Iraq: i crimini dello 'Stato islamico', la necessità di un intervento occidentale la cronaca di Marco Ansaldo, l'analisi di Tony Blair a difesa della guerra contro Saddam
Testata: La Repubblica Data: 16 giugno 2014 Pagina: 14 Autore: Marco Ansaldo - Tony Blair Titolo: «Iraq, esecuzioni di massa e cadaveri decapitati le foto dell'orrore sul web - Blair. 'Vanno preparati raid la guerra a Saddam fu giusta'»
Riprendiamo da REPUBBLICAdi oggi 16/06/2014, a pagg. 14-15, l'articolo di Marco Ansaldo dal titolo "Iraq, esecuzioni e cadaveri decapitati le foto dell'orrore sul web" e da pag. 15, l'articolo di Tony Blair dal titolo "Vanno preparati raid, la guerra a Saddam fu giusta". I principali quotidiani danno rilievo, oggi, all'intervento di Tony Blair sulla crisi irachena, di cui REPUBBLICA riporta uno stralcio. Il CORRIERE della SERA, a pag. 11, pubblica l'articolo di Fabio Cavalera dal titolo " 'Non è colpa nostra'. Il gran ritorno di Blair (che chiama alle armi) ", del quale è condivisibile l'apprezzamento per la coerenza di Blair che, scrive Cavalera, "non è un leader da capriole politiche, specie quando c'è di mezzo l'interesse "di tutti noi" a spegnere le velleità e i disegni di chi pianificoò e realizzo l'11 settembre alle Torri gemelle". LA STAMPA pubblica a pag. 7 l'articolo di Alessandra Rizzo dal titolo "La crisi non è colpa dell'invasione del 2003" . Se Saddam Hussein "fosse rimasto al suo posto" scrive Rizzo riferendo il pensiero di Blair, "non sarebbe passato indenne dalle rivolte della primavera araba, con il probabile risultato di una guerra simile a quella che da tre anni infuria in Siria". Da parte nostra aggiungiamo una notazione su uno degli argomenti che più frequentemente vengono avanzati contro la necessità della guerra al regime di Saddam Hussein: quello secondo il quale il dittatore iracheno non sarebbe stato in possesso di armi di distruzione di massa. Accogliendo questa tesi, bisognerebbe allora spiegare cosa fossero quelle armi chimiche grazie alle quali Saddam Hussein ha sterminato 20.000 curdi. All'epoca della guerra del 2003, il regime iracheno violava da anni le risoluzioni dell'Onu che gli imponevano di dimostrare di aver distrutto l'arsenale chimico di cui incontestanilmente era stato in possesso, avendolo utilizzato in diverse occasioni.
Esecuzioni di massa compiute dallo Stato islamico di Iraq
Le armi chimiche di Saddam Hussein contro i curdi: la strage di Halabija,
Di seguito, la cronaca di Marco Ansaldo:
Marco Ansaldo
Questa è la sorte che attende gli sciiti mandati da Nuri a combattere contro i sunniti•. Quando nel ristorante del piccolo hotel sulla via principale di Zakho, nel nord dell'Iraq, la tv nazionale eclissa le immagini dei Mondiali di calcio per dare spazio alle notizie da lvicino fronte di guerra, un brivido percorre la sala. Il commento minaccioso accompagna foto di teste tagliate e esecuzioni di massa compiute dai miliziani jihadisti sugli ufficiali iracheni del premier Nuri al Maliki. Fra i tavoli, tutti finiscono di colpo per lasciare sul piatto gli spiedini fumanti e nessuno ha più voglia di dire niente. Le immagini sono scioccanti e ognuno capisce che quelle scene sono state riprese a sole due o tre ore di macchina da qui. Arrivano dalle zone dalla nuova entità fantasma dallo Stato islamico dell'Iraq e della Siria (Isis), che comincia a Mosul. Proprio dove finisce il Kurdistan iracheno. SuTwitter—riferisce ancora lo speaker — è stata diffusa la foto della testa decapitata di un ufficiale di polizia con un commento in inglese riferito ai Mondiali di calcio che si svolgono in Brasile: "Questa è la nostra palla. È fatta di pelle WorldCup'.. Gli scatti, diffusi da un sito militante, sono una sessantina. Ci sono immagini di decine di corpi di persone giustiziate all'impronta da combattenti a volto coperto. I soldati erano quelli catturati il primo giorno dell'offensiva fondamentalