Un nuovo tentativo di scagionare Pio XII, fallimentare lo dimostra persino una recensione elogiativa
Testata: Il Foglio Data: 27 giugno 2014 Pagina: 3 Autore: la redazione Titolo: «La congiura di Hitler»
Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 27/06/2014, a pag. 3, l'articolo dal titolo "La congiura di Hitler", recensione dell'ononimo libro di Mario Dal Bello edito da Citta Nuova, un ennesimo tentativo di apologia di Pio XII e della sua condotta di fronte alla Shoah. Da quanto si evince dalla recensione, il libro non aggiunge nulla a quanto già si sapeva sulla vicenda. Non fornisce quindi nessuna prova che Pio XII abbia ordinato un'opera di salvataggio degli ebrei, né smentisce il fatto, del resto inconfutabile, che abbia taciuto sulla loro persecuzione. Un ennesimo tentativo fallito, pertanto.
Di seguito, l'articolo:
Pio XII
Eugenio Pacelli conosceva bene Adolf Hitler. Era infatti nunzio a Monaco nel 1919, nei mesi convulsi della "Repubblica dei soviet di Baviera", quando l'imbianchino di Braunau muoveva i primi passi della sua carriera politica. Così quando Hitler si avvia al successo non si accoda ai molti, anche cattolici, che vedono in lui il baluardo contro il bolscevismo: il Concordato tra la Santa Sede e Berlino, stipulato sotto la sua regia, non è un riconoscimento del valore del nuovo regime, ma un tentativo di salvare il salvabile della vita della chiesa in Germania; ed è ancora lui, Pacelli, l'ispiratore dell'enciclica "Mit brennender Sorge", con cui Pio XI condanna il "folle tentativo" di imprigionare Dio "nella ristrettezza etnica di una sola razza". Ma anche Hitler conosce bene Pacelli, ed è violentemente contrariato dalla sua elezione al soglio pontificio, nel 1939: "Pacelli non è gradito. E' sempre stato nemico del nazionalsocialismo" commenta senza mezzi termini l'elezione il Berliner Morgenpost. Dopo il 25 luglio, con l'occupazione tedesca di Roma, la tensione si inasprisce: Berlino sa bene che il Vaticano e i conventi di Roma danno rifugio a ebrei e antifascisti. Così nel settembre del 1943 Karl Wolff, governatore militare dell'Italia occupata, viene convocato nella "tana del lupo". L'ordine è perentorio: "Preoccupatevi della salute del Papa. Lo dovete trasportare, per la sua sicurezza al Nord". Wolff prende tempo, tergiversa, sa che i romani amano il Papa, teme che il rapimento scatenerebbe la rivolta. Intanto la notizia gira, Pio XI si prepara: brucia i documenti più compromettenti, stende una lettera di abdicazione: "Se i nazisti vengono qui, si troveranno fra le mani non il Papa, ma il cardinal Pacelli", dice all'esterrefatto segretario di stato. Alla fine, Wolff riesce a convincere Hitler che l'azione sarebbe per la Germania controproducente: il rapimento di Pio XII rimane negli archivi dei progetti irrealizzati. Gli eventi narrati da Dal Bello - già docente di italiano e storia, critico cinematografico, giornalista - non sono ignoti agli storici; ma il suo libro ha comunque due grandi pregi. Primo, sintetizza in poche pagine l'intera parabola dei rapporti fra Pacelli e il nazismo, mettendo a disposizione del lettore notizie normalmente disperse in vari e più ponderosi volumi; secondo, lo fa con un taglio giornalistico, vivace, tutto in presa diretta. Potrà scandalizzare qualche purista l'assenza delle note a piè di pagina; ma in fondo al testo le fonti sono puntualmente indicate, e la lettura permette di entrare dal vivo in una vicenda troppo spesso distorta da interessati pregiudizi.
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