mercoledi` 20 novembre 2024
CHI SIAMO SUGGERIMENTI IMMAGINI RASSEGNA STAMPA RUBRICHE STORIA
I numeri telefonici delle redazioni
dei principali telegiornali italiani.
Stampa articolo
Ingrandisci articolo
Clicca su e-mail per inviare a chi vuoi la pagina che hai appena letto
Caro/a abbonato/a,
CLICCA QUI per vedere
la HOME PAGE

vai alla pagina twitter
CLICCA QUI per vedere il VIDEO

Lo dice anche il principe saudita Bin Salman: Khamenei è il nuovo Hitler


Clicca qui






La Repubblica . Il Manifesto Rassegna Stampa
25.06.2014 L'appello all'Onu delle madri dei ragazzi israeliani rapiti
a confronto con gli insostenibili paragoni del quotidiano comunista

Testata:La Repubblica . Il Manifesto
Autore: Rachel Frankel - Michele Giorgio - Tommaso Di Francesco
Titolo: «Noi mamme di Israele, all'Onu per Naftali, Eyal e Gilad - La Palestina sequestrata - Marino, univoco e disorientato»

Riprendiamo da REPUBBLICA di oggi, 25/06/2014, a pag. 23, l'appello di Rachel Fraenkel  madre di Naftali, il giovane studente di Yeshivah rapito lo scorso 12 giugno in Gisgiordania insieme a Eyal Yifrach e Gilad Shaar, pronunciato ieri a Ginevra davanti al Consiglio Onu peri diritti umani, pubblicato con il titolo "Noi mamme di Israele, all'Onu per Naftali, Eyal e Gilad".Dal MANIFESTO, a pag. 7, riprendiamo l'articolo di Michele Giorgio dal titolo "La Palestina sequestrata" e l'articolo di Tommaso Di Francesco dal titolo "Marino, univoco e disorientato", preceduti dal nostro commento. 

Di seguito, gli articoli:

LA REPUBBLICA  - Rachel Fraenkel: "Noi mamme di Israele, all'Onu per Naftali, Eyal e Gilad"


Le madri di Eyal Yfrach, Naftali Fraenkel e Gilad Shaar

 Mi chiamo Rachel Fraenkel e vivo in Israele. Sono venuta qui oggi in quanto madre: dodici giorni fa mio figlio Naftali e altri due studenti adolescenti, Eyal Yifrah e Gilad Shaer — le cui madri sono sedute dietro di me—sono stati rapiti mentre tornavano a casa da scuola. Da allora non abbiamo più saputo nulla, non abbiamo avuto né notizie né segni di vita. Con il vostro permesso, vorrei dirvi alcune cose dei nostri ragazzi. Mio figlio Naftali ha 16 anni, adora suonare la chitarra e giocare a basket. E un bravo studente e un bravo ragazzo, serio e allegro al tempo stesso. Eyal ama fare sport e cucinare. Gilad è un pasticciere dilettante ed è appassionato di cinema. Mio figlio mi ha mandato un messaggio col suo telefonino dicendomi che stava rientrando a casa, poi è sparito. L'incubo di ogni madre è aspettare, è che l'attesa che il proprio figlio torni a casa sia infinita. Vogliamo esprimere la nostra profonda gratitudine per le preghiere, il sostegno e tutta l'energia positiva che ci sono arrivati da ogni parte del mondo. In questa assemblea, vorrei ringraziare il Segretario generale delle Nazioni Unite per aver condannato il rapimento dei nostri ragazzi, esprimendo solidarietà alle nostre famiglie, e per aver chiesto il loro rilascio immediato. Ringrazio anche la Croce rossa internazionale per aver affermato chiaramente che le leggi umanitarie internazionali vietano la presa di ostaggi, e per aver preteso il rilascio immediato e incondizionato dei nostri ragazzi. Al tempo stesso, io credo che molti potrebbero e dovrebbero fare molto di più. E per questo motivo che oggi noi tre madri siamo qui, davanti alle Nazioni Unite e davanti al mondo intero, per chiedere a tutti di fare tutto ciò che potranno per riportare a casa i nostri figli. E sbagliato sequestrare i bambini - bambini e bambine innocenti - e usarli come strumenti di qualsiasi lotta. E crudele. Questo consesso ha il compito di tutelare i diritti umani. Vorrei chiedere dunque: ogni bambino non ha il diritto di tornare a casa propria sano e salvo da scuola ? Noi vogliamo soltanto che i nostri figli tornino nelle nostre case, nelle loro camerette. Vogliamo riabbracciarli. (Traduzione Anna Bissanti)

