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La Repubblica - Il Giornale Rassegna Stampa
30.06.2014 Terrorismo in Nigeria e Siria, delitto d' 'onore' in Pakistan
Scontro di civiltà ? Noooo !

Testata:La Repubblica - Il Giornale
Autore: Paolo G Brera - Raimondo Bultrini - Gian Micalessin
Titolo: «Spari sui fedeli a messa. Boko Haram fa strage di cristiani. I morti sono decine - Si sposano per amore, i familiari li decapitano in pubblico - Orrore in Siria, crocefissi i nemici»
Riprendiamo da REPUBBLICA di oggi, 30/06/2014, a pag.12, l'articolo di Paolo G Brera dal titolo "Spari sui fedeli a messa. Boko Haram fa strage di cristiani. I morti sono decine"e l'articolo di Raimondo Bultrini dal titolo "Si sposano per amore, i familiari li decapitano in pubblico". Dal GIORNALE, a pag. 15, l'articolo di Gian Micalessin dal titolo "Orrore in Siria, crocefissi i nemici".




Di seguito, gli articoli:

LA REPUBBLICA -  Paolo G Brera: "Spari sui fedeli a messa. Boko Haram fa strage di cristiani. I morti sono decine"


Paolo G. Brera

Al telefono arrivano scampoli di racconti drammatici: «Hanno ucciso decine di persone, hanno attaccato i fedeli e bruciato le chiese e le loro case». Stato federale di Borno, Nordest insanguinato della Nigeria: due mesi e mezzo fa i terroristi di Boko Haram hanno attaccato il paese di Chibok rapendo duecento studentesse e trascinandole nella foresta; settimana scorsa hanno devastato i villaggi della zona, ieri se la sono presa con le chiese e i fedeli di altri quattro villaggi a un quarto d’ora di bicicletta, bruciando quattro luoghi di culto cristiani e massacrando «almeno trenta persone» sparando all’impazzata durante la messa. Bombe a mano e fucilate, donne e bambini ammazzati senza avere il tempo di avere paura, altri uccisi tra le sterpaglie della savana mentre tentavano di fuggire.
Povera Chibok, travolta da terribile (e non più insolito) destino: un migliaio di case nel cuore di un’enclave cristiana all’interno di uno stato in maggioranza islamico, in cui gli islamisti di Boko Haram sognano di creare un califfato basato sulla Sharia. È qui il crocevia della disfatta, il simbolo di una Nigeria precipitata nel sangue di una guerra santa tra gli islamisti tagliagole e il governo corrotto e distratto. Il bollettino di guerra è orribile, e di tanto in tanto l’orrore sconfina nella capitale Abuja: quest’anno è già stata oltrepassata la ragguardevole soglia dei 2.000 uccisi da Boko Haram, ma negli ultimi giorni è difficile persino tenere i conti. Lo scorso fine settimana i rapimenti e le stragi nei villaggi della zona di Damboa, a una trentina di chilometri da Chibok, con l’attacco a un campo militare e 50 soldati uccisi sul posto da una gragnuola di colpi. Sparavano con armi pesanti, ben più pesanti degli Ak47 in dotazione all’esercito: avevano blindati con antiaeree, mitragliatrici e lanciagranate, raccontano i sopravvissuti. Poi le bombe nella scuola di Igiene e Tecnologia di Kano, la carneficina in due villaggi dello stato di Kaduna, nel centronord del paese; i 21 ammazzati da una bomba nel supermercato della capitale Abuja, i 13 uccisi da un’esplosione a Bauchi in un hotel a luci rosse nel quartiere cristiano... Non un giorno di tregua, non un solo giorno senza una mattanza. Quando non è Boko Haram a colpire, è il dramma di una faida senza fine tra i fulani, pastori nomadi musulmani, e i contadini cristiani.
Ma lassù nel Nordest, lungo la carrareccia che unisce Damboa alla “superstrada” A13 passando per Chibok, il sangue scorre insieme alle promesse vacue. Dopo il 14 aprile, quando gli islamisti si andarono a prendere duecento studentesse liceali trascinandole nella foresta di Sambisa e minacciando di rivenderle per pochi spiccioli, il mondo inorridì e i nigeriani puntarono il dito contro il governo: aveva ignorato gli allarmi preventivi e atteso giorni per reagire, sminuendo fino all’indifendibile. Ma sotto la pressione di quel mondo indignato, i governi occidentali — compreso il nostro — offrirono aiuti e intelligence per ritrovare le ragazze: dopo quasi tre mesi e qualche altro rapimento, delle ragazze non si sa nulla e gli islamisti di Boko Haram continuano a imperversare e a massacrare i cristiani dei villaggi intorno a Chibok. I ribelli islamisti che si battono per il califfato vogliono scambiare la tregua con la liberazione dei loro prigionieri. Il presidente Goodluck Jonathan non ha speso una parola, per Chibok. Si è addolorato per i morti di Bauchi e Kaduna, stati governati dal suo stesso partito Pdp, ma non del Borno: se la veda il governatore Kashim Shettima, che è del partito rivale Anpp. La povera gente, intanto, trema e muore.

