Riprendiamo da PANORAMA datato 02/07/2014, a pag. 36, gli articoli di Paola Caridi e Boaz Bismuth, raccolti sotto il titolo comune "Il dibattito. Ci si può ancora fidare dei palestinesi ?"e dal FOGLIO di oggi, 26/07/2014, a pag. 3 l'editoriale dal titolo "Così una madre le suona all’Onu".
Gli articoli di Caridi e Bismuth sono preceduti dalla seguente breve introduzione redazionale:
L'8 giugno in Vaticano il numero uno dell'Anp Abu Mazen abbracciava il presidente dello stato ebraico Shimon Peres, facendo sperare in una pace più vicina. Quattro giorni dopo, tre ragazzi israeliani venivano rapiti in Cisgiordania. Tel Aviv accusa Hamas (che non conferma) e fa scattare la ritorsione. Altro che pace.
La risposta al quesito di Paola Caridi, definita da PANORAMA "scrittrice, esperta di questioni mediorientali", consiste nel contestare la responsabilità di Hamas e dell'Anp nel rapimento e nell'equiparare la costruzione di case nelle "colonie" e gli atti di vandalismo noti come "price tag" al sequestro dei tre ragazzi israeliani e agli attentati suicidi. Un paragone assurdo, che rivela soltanto, in chi lo propone, la volontà di fornire (inconsistenti ) giustificazioni per il terrorismo nel momento stesso in cui si fa mostra di condannarlo.
Condividiamo invece le considerazioni di Boaz Bismuth, opinionista del quotidiano 'Israel Hayom'. In particolare a proposito delle manifestazioni di esultanza per il rapimento della piazza palestinese e del lungo silenzio di Abu Mazen prima di pronunciare una condanna.
A destra, in alto, immagini propagandistiche che celebrano il rapimento dei tre ragazzi israeliani. Anche utilizzando i bambini.
Di seguito, gli articoli:
PANORAMA - "Il dibattito. Ci si può ancora fidare dei palestinesi?"
Paola Caridi
No. Ci si può fidare di chi sequestra tre ragazzi israeliani o di chi, nel passato, ha fatto saltare in aria autobus e caffè, uccidendo civili inermi? Il nodo sta nel «chi». Chi ha rapito i tre ragazzi? Ancora non si sa chi ha sequestrato i tre adolescenti che di notte si trovavano in una tra le zone (sotto stretto controllo militare israeliano) a più alto rischio della Cisgiordania. Israele accusa Hamas, ma Hamas non conferma. Abu Mazen e l' Anp condannano il sequestro. In un conflitto, nessuno si fida del proprio nemico. Basta spostarsi di pochi chilometri e la sfiducia è simmetrica. Perché la violenza, e le violazioni, non sono da una parte sola. Basta chiedere a un palestinese e risponderà: «Ci si può fidare degli israeliani?». A sostegno di questa sfiducia, ricordano quello che succede in Cisgiordania. Le colonie israeliane in Palestina si ingrandiscono quotidianamente, e sono ormai cittadine da decine di migliaia di abitanti. Meno noti sono i price tag attack. Gli attacchi contro le proprietà, macchine date alle fiamme, gomme squarciate, ulivi incendiati, minacce alle persone. Vandalismo compiuto in genere di notte con veri e propri raid nei villaggi. L'Onu ha contato 399 attacchi di questo tipo nel 2013 in Cisgiordania. E poi il Muro, gli scontri con l'esercito israeliano, le «vite frammentate». Di micce accese, in Cisgiordania, ve ne sono tante.
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Boaz Bismuth
Di solito si pensa che in Israele coloro che sono più a favore delle pace non abbiano altrettanto a cuore la sicurezza del proprio paese. E che quelli che si preoccupano per la sicurezza di Israele non credano nella pace. Non è così: tutti abbiamo gli stessi obiettivi. Ma si deve imparare dal passato. Io ho grande rispetto per i miei vicini palestinesi, mi sento molto più simile a loro che a un europeo o a un americano e vorrei che vivessimo in pace. Tuttavia vedere i palestinesi, anche i bambini, gioire per il rapimento dei tre ragazzi israeliani mi ha fatto intristire e arrabbiare. Ci sono momenti nella vita dei popoli in cui non contano guerre o differenze, ma solo l'umanità. In questo caso doveva prevalere l'umanità. Se guardo ciò che accade in Iraq sono dispiaciuto e non penso che forse il padre di una di quelle vittime avrà pensato a come distruggere Israele. La pace si fa tra i popoli e non tra governi. Per questo la felicità dei bimbi palestinesi è ancora più preoccupante. Siamo di fronte a un'altra generazione cui è stato fatto il lavaggio del cervello, alla quale è stato insegnato l'odio invece che il rispetto. Vorrei che i palestinesi condannassero il terrorismo con la stessa veemenza riservata alle colonie. E infine, perché Abu Mazen ha atteso così a lungo per condannare il rapimento? È più interessato al consenso che alla pace? No, Israele non ha interlocutori credibili.
IL FOGLIO - Così una madre le suona all'Onu
Rachel Fraenkel
Non ha ogni ragazzo il diritto di ritornare a casa da scuola sano e salvo?”. Rachel Fraenkel, madre di Naftali – uno dei tre ragazzi israeliani rapiti in Cisgiordania – ha avuto il coraggio di porre questo interrogativo davanti alle Nazioni Unite a Ginevra in un accorato appello per la liberazione dei giovani israeliani. Rachel a Ginevra, dove era insieme alle madri di Eyal Yifrach e Gilad Shaar, ha detto che “siamo venute noi tre madri qui per essere sicure che il mondo stia facendo di tutto per portare a casa i nostri figli”. Le tre donne hanno accusato la più alta istanza politica per i diritti umani, il Palazzo delle nazioni di Ginevra, da anni teatro delle più incredibili e immorali risoluzioni contro lo stato ebraico e i suoi cittadini. Il Consiglio dei diritti umani è succeduto alla discreditata commissione che nel 2004 accettò l’affiliazione del Sudan, mentre quel paese stava compiendo il genocidio in Darfur. Ha cambiato nome, ma il Consiglio ha sempre la stessa missione: ignorare le violazioni di diritti umani nel mondo e condannare Israele. Ruthie Blum sul giornale israeliano Israel Hayom scriveva ieri che “da quando il 12 giugno i tre studenti sono stati rapiti, l’Onu si è concentrata nel condannare soltanto la risposta israeliana nei Territori”, finora infruttuosa nelle ricerche. Ci hanno pensato queste tre donne ebree a riportare l’onore nell’Aula di Ginevra. Ma non è soltanto l’Onu a tacere o a usare una lingua di legno sul rapimento dei tre studenti. Jennifer Rubin sul Washington Post accusa anche la Casa Bianca, rimasta in silenzio sul rapimento. Non ci sono hashtag di Michelle Obama per i tre rapiti.
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