Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 21/06/2014, a pag.52, con il titolo " La preghiera del Papa per Israele: Un silenzio che parla a tutti i rapiti", il commento di Alberto Melloni.
L'unico aspetto positivo è l'inserimento nel titolo della parola "silenzio", una parola che di "silenzi" ne ricorda un altro, riconducibile a Papa Pacelli. In effetti il CORRIERE della SERA è l'unico quotidiano ad avere introdotto questa parola - il Papa non ha fatto nessun appello ai rapitori - essendo diplomaticamente più attento alle moltitudini che non ai singoli. Quei tre ragazzi hanno un volto e un nome, non sono anonimi, avrebbe dovuto rivolgersi ai rapitori, pronunciare la parola Hamas, dire che chi governa la Striscia di Gaza, oggi ufficialmente alleato con l'Anp di Abu Mazen, è un governo di criminali. Per questo il commento di Alberto Melloni la prende molto alla larga, iniziando con un richiamo al Talmud citanto Adin Steinsaltz per continuare con un colpo al cerchio e uno alla botte. I tre ragazzi sono 'scomparsi' invece che rapiti, non è vero che i palestinesi di Abu Mazen sono solidali con Israele, appena si è saputo del rapimento le strade della Anp erano un tripudio di felicità, università di Bir Zeit compresa ! In 'Palestina' nessuno trattiene il fiato per Yaakov, Gilad ed Eyal.
Ma la parola "silenzio" è stata scritta, ci auguriamo che venga ripresa il più possibile. Va bene pregare, ma noi aspettiamo che il governo di Israele metta in atto ogni gesto possibile - ripetiamo OGNI gesto possibile - per togliere dalle grinfie dei rapitori Yaakov, Gilad ed Eyal. E dopo la loro liberazione dia ad Hamas & Associati una lezione indimenticabile.
Alberto Melloni
Adin Steinsaltz icona della sapienza di Israele, curatore dell'edizione principe del Talmud — è uscito dal suo riserbo per chiedere di pregare e per i tre sedicenni israeliani rapiti a Hebron la settimana scorsa in circostanze oscure. La rivendicazione di questo gesto vigliacco non c'è. Abu Mazen ha detto davanti a tutti i Paesi arabi la solidarietà dei palestinesi nelle ricerche. La reazione israeliana è trattenuta da speranze e da presagi sinistri. Ma ha fatto bene Steinsaltz a ricordare che tre ragazzini scomparsi non sono un episodio, ma esseri umani: sono Yaakov, Gilad ed Eyal, per i quali tutti pregano per il secondo sabato. In Israele non pochi si chiedono perché a quella preghiera non si sia ancora unito Francesco. Possibile che il Papa che visitando la tomba di Herzl s'è inchinato sul legame teologico fra ritorno nella terra, sionismo e fede ebraica, non capisca il dramma di queste ore? No, non è possibile. Anche perché questo gesto vigliacco chiama in causa. Quello che Francesco ha vissuto con Bartolomeo, Peres e Abu Mazen nel vespro dell'8 giugno è stato il più grande successo politico della Segreteria di Stato dalla crisi di Cuba del 1963. E stato il riconoscimento comune del bisogno di essere perdonati dei credenti di Terra Santa. Ma è stato anche la dimostrazione che non servono i virtuosi del dialogo, ma la purezza di cuore per svelenire la violenza degli uomini religiosi. Di purezza in quel vespro se ne vedeva tanta. E questo — è un punto fermo della spiritualità bergogliana — ha scatenato la reazione del Male, che reagisce quando se ne dimostra la perversa fragilità. I milioni che «conoscono» Francesco sono certi che lui e le chiese vivono così questa tragedia: e come suggerisce Steinsaltz la leggono col salmo 142 — «ripenso i giorni passati»; sanno vedere in questi ragazzi la vittima di una ferocia che dalla Nigeria alla Siria sbrana i piccoli. Farlo sentire a voce alta a Israele e alla Palestina che trattengono il fiato per Yaakov, Gilad ed Eyal non è un'altra cosa: è solo un altro modo per dirlo a chi è sempre chiuso nell'angoscia dell'angosciato, nella miseria del misero, nella prigione del prigioniero.
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