LA REPUBBLICA - Raimondo Bultrini: "Si sposano per amore, i familiari li decapitano in pubblico"


Raimondo Bultrini

Per ucciderli hanno usato una mannaia da macellaio, decapitati come i capretti offerti per le feste rituali dell’Islam. Padre, nonno e zii hanno punito così in un villaggio del Punjab pachistano la loro Muafia Bibi, 17 anni, che aveva osato sposare senza il consenso della famiglia un uomo di 13 anni più grande, Sajjad Ahmed, a quanto pare membro di un clan considerato inferiore.
I due, fuggiti insieme dal villaggio di Satrah dove viveva la ragazza, avevano celebrato le nozze questo mese e da allora vivevano a 60 chilometri di distanza, nella casa dei genitori di Sajjad. La famiglia di Muafia ha atteso il momento giusto per lavare l’onta e portare a termine il delitto d’onore, uno dei tanti che insanguinano queste campagne islamiche ai confini con l’India induista, ma dove vigono analoghi tabù contro i “matrimoni d’amore” che rompono la tradizione di nozze combinate fin dalla nascita. Con una spedizione a bordo di un furgone, i parenti di Muafia sono andati a prendere i due innamorati a Sialkot e li hanno convinti con l’inganno di ritornare nel villaggio di lei, rassicurandoli che la famiglia aveva accettato l’unione e li avrebbe accolti a braccia aperte. Invece hanno trovato nel cortile della casa dei genitori di lei una gran folla chiamata ad assistere al macabro rituale, previsto dal codice del karokari , il delitto dell’onore leso.
I parenti hanno fatto saltare le loro teste con la mannaia senza che nessuno intervenisse, e hanno poi lasciato i corpi mutilati a terra finché non è giunta la polizia avvisata da qualche testimone inorridito. Il nonno e due zii sono stati subito arrestati e gli agenti hanno annunciato di aver fermato anche il padre e un altro parente. Amici di famiglia hanno cercato di giustificare il duplice omicidio col fatto che Sajjad era già al terzo matrimonio e apparteneva a un gruppo tribale tradizionalmente ostile ai Bibi. Una sorta di faida fra Capuleti e Montecchi che è pratica comune non solo in Punjab, ma anche nel resto del Paese: dove i delitti d’onore sono stati quasi 900 nel solo 2013. L’ultimo agghiacciante delitto è avvenuto — sempre nel Punjab orientale — quasi nelle stesse ore dell’assassinio di Muafia e Sajjad. Un uomo “offeso” dal rifiuto della sua offerta di matrimonio da parte della famiglia della ragazza che desiderava è entrato nella loro casa e ha cosparso di benzina la ventenne Sidra Shaukat, dandole fuoco. Fayaz Aslam, 26 anni, è stato subito arrestato, mentre l’ambulanza portava la sua vittima in ospedale: dove è arrivata già morta

Il GIORNALE - Gian Micalessin: "Orrore in Siria, crocefissi i nemici"


Gian Micalessin

 Usare la croce per imporre il proprio fanatismo e seminare il terrore tra i musulmani usando un simbolo cristiano. E l'ultima strategia dei ribelli jihadisti dell'Isis (Stato Islamico di Siria e Iraq) che proprio ieri hanno proclamato la nascita del Califfato islamico sui territori sotto il loro controllo. Un califfato esteso da Aleppo nel nord della Siria fino al governatorato di Diyala, nell'Iraq orientale e affidato ad Abu Bakr al-Baghdadi, il misterioso personaggio che da anni guida l'organizzazione. La proclamazione del Califfato è stata preceduta dalla crocifissione di almeno nove persone nei territori siriani dell'Isis. Tra i nove disgraziati, vittime di quella che sembra diventata la forma di esecuzione preferita dalla formazione, c'erano otto ribelli colpevoli di combattere con le organizzazioni rivali e un ex militante dello stesso Isis accusato di estorsione ai danni dei civili. Ma l'immagine di quei corpi inchiodati alle croci nel centro di Deir Hafer,un villaggio ad est di Aleppo, è anche il simbolo delle contraddizioni del conflitto siriano. Un conflitto dominato, sul fronte ribelle, dalla lotta intestina tra l'Isis e Al Nusra, due forze uscite entrambe della galassia di Al Qaida. Un conflitto diventato tutt'uno con quello iracheno da quando le brigate irachene dell'Isis hanno conquistato Mosul e cancellato la frontiera iracheno-siriana. Eppure, nonostante il conflitto cambi volto e forma, facendo emergere nuovi più pericolosi nemici, la Casa Bianca continua a cercar alleati moderati tra i gruppi anti-Assad. Un'illusione reiterata giovedì scorso quando il presidente Barack Obama ha chiesto al Congresso di approvare uno stanziamento da 500 milioni dollari per armare e addestrare le fazioni meno estremiste. Dietro la richiesta, ha precisato il segretario di stato John Kerry, c'è anche il tentativo di armare dei gruppi in grado di contrapporsi all'Isis. Sia la Casa Bianca sia la Segreteria di Stato sembrano però dimenticare che i ribelli moderati sono stati spazzati via prima dalle offensive governative e poi da quelle dell'Isis. Negli ultimi 12 mesi l'Esercito Libero Siriano, la formazione armata meno lontana dalle posizioni occidentali, ha perso più uomini combattendo contro l'Isis che non contro Bashar Assad. L'unica formazione in grado di contrapporsi all'Isis sul territorio siriano, oltre all'esercito governativo, è stata invece quell' Al Nusra uscita, come già detto, dalla stessa galassia di Al Qaida. Le illusioni e i tentennamenti di Obama rendono più difficili anche i rapporti con il governo di Bagdad. Il premier iracheno Nouri Al Maliki, minacciato direttamente dall'avanzata dell'Isis, sembra inevitabilmente preferire le certezze di alleati come Bashar Assad, l'Iran e la Russia piuttosto che le condizioni poste dall'America per concedergli un lento e fiacco appoggio militare. Ieri, ad esempio, sono arrivati in Iraq i primi caccia bombardieri Sukhoi messi a disposizione da Vladimir Putin per garantire appoggio aereo negli scontri con il gruppo sunnita qaidista. Dietro quella fornitura c'è l'ennesimo sgambetto di un Cremlino decisissimo a rafforzare le proprie posizioni mediorientali a discapito di quelle statunitensi. Ma l'inutile ricerca di alleati «moderati» sul fronte siriano e la latitanza su quello iracheno finiscono anche con il consolidare la potenza del principale nemico dell'America. Dopo aver salvato Bashar Assad, Teheran si prepara a diventare l'alleato di ferro di Bagdad consolidando il proprio ruolo di potenza regionale e trasformando l'Iraq sciita in un proprio protettorato.

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