Gli appelli per la liberazione dei ragazzi israeliani sequestrati e la possibilità che Israele sia oggetto di una sia pur limitata solidarietà internazionale danno evidentemente molto fastidio al quotidiano comunista. La cronaca di Michele Giorgio e il commento di Tommaso di Francesco, una critica al sindaco di Roma Ignazio Marino, "reo" di aver affisso in Campidoglio le fotografie dei sequestrati, definiti sia da Giorgio che da Di Francesco "coloni" o "giovani coloni",  sono incentrati sul medesimo argomento: condannando il sequestro di Hamas, ma non la detenzione da parte di Israele dei "prigionieri politici" palestinesi, e i morti nelle operazioni militari israeliane, il mondo darebbe prova di ipocrisia e, come scrive Giorgio, di considerare che esistano "esseri umani di serie A e di serie B".
Alla base di questa tesi vi è una deliberata falsificazione della realtà, evidente fin dalle prime righe dell'articolo di Giorgio, che descrivono il nuovo arresto di Samer Issawi, detenuto palestinese per lungo tempo in sciopero della fame, che era stato poi liberato nello scambio con Gilad Shalit. Giorgio non scrive che Issawi è membro di un gruppo terroristico, il "Fronte Democratico per la Liberazione della Palestina"  e che era stato condannato da un tribunale israeliano per il suo coinvolgimento in attentanti con armi da fuoco contro auto della polizia israeliana e contro studenti dell'Università Ebraica di  Gerusalemme.
Ciò che IL MANIFESTO cancella è proprio la realtà del terrorismo e dell'incitamento alla violenza (che coinvolge anche e sopratutto adolescenti e persino bambini palestinesi)  e la conseguente necessità per Israele di difendersi.
L'articolo di Di Francesco omette per esempio il fatto che i minori palestinesi incarcerati "
perchè avevano lanciato pietre contro gli autoveicoli militari degli occupanti o le auto dei coloni", da lui equiparati ai seminaristi rapiti, avevano compiuto un atto che in più occasioni  ha ucciso ( anche bambini e neonati), o il fatto che deputati, ex ministri e il presidente del Parlamento palestinese arrestati sono membri di un'organizzazione terroristica, Hamas.
Al di là della differenza tra civili innocenti e terroristi,  il paragone tra la detenzione in carcere, definita da Di Francesco "rapimento legalizzato" e i veri sequestri di persona è poi di per sé inaccettabile. I detenuti in Israele non sono minacciati di morte, le loro famiglie sanno dove si trovano e che sono vivi, le condizioni della loro detenzione sono verificabili da organismi internazionali e organizzazioni umanitarie. Nulla di ciò si verifica per gli israeliani sequestrati.





IL MANIFESTO - Michele Giorgio: "La Palestina sequestrata" 

                     

