lo scorso 12 giugno. L’autopsia è stata eseguita da un coroner israeliano alla Medicina Legale di Tel Aviv ma alla presenza anche di un medico legale dell’Autorità Nazionale Palestinese. Secondo il procuratore generale dell’Anp, Mohammed Abdel Ghani al-Uweili, il giovane ha una ferita alla testa, ma è morto a causa delle complicazioni dovute alle fiamme. C’è infatti fuliggine nei polmoni e nel tratto respiratorio, elemento che indica che stesse ancora respirando quando il suo corpo è stato incendiato.
Particolari di grande ferocia che rischiano di accendere ancora più la tensione. Ieri solo qualche tafferuglio fra polizia e giovani palestinesi nei quartieri arabi, mentre Shuafat è stato “isolato” da uno sbarramento di check-point all’ingresso e all’uscita del quartiere dove le strade sono ancora un tappeto detriti, gomme arse, cassonetti incendiati e pallottole di gomma sparate senza risparmio dalla polizia. Date alle fiamme anche le pensiline alle stazioni del tram che ha interrotto in servizio.
La famiglia di Mohammed attraverso il proprio legale sta incalzando la polizia israeliana sulle indagini, che non sembra mostrare molta sollecitudine nella ricerca dei responsabili. Per il portavoce della Polizia Mike Rosenfeld «tutte le ipotesi sono ancora aperte, dalla possibile vendetta di un gruppo estremista ebraico alla faida in famiglia». Ma gli “honor killing”, esattamente come i delitti di mafia, hanno una loro “ritualità” e le modalità del rapimento e della morte del ragazzo non sembrano rientrare in questa categoria. Puntano sui coloni di Pisgat Zeev le accuse della gente del quartiere, dei testimoni: l’auto nera in cui il ragazzo è stato costretto ad entrare veniva dal vicino insediamento ebraico.
La famiglia Abu Khdeir torna oggi in tribunale anche per un altro familiare. Il quindicenne Tarek Abu Khdeir, cugino di Mohammed, che è stato brutalmente picchiato da poliziotti israeliani in borghese e in divisa giovedì nel cortile dell’abitazione dello zio e arrestato senza accuse formali. Il ragazzo — che è nato negli Stati Uniti, è cittadino americano ed è studente dell’Universal Academy of Florida a Tampa — è stato trasferito in una stazione di polizia dopo essere stato “prelevato” alle 8 del mattino e solo alle 13.20 è stato trasferito nell’ospedale Ein Keren Hadassah. Qui è stato negato l’accesso alla famiglia del giovane ricoverato, il suo arresto è stato esteso fino a questa mattina, quando verrà ascoltato dal Tribunale di prima istanza di Gerusalemme insieme agli altri arrestati. Del suo pestaggio, e di diversi altri, esistono alcuni video ripresi con i telefonini che ieri sera erano visibili su Haaretz on line. Si vede nettamente il ragazzo, ammanettato da dietro, mentre viene pestato da due agenti della Border Police mentre è a terra e poi viene trascinato via esanime. Non a caso, l’amministrazione Obama ha subito fatto sapere di essere «profondamente preoccupata» per il caso del ragazzo picchiato. Il Dipartimento di Stato chiede «un’immediata inchiesta».
Proseguono intanto le trattative con la mediazione dell’Egitto per una tregua a Gaza. Hamas — che visti i risvolti di questa crisi sta pensando di sconfessare la “riconciliazione” con Abu Mazen — ha fatto sapere di non essere interessato a una escalation militare, ma i lanci dei missili contro le città israeliane circostanti la Striscia sono proseguiti anche ieri. Puntuali i raid israeliani di risposta.

L'UNITA' - Umberto De Giovannangeli: "
È una deriva omicida per la pace in Palestina"



