mercoledi` 20 novembre 2024
CHI SIAMO SUGGERIMENTI IMMAGINI RASSEGNA STAMPA RUBRICHE STORIA
I numeri telefonici delle redazioni
dei principali telegiornali italiani.
Stampa articolo
Ingrandisci articolo
Clicca su e-mail per inviare a chi vuoi la pagina che hai appena letto
Caro/a abbonato/a,
CLICCA QUI per vedere
la HOME PAGE

vai alla pagina twitter
CLICCA QUI per vedere il VIDEO

Lo dice anche il principe saudita Bin Salman: Khamenei è il nuovo Hitler


Clicca qui






Corriere della Sera - La Repubblica - La Stampa Rassegna Stampa
23.06.2014 Iraq: lo 'Stato islamico' avanza e fa affari, mentre Kerry al Cairo cerca alleati per fermarlo
Reportage di Lorenzo Cremonesi, analisi di Vincenzo Nigro, Paolo Mastrolilli

Testata:Corriere della Sera - La Repubblica - La Stampa
Autore: Lorenzo Cremonesi -Vincenzo Nigro - Paolo Mastrolilli
Titolo: «Iraq e Siria nasce uno «Stato» islamico - Petrolio, tasse e riscatti tutti gli affari del Califfato - Iraq, una polveriera che rimescola le carte del Medio Oriente»
 Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 23/06/2014, a pag. 14, l'articolo di Lorenzo Cremonesi dal titolo "Iraq e Siria nasce uno «Stato» islamico", da REPUBBLICA  a pag. 14, l'articolo di Vincenzo Nigro dal titolo "Iraq, una polveriera che rimescola le carte del Medio Oriente", dalla STAMPA a pag. 11 l'articolo di Paolo Mastrolilli dal titolo "Iraq, una polveriera che rimescola le carte del Medio Oriente".


Terroristi dello "Stato islamico"

Di seguito, gli articoli:

CORRIERE della SERA - Lorenzo Cremonesi - Iraq e Siria nasce uno «Stato» islamico


Lorenzo Cremonesi

BAGDAD — In Medio Oriente sta nascendo una nuova entità politica che aspira a farsi Stato. Non piace quasi a nessuno, ma era nell'aria già da molto tempo, almeno due anni, e nel concreto si è fatto poco per fermarla. I suoi territori stravolgono i confini «tracciati nella sabbia» da Francia e Inghilterra dopo le intese segrete del 1916 (i cosiddetti accordi Sykes-Picot). L'Iraq è ora diviso in tre parti: sciita nel sud, sunnita nel centro-ovest e curda a nord. Un paradosso della storia, mentre commemoriamo il centenario della Prima guerra mondiale vengono stravolti assetti geopolitici frutto diretto di quel conflitto.

II nuovo califfato
La nuova entità ha confini ancora imprecisi, compresi tra Aleppo, Homs e Hama in Siria, sino a nord di Bagdad in Iraq. E guidata da una meteora confusa di movimenti, ideologie e gruppi. Ma, a causa dal caos traumatico del suo stato nascente, al momento prevalgono le componenti più estremiste. Alla sua origine stanno le avanguardie sunnite della guerriglia cresciuta sempre più virulenta dal 2011 in Siria, ma forgiata da almeno un decennio di combattimenti in Iraq seguiti all'invasione anglo-americana del 2003. VI si trovano elementi qaedisti, ex baathisti figli al vecchio regime di Saddam Hussein incattiviti con l'Occidente, oltre a gruppi di volontari jihadisti immigrati da Europa, Stati Uniti, Cecenia, Algeria, Palestina, Libia, Egitto, Tunisia... Si valuta che a dominare la sua forza bellica (sino a 40.000 uomini, il loro numero è in costante crescita) siano i combattenti dello «Stato Islamico dell'Iraq e del Levante», un gruppo di 10.000 volontari che non  nasconde il desiderio di imporre l'utopia wahabita. Il loro sogno guarda infatti al ritorno dell'età dell'oro del sunnismo: i primi califfi seguiti alla morte del Profeta e scelti tra i giusti nella comunità dei fedeli. Esaltano il Califfato dunque, lo reputano un modello di perfezione, semplicità, giustizia e purezza islamica. E rispolverano le antiche diatribe teologiche con gli sciiti, i quali sostengono invece che il successore di Maometto vada scelto tra i suoi discendenti di sangue.