     Michele Giorgio      Samer Issaw

GERUSALEMME Laila Issawi ha capito subito che quei soldati, quelle camionette, apparse all'improvviso davanti casa, erano lì per suo figlio Samer. D'impulso si è messa al computer, per lanciare l'allarme. Ma nel giro di qualche minuto è arrivata la conferma. Lunedì sera Samer Issawi, protagonista del più lungo sciopero della fame in un carcere israeliano, è stato arrestato a casa del fratello Mehdat, a Isawiyya, un sobborgo di Gerusalemme. Era stato liberato lo scorso dicembre sulla base dell'accordo raggiunto qualche mese prima con Israele che aveva messo fine a 266 giorni di digiuno di protesta contro la sua detenzione. Qualche mese fa è stata arrestata anche la sorella Shirin. «Samer sapeva che gli israeliani non avrebbero rispettato l'accordo e che presto o tardi sarebbe tornato in prigione», raccontava ieri il padre Tareq. La notizia dell'arresto di Samer Issawi ha fatto il giro della rete. La battaglia contro la «detenzione amministrativa» - senza prove e senza processo - portata avanti prima da Issawi e ora da centinaia di prigionieri politici in sciopero della fame dal 24 aprile, è seguita in ogni angolo di mondo. Grazie ai social perchè i media tradizionali, in buona parte, la ignorano nonostante la «misura cautelare» attuata da Israele sia contraria alle leggi internazionali e sia stata condannata più volte dalle organizzazioni per la tutela dei diritti umani. Come ignorano la portata e le conseguenze dell'operazione militare «Brother's keeper» lanciata da Israele dopo la scomparsa il 12 giugno nella Cisgiordania meridionale di tre giovani coloni ebrei, probabilmente rapiti dal movimento islamico Hamas. Ufficialmente «Brother's keeper» è una campagna per la ricerca dei tre adolescenti - Eyal Yrfrach, Gilad Shaar e Naftali Fraenkel, tra i 16 e i 19 anni, - con l'impiego di migliaia di soldati. Ma si è manifestata soprattutto come una clava per colpire Hamas e per infliggere una punizione alla popolazione palestinese che, non è un mistero, vede nel rapimento un mezzo per ottenere la liberazione dei detenuti politici chiusi nelle carceri israeliane. I palestinesi arrestati in 12 giorni sono almeno 471 (11 sono deputati del Consiglio legislativo, tra i quali lo speaker Aziz Dweik). Israele ne conferma 354. L'esercito israeliano ha anche effettuato perquisizioni - veri e propri raid distruttivi, denunciano i palestinesi - in 1800 edifici e abitazioni civili, istituzioni pubbliche, scuole, università e in sedi di mezzi d'informazione. In città e campi profughi E subito cresciuto anche il numero dei detenuti «amministrativi». Addamir, l'associazione che sostiene gli oltre 5mila prigionieri politici, ha documentato 104 nuovi ordini di questo tipo di detenzione. E quando i palestinesi hanno provato ad opporsi alle incursioni, i soldati israeliani non hanno esitato a sparare - «per legittima difesa», spiega un portavoce dell'Esercito - facendo almeno cinque morti, tra i quali un 15enne di Dura (Hebron), Mah-mud Dudin, colpito in pieno petto da un proiettile. Qualche anno in meno di Dudin aveva Ali alAwour, un bambino ucciso a meta giugno, a Gaza, da un missile sganciato da un drone israeliano contro un presunto miliziano jihadista. E gli stessi anni o poco più avevano gli altri quattro ragazzi palestinesi uccisi dalle forze militari dall'inizio del 2014: Adnan Abu Khater, 16 anni; Yousef al-Shawamrah, 14 anni; Muhammad Salameh, 16 anni; Nadim Nawarah, 17 anni. Chiedere che i tre ragazzi israeliani facciano al più presto ritorno a casa sani e salvi è doveroso. Allo stesso tempo è inaccettabile l'atteggiamento di buona parte del mondo politico ed istituzionale in Occidente che rimane in silenzio quando l'occupazione militare israeliana uccide ragazzi palestinesi, spesso bambini, e ne incarcera tanti nelle sue prigioni. Non esistono esseri umani di serie A e serie B. Oggi molto più di qualche anno fa si tende ad ignorare in Occidente la realtà quotidiana dei palestinesi e a considerare le incursioni militari israeliane quasi come normali «operazioni di polizia» contro criminali comuni e non come attività di una forza di occupazione. Questi, ad esempio, sono i giorni in cui i decine di migliaia di ragazzi della Cisgiordania sono impegnati negli esami di maturità e all'università. E i raid militari israeliani hanno un impatto devastante su questi giovani, come raccontano Aisha Shalash e Hanin Dweib, due studentesse dell'università di Bir Zeit. «La notte del 18-19 giugno - hanno scritto le due giovani in un messaggio postato in rete - mentre eravamo impegnate negli esami finali di laurea, anche il nostro campus universitario è stato perquisito .Abbiamo visto le immagini dell'esercito israeliano che riempiva le strade del campus, sfasciando porte di acciaio e di legno...I soldati hanno trovato solo le bandiere, i manifesti e gli accessori per le elezioni studentesche, li hanno confiscati e se ne sono andati..(dopo) abbiamo continuato a chiederci: perché stanno facendo questo? Perché sconvolgono il nostro studio e i nostri esami? Non siamo forse umani? Non abbiamo il diritto all'istruzione? A un futuro di speranza? A una vita in libertà di giustizia e pace? Perché il mondo non ascolta mai noi palestinesi?».