Umberto De Giovannangeli

Più volte in passato, anche in colloqui avuti con l'Unità, avevo denunciato il rischio che una situazione di ingiustizia e di oppressione potesse degenerare nella violenza più efferata, in una spirale di vendetta che non conosce limiti. Gli eventi di questi giorni testimoniano di una deriva omicida che allontana ancora di più la speranza di una pace giusta, duratura in Palestina». A lanciare il grido d'allarme è una delle figure più rappresentative della leadership palestinese: Hanan Ashrawi, più volte parlamentare e ministra dell'Anp, membro del Comitato esecutivo dell'Olp, paladina dei diritti umani nei Territori. Quanto alla reazione israeliana all'uccisione di tre giovani seminaristi, la dirigente palestinese afferma decisa: «Nessuno intende giustificare l'uccisione di persone innocenti di qualsiasi nazione. Ma le misure di punizione collettiva sono inaccettabili. Queste punizioni sono contrarie alla legge internazionale e finiscono solo per gettare ancora più benzina sul fuoco dell'odio e della ritorsione. Quando i diritti più elementari vengono calpestati, ciò che resta è la legge della giungla, e le prime vittime sono i più deboli e indifesi». La cifra degli eventi che stanno marchiando Israele e la Palestina è quella dell'orrore. Prima il rapimento e l'uccisione dl tre adolescenti Israeliani, ora il barbaro assassinio di Mohammad Abu Khdelr, il ragazzo palestinese dl 16 anni rapito e ucciso nei giorni scorsi a Gerusalemme est. L'autopsia ha rivelato che lI ragazzo è stato bruciato vivo. «È un fatto sconvolgente, che non può essere considerato come un gesto di un folle, come un fatto isolato. Perché non è così. Il vuoto lasciato dalla politica e dell'iniziativa internazionale è stato colmato da gruppi che conoscono e praticano un solo linguaggio: quello della forza e del suo uso più bieco, inumano. Al vocabolario dei diritti si è sostituito quello della ferocia. Nessuno può sentirsi al sicuro, neanche i ragazzini. Quella che sta prendendo piede è una violenza razzista». L'assassinio del giovane Mohammad avviene dopo II rapimento dl Gilad, Naftali ed Eyal, I tre giovani seminaristi Israeliani Anche questo crimine ha Indignato l'opinione pubblica Internazionale. «Di fronte a queste tragedie la cosa più sbagliata da fare sarebbe quella di stilare una classifica degli orrori. Non c'è giustificazione per l'omicidio di persone innocenti, a qualsiasi nazione appartengano. Ma il dolore e la rabbia per l'uccisione di quei tre ragazzi non può giustificare in alcun modo le punizioni collettive messe in atto da Israele contro la popolazione palestinese. Queste punizioni sono contrarie alle leggi internazionali e vanno condannate senza se e senza ma. Il mancato rispetto dei diritti delle persone è l'humus su cui cresce l'odio e una devastante logica di vendetta». La polizia israeliana afferma che le circostanze dietro l'omicidio del giovane Mohammad restano al momento «non chiare». «Israele non vuol vedere ciò che è chiaro da tempo: esistono frange estreme del movimento dei coloni che predicano e praticano la caccia all'arabo, che in passato, anche recente, hanno dato vita a spedizioni punitive contro villaggi palestinesi. Costoro sentono di godere di una impunità sostanziale e agiscono di conseguenza. II problema non è solo quello di colpire i responsabili di questo orrendo crimine ma è quello di fare terra bruciata attorno a questi gruppi, ma non mi pare che ciò avvenga». Discorso analogo va fatto In campo palestinese. «Certo che sì. La mia posizione su questo è chiara e pubblica. Chiunque si macchia di crimini come quello contro i tre ragazzi israeliani infanga la causa palestinese e la nostra battaglia di liberazione». Israele ha Indicato In Hamas l'organizzazione responsabile di questo crimine... «Se si accusa un individuo o un gruppo di un atto criminale occorre portare prove, e ad oggi non mi pare che le autorità israeliane lo abbiano fatto. In assenza di prove, quella messa in atto dal governo israeliano è una rappresaglia con finalità politiche. Ma lo ripeto: chiunque abbia ordinato e attuato questo crimine è un nemico della causa palestinese. Più in generale, resto convinta che esiste una terza via tra la scorciatoia militarista e la rassegnazione. E' la via della resistenza popolare non violenta, quella della disobbedienza civile, una lotta che vede impegnati, assieme, palestinesi e israeliani che credono ancora nella giustizia, che si riconoscono reciprocamente, che sanno distinguere oppresso e oppressore, convinti che non esista una pace a costo zero. Per nessuno... In questo scenario da faida, ha ancora senso parlare dl dialogo e evocare la pace? «In questi anni si è abusato della parola pace, svuotandola di ogni contenuto reale. Così come sullo "Stato" palestinese. Anche Netanyahu ne parla ma poi ogni atto della sua politica va nella direzione contraria. Quali dovrebbero essere i confini di questo Stato e quale la sovranità nazionale riconosciuta ? E che fine farebbero gli insediamenti, alcuni divenute vere e proprie città, che oggi spezzano in mille frammenti territoriali la Cisgiordania? Non c'è pace senza giustizia. E oggi la giustizia è un bene introvabile qui, in Palestina».

Il FATTO QUOTIDIANO - Roberta Zunini: " Gerusalemme. Rapiti, pestati, umiliati: vita da adolescenti"


Roberta Zunini

Ci sono giorni in cui la storia, quella con la A' maiuscola, si declina sui volti, si legge negli sguardi. Ieri era il volto tumefatto e lo sguardo impaurito del quindicenne Tariq Abu Khdeir, il cugino di Mohammed Abu Khdeir, il ragazzino palestinese di 16 anni rapito e ucciso in un presunto atto di cieca vendetta da parte di estremisti israeliani per l'omicidio di tre giovani ebrei che vivevano in una colonia nei Territori palestinesi occupati. Mentre venivano diffusi i primi risultati dell'autopsia sul corpo di Mohammed, dai quali emerge che è stato ucciso nel più atroce dei modi, cioè bruciato vivo, un canale televisivo palestinese mandava in onda il video agghiacciante di due soldati israeliani che si accanivano per alcuni minuti su una persona di esile corporatura. Il pestaggio è avvenuto mercoledì scorso quando fu trovato il corpo del giovane palestinese di Shufat, il quartiere di Gerusalemme est già territorio occupato. Quel pomeriggio decine di giovani palestinesi scesero in strada per protestare e i soldati, come sempre, avevano subito tentato di bloccare la manifestazione con gas lacrimogeni, pallottole di gomma e arresti dopo i consueti pestaggi. Secondo i media, la persona piccola e magra pestata a sangue dai militari sarebbe proprio Tareq, il cugino di Mohammed, che un pestaggio, indipendentemente dall'identità degli autori, l'ha subito. Come testimoniano inequivocabilmente le fotografie del suo volto. Le autorità israeliane si difendono parlando di riprese "non obiettive" e di "montaggio" non corretto. Ma il Consiglio sulle relazioni americano-islamiche afferma che il video mostra effettivamente i militari accanirsi sul giovane Tariq Abu Khdeir, che è cittadino statunitense perché vive in Florida con la famiglia. Nel video si vedono due uomini in uniforme dell'esercito israeliano picchiare la persona immobilizzata soprattutto sulla testa, con pugni e calci, per poi calpestarla. Quando la sollevano, sono costretti a trasportarla via di peso, perché apparentemente priva di coscienza. Tariq è stato arrestato e poi portato in ospedale ma è ancora in stato di detenzione, dovrebbe essere liberato nelle prossime ore. Avraham Burg, ex presidente ebreo israeliano della Knesset (parlamento israeliano, ndr) nei giorni successivi al rapimento dei tre giovani coloni israeliani, dopo aver constatato che l'opinione pubblica aveva accolto con sollievo le orribili manifestazioni di giubilo di alcuni palestinesi, aveva avuto l'onestà e il coraggio di scrivere: "Noi ci assolviamo dicendo che loro distribuiscono dolci per festeggiare il rapimento. La loro felicità ci rassicura. Più i palestinesi sono felici per questi rapimenti, più ci sentiamo esentati dall'interessarci alla loro sofferenza... cosi gli israeliani possono rimuovere il fatto che tutta la società palestinese è una società di sequestrati. E lo siamo anche noi quando, prestando servizio militare, entriamo nelle loro case di notte, a sorpresa e con violenza. Se la cattura e l'omicidio di ragazzi innocenti è di per sé una raffinata forma di crudeltà in grado di terrorizzare un popolo intero, il passo ulteriore è proprio questa assoluta negazione dell'altro che ne consegue". Per la prima volta dopo anni di silenzio e rospi mandati giù, anche gli arabi con cittadinanza israeliana, concentrati soprattutto nel nord di Israele hanno organizzato manifestazioni di protesta. E intanto a Gaza, da dove sono stati lanciati nuovi razzi su Israele si attendono le bombe da un cielo sempre più nero.


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