Vittorie militari
Nelle ultime due settimane le colonne sunnite hanno completamente sbaragliato l'esercito del primo ministro sciita iracheno Nouri al Maliki. Dal confine meridionale e orientale della Siria sono scesi nel cuore del sunnismo iracheno nella provincia di Al Anbar lungo l'Eufrate, quindi sono saliti verso le regioni autonome curde nel nord per occupare Mosul, infine sono ridiscesi paralleli al Tigri, hanno preso Tikrit, tengono il controllo quasi totale di Baiji e stanno mirando a Bagdad. Da venerdì hanno scelto di consolidarsi nelle province occidentali. Hanno fatto irruzione nella cittadina di Qaim aprendo del tutto il passaggio con la Siria Poi sono corsi a folle velocità verso il confine giordano ad espugnare il nucleo urbano di Rutba, per infine prendere Rawa e Ana più a sud. Occorre però ricordare che queste avanzate non sono un fulmine a ciel sereno. Già un anno fa le milizie sunnite erano riuscite a scacciare i militari iracheni da Ramadi e Falluja Nel novembre scorso si erano attestate ad Abu Ghraib, luogo del famoso carcere, posto a 20 chilometri da Bagdad. La capitale vede con preoccupazione l'accerchiamento, che ora arriva anche dalle zone sunnite nelle sue periferie meridionali. l militari americani stimano che l'esercito iracheno non sia affatto in grado di riconquistare il territorio perduto. Manca di aviazione, non ha più missili, è demoralizzato. Ed è anche per questo motivo che i sunniti hanno spostato in Siria una larga parte del materiale bellico catturato in Iraq. Lo utilizzeranno per cercare di bloccare l'esercito di Bashar Assad, che invece si è dimostrato molto più efficiente.

Le donne e la legge dei wahabiti
Le cronache contraddittorie che giungono dalle zone occupate dagli estremisti sunniti danno comunque un quadro preoccupante. Dopo i video diffusi sulla rete delle esecuzioni di massa dei prigionieri sciiti, ora arrivano quelli di decapitazioni in puro stile afghano. Pare vi siano anche stati casi di attacchi contro le donne che non accettano di indossare il velo. I britannico Independent riporta che a Beiji alcuni jihadisti sarebbero andati casa per casa a cercare «mogli per alleviare i loro impulsi sessuali». A Mosul sarebbe comparsa la formula del «Jihad Niqab», che invita le ragazze a «donare il loro corpo» ai guerriglieri della guerra santa. Non è chiaro se si tratti di casi isolati o di una politica sistematica E da pensare però che queste pratiche siano destinate a fomentare forte ostilità tra i capi tribali sunniti e i baathisti. Tanto da far credere che l'unità apparente del fronte sunnita sia invece fortemente minata da forti contraddizioni interne, destinate presto ad esplodere.

LA REPUBBLICA - Vincenzo Nigro - Petrolio, tasse e riscatti tutti gli affari del Califfato