IL MANIFESTO - Tommaso Di Francesco: "Occupati e coloni"


Tommaso Di Francesco

Il sindaco di Roma Ignazio Marino ha deciso di affiggere in Campidoglio le foto dei tre giovani coloni rapiti nei Territori occupati palestinesi. A quanto pare l'Oriente, estremo e medio, mette i paraocchi all'univoco primo cittadino. Allora gli domandiamo: 1)Perché denuncia il rapimento dei tre ragazzi israeliani e si prepara ad esporre le loro foto accanto a quelle dei marò - (mentre dei due pescatori indiani uccisi nell'operazione anti-pirateria, nemmeno l'ombra in Comune) - ma non prende posizione sui 196 minori palestinesi (27 dei quali con meno di 15 anni) incarcerati in Israele, spesso perchè avevano lanciato pietre contro gli autoveicoli militari degli occupanti o le auto dei coloni. 2)Lei esprime giustamente solidarietà alle famiglie dei tre giovani israeliani rapiti, ma perché non dice una sola parola di conforto ai genitori di Ali al-Awour, 10 anni, ucciso a metà giugno, a Gaza, da un missile sganciato da un drone israeliano, e degli altri quattro ragazzi palestinesi uccisi dalle forze di occupazione dall'inizio del 2014: Adnan Abu Khater, 16 anni; Yousef al-Shawamrah, 14 anni; Muhammad Salameh, 16 anni; Nadim Nawarah, 17 anni ?. Perché non esporre dal Campidoglio anche le loro foto ? Per l'Onu, tra gennaio e aprile i soldati israeliani hanno ferito 250 minori palestinesi. 3)Perché non esprime giudizi sul «rapimento legalizzato» di 200 palestinesi tenuti in detenzione «amministrativa», ossia in carcere per mesi (talvolta anche per anni) sulla base solo di indizi e senza processo. È una misura cautelare contraria alle leggi internazionali e condannata dalle organizzazioni per la tutela dei diritti umani. Da settimane è in atto uno sciopero della fame dei prigionieri politici palestinesi contro questo tipo di detenzione. Negli ultimi giorni i detenuti «amministrativi» sono diventati circa 300, secondo la stessa stampa israeliana, poichè gli arresti di massa eseguiti dall'esercito israeliano, durante le «ricerche» dei ragazzi scomparsi, si sono trasformati in «detenzione amministrativa» per un centinaio degli oltre 400 palestinesi finiti in manette. 4)Chiede giustamente che i tre ragazzi israeliani siano restituiti alle famiglie ma perché resta in silenzio di fronte agli arresti eseguiti dai soldati di numerosi deputati ed ex ministri palestinesi e del presidente del Parlamento dell'Anp, in ritorsione per il rapimento? 5) Perché non ha preso posizione sulla costruzione nei Territori palestinesi occupati di massicci insediamenti e migliaia di abitazioni per coloni israeliani avviata anche nell'ultimo anno dal premier Netanyahu, in violazione di convenzioni e risoluzioni internazionali che condannano le colonie, come a Hebron, che impediscono solo pensare che possano esistere uno Stato palestinese e quindi una soluzione di pace?

Per inviare la propria opinione a Repubblica e Manifesto, cliccare sulle e-mail sottostanti


rubrica.lettere@repubblica.it
redazione@ilmanifesto.it

Condividi sui social network:



Se ritieni questa pagina importante, mandala a tutti i tuoi amici cliccando qui

www.jerusalemonline.com
SCRIVI A IC RISPONDE DEBORAH FAIT