Così il fascismo collaborò alla Shoah a Rodi di Antonio Cairoti
Testata: Corriere della Sera Data: 04 luglio 2014 Pagina: 45 Autore: Antonio Cairoti Titolo: «Shoah a Rodi, i complici italiani»
Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 04/07/2014, a pag. 45, l'articolo di Antonio Cairoti dal titolo "Shoah a Rodi, i complici italiani"
Antonio Cairoti
Le fotografire di alcuni degli ebrei deportati da Rodi. A sinistra Menachem Levi e Vida Garon, a destra Samuele Benun, in basso Rica Hugnu (Archivio Fondazione Cdec)
La razzia delle SS nel ghetto di Roma il 16 ottobre 1943, con la deportazione ad Auschwitz di oltre mille ebrei, è un punto fermo nella memoria del nostro Paese. Assai meno noto è un episodio altrettanto grave (anzi di più per numero delle vittime) che riguarda anch’esso l’Italia. Da Rodi e da Cos, isole greche del Dodecaneso, nel mar Egeo, da noi occupate e annesse in seguito alla guerra con la Turchia per la Libia del 1911-12, i tedeschi condussero verso lo sterminio settant’anni fa, il 23 luglio 1944, circa 1.750 ebrei. E ora affiorano documenti da cui risulta con chiarezza che a quel crimine contribuirono attivamente le autorità fasciste di Salò. Le nuove acquisizioni sono frutto del lavoro svolto negli ultimi mesi dall’Archivio di Stato di Rodi, diretto da Irini Toliou, con la collaborazione di Evangelia Xatzaki, di Eleonora Papone e dello storico italiano Marco Clementi, autore di un libro sull’occupazione italiana della Grecia, Camicie nere sull’Acropoli , edito da DeriveApprodi. Attraverso il riordino delle carte appartenute al governatorato italiano negli anni in cui su Rodi sventolava il tricolore, poi incrociate con il fondo dei carabinieri locali, versato di recente, è emerso un carteggio di estremo interesse. Ci troviamo nella primavera del 1944. Dopo l’armistizio con gli angloamericani firmato dal governo Badoglio nel settembre 1943, i tedeschi hanno assunto il controllo di Rodi. I carabinieri italiani di stanza nell’isola sono stati in buon parte deportati: quelli che hanno accettato di collaborare con gli occupanti sono stati inquadrati nella Guardia nazionale repubblicana (Gnr), un corpo armato della Rsi di Mussolini. Per il momento la numerosa comunità ebraica dell’isola, pur emarginata, non è stata colpita. Ma il 17 aprile la Gnr chiede al municipio di compilare in duplice copia un elenco di tutti gli ebrei in quel momento domiciliati a Rodi, divisi per gruppi famigliari, nell’ambito dell’annuale controllo delle carte di identità. Sembra un passaggio di routine, ma gli sviluppi saranno tragici. L’11 maggio il municipio risponde e trasmette la lista, che però oggi nel fondo dei carabinieri e della Gnr non si trova. Tuttavia da quell’archivio emerge un appunto di grande importanza, datato 21 luglio 1944, nel quale si legge che una copia dell’elenco degli israeliti «è stata a suo tempo consegnata alla polizia segreta germanica». Due giorni dopo i tedeschi deportano da Rodi tutti gli ebrei e li avviano ad Auschwitz: si tratta di uno degli ultimi grandi convogli verso lo sterminio. E non sarebbe stato possibile realizzare quell’operazione criminale con altrettanto successo senza il diretto coinvolgimento delle autorità italiane dipendenti dal governo di Salò, che fornirono i nomi delle vittime. C’è di più. Con alcune ricerche ulteriori, il gruppo che opera all’Archivio di Rodi ha riportato alla luce anche una copia della lista. «L’abbiamo rivenuta tra le carte del governatorato — spiega Clementi — in una scatola relativa all’anno 1945. Non c’è da stupirsene, perché gli errori di archiviazione sono abbastanza comuni. Altri studiosi avevano visto l’elenco, ma, non avendo il carteggio precedente, non potevano coglierne tutte le implicazioni. Comunque sull’autenticità non ci sono dubbi. La lista è dattiloscritta su fogli del municipio ed è datata 18 luglio 1944. Comprende 1661 nominativi di persone abitanti a Rodi: mancano gli israeliti di Cos, che erano circa un centinaio. Parla di “ebrei deportati”, al passato, quindi se ne può dedurre che il trasferimento doveva scattare prima, poi è stato ritardato di alcuni giorni, probabilmente a causa del bombardamenti aerei britannici sull’isola». Liliana Picciotto, studiosa del Centro di documentazione ebraica contemporanea (Cdec) e autrice di vari saggi sulla Shoah in Italia, sottolinea l’importanza della documentazione rinvenuta a Rodi. «È una prova ulteriore di come gli uffici di polizia italiana abbiano collaborato alla Shoah, fornendo ai tedeschi gli elenchi degli ebrei da deportare preparati sulla base dei censimenti compiuti a norma delle leggi razziali fasciste. Abbiamo molte liste di vittime compilate sulla base di testimonianze dei sopravvissuti: questa si distingue perché precede la retata ed è stata redatta dai persecutori. Bisogna dire che in alcuni casi la polizia italiana o i carabinieri avvertivano gli ebrei della minaccia, in modo che potessero cercare di nascondersi. Ma a Rodi non avvenne nulla di simile. Va notato che la Gnr chiede al municipio anche gli indirizzi degli ebrei, che però nella lista non sono riportati. Infatti non venne compiuta una razzia casa per casa: le persone da deportare furono convocate dai tedeschi e si presentarono spontaneamente, senza sospettare la sorte terribile che le attendeva».
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