Vincenzo Nigro

BAGDAD. - Mohammed Al Awali adesso fa il capo commesso in una piccola catena di negozi elettrodomestici. Prima ha lavorato in una ditta di trasporti, camion su e giù per tutto l'Iraq, da Bassora al Kurdistan iracheno fin dentro la Turchia. Il commercio è un sismografo infallibile, registra tutto quello che accade in un paese. «Noi gestivamo decine di camion con i nostri associati in varie città del paese, avevamo doppio equipaggio, autisti sciiti e sunniti, sapevamo dove fare i cambi, dove salivano i sunniti e scendevano gli sciiti e viceversa, perché era impossibile entrare in aree nemiche. So che adesso i miei amici si stanno adattando, stanno cercando di capire. Ma una cosa è certa: con questi dell'Isis gli affari riprenderanno, e anzi stanno continuando. Perché loro vogliono fare affari, vogliono fare soldi e ci vogliono far pagare le tasse». Mohamed è una fonte di informazioni indiretta su quello che l'Isis ha fatto e sta facendo al Nord, vicino al confine con la Siria, e su quanto inizia a fare in città come Falluja o Tikrit che sono più vicine a Bagdad. «Secondo quello che so io è vero che prima hanno rapinato le banche, ma poi spesso hanno richiuso i forzieri e le casseforti per rimetterci dentro un po' di danaro. Il grosso se lo sono portato verso la Siria, ma quello che serve a gestire le città lo lasciano al controllo dei capi locali». Soltanto l'assalto alla banca centrale di Mosul, una città di 2 milioni di abitanti, ha fruttato all'Isis più o meno 400milioni di dollari. Qualcuno ha raccontato a un giornalista occidentale che quando un tassista ha chiesto a un miliziano 'perché ti hanno messo a guardare la banca che avete conquistato?", quello ha risposto che lì dentro ci sono i soldi con cui vogliono governare l'Iraq». Sono ambiziosi i pianificatori dell'Isis. L'assalto alla raffineria di Baiji è stato ben organizzato. Hanno fatto saltare un paio di cisterne piene di petrolio, così per terrorizzare le guardie dell'esercito iracheno. Poi hanno sparato solo sul corpo di guardia, sui soldati terrorizzati, senza danneggiare l'impianto. Hanno sequestrato alcuni operai iracheni e turchi, ma non hanno torto loro un capello. Anzi hanno portato le famiglie che vivevano fuori dalla raffineria a parlare con gli assediati per convincerli ad arrendersi. Non ci sono più notizie ufficiali dal governo iracheno, quindi a questo punto è chiaro che l'Isis controlla una raffineria da 300 mila barili di petrolio lavorato al giorno. «Sembra che la produzione non sia ripresa, ma lo faranno presto: stanno cercando i tecnici, ne faranno venire di nuovi». Mosul è una delle città del Nord Iraq in cui negli anni si erano spostati i cristiani in fuga dal Sud. Invece di crocifiggerli e massacrarti come avrebbero fatto d'impeto in Siria i qaedisti di Al Nusra, quelli dell'Isis hanno usato violenza, ucciso qualcuno, violentato molte donne ma poi si sono fermati. Li hanno terrorizzati e rimandati ai loro lavori, ai loro commerci. «Chiedono una tassa, un'estorsione a tutti i commercianti, a chiunque abbia un'attività», dice il capo-commesso. D'altronde da queste parti la prima cosa che fa chi prende il potere con i fucili è far pagare le tasse. Una mafia sotto il segno dell'Islam? «Loro si chiamano governo, vogliono uno "Stato dell'Iraq e della Siria", come farebbero tanti altri. Nei primi giorni l'Isis ha imposto una tassa di 200 dollari a ciascun camion di passaggio, ma adesso stanno abbassando a 150 dollari: sono pieni di soldi, ora vogliono solo consolidarsi e governare mentre combattono più a Sud». Torniamo al petrolio: da un paio d'anni fra Siria e Nord Iraq gli uomini dell'Isis anche nelle zone che non controllavano perfettamente foravano gli oleodotti e spillavano petrolio che poi rivendevano all'incredibile contrabbando che avvia ogni giorno decine di autobotti a raffinerie compiacenti. Secondo il New York Times a Raqqa avrebbero anche degli impianti di raffinazione rudimentale. Il petrolio pare che venisse anche venduto da bande di intermediari a pezzi dello stesso regime siriano che l'Isis combatte. Un'altra fonte di reddito sono i rapimenti, le estorsioni. Piccoli episodi contro piccoli commercianti e famiglie ricche nelle zone finite sotto controllo; colpi grossi quando si riesce a mettere le mani su un gruppo di 40 turchi come è successo la settimana scorsa a Mosul nell'assalto al consolato. Non se ne sa più nulla: è probabile che i turchi verranno liberati ( se non lo sono già stati ) a suon di milioni di dollari. «Questo ha una logica ben chiara», dice il professor Abdul Jabar della facoltà di Scienze politiche dell'università di Bagdad: «il loro non è un progetto terroristico: dopo aver fatto terrorismo contro gli americani ed essere stati sconfitti dalla mobilitazione delle tribù sunnite organizzate da Petraeus, l'Isis ha combattuto in Siria e adesso vuole uno Stato». Usano la violenza per un progetto politico. Per conquistare Mosul sono stati necessari molti soldi: «Con l'aiuto dei baathisti che sono sul terreno accanto a loro, i capi dell'Isis si sono comprati i generali dell'esercito, i capi della polizia della regione. Gli hanno detto «questi sono i soldi, andatevene, oppure arriviamo noi a sterminarvi.. Con milioni di dollari e con centinaia di morti nelle fosse comuni (postate immediatamente su Internet perché tutti sappiano) il movimento terroristicopiù ricco del mondo si sta costruendo il suo stato: un Califfato petrolifero.

LA STAMPA  - Paolo Mastrolilli - Iraq, una polveriera che rimescola le carte del Medio Oriente


Paolo Mastrolilli


John Kerry e Abdel Fattah al Sisi

NEW YORK Solo tre anni fa, un segretario di Stato americano che andava in visita in Egitto sarebbe passato inosservato: c'era poco da discutere, vista la generale convergenza. La visita che Kerry ha fatto ieri a sorpresa al nuovo presidente al Sisi, invece, fa notizia perché dimostra quanto siano rimescolate le carte in Medio Oriente, e quanto complesso sia venirne a capo per gli Usa. Kerry è in missione nella regione e in Europa per favorire con la diplomazia la soluzione della crisi in Iraq. Porta due messaggi: primo, bloccare ogni aiuto all'Isis; secondo, spingere Baghdad a fare un governo che includa i sunniti, per isolare i terroristi. II presidente Obama ha spiegato perché ciò è nell'interesse di tutti in un'intervista tv: «L'avanzata di al Qaeda può contagiare e colpire ogni paese». Prima della «primavera araba» il quadro sarebbe stato chiaro: l'Egitto sunnita era allineato con l'Arabia, era l'unico paese ad avere un accordo di pace con Israele, e stava dalla parte degli Usa. II rapporto si è incrinato per il dialogo di Washington coi Fratelli Musulmani, la riluttanza di Obama a intervenire in Siria, e il negoziato con l'Iran sciita. Kerry cerca di ricostruirlo, sbloccando 500 milioni di finanziamenti, nella speranza di riportare Egitto e Arabia dalla parte degli Usa, per fermare i sunniti del-l'Isis. Nel frattempo però Washington vuote dialogare sul nucleare con l'Iran, che per bocca di Khamenei ieri ha intimato gli Usa a non intervenire in Iraq e questo alimenta i sospetti del Cairo e Riad. Assad, nemico di Usa, Egitto e Arabia, ha prima chiuso un occhio sull'Isis per dimostrare che era sotto l'attacco dei terroristi, e ora lo bombarda lungo il confine con l'Iraq. II Qatar ha preso posizioni impreviste che tlo hanno allontanato da Riad. Riportare la stabilità sarà impossibile, fino a quando l'America non riuscirà a ricomporre questo quadro delle alleanze, magari convincendo Riad e Iran a dialogare nell'interesse di entrambi.

Per inviare la propria opinione a Corriere della Sera, Repubblica e Stampa, cliccare sulle e-mail sottostanti

lettere@corriere.it
rubrica.lettere@repubblica.it
lettere@lastampa.it

Condividi sui social network:



Se ritieni questa pagina importante, mandala a tutti i tuoi amici cliccando qui

www.jerusalemonline.com
SCRIVI A IC RISPONDE DEBORAH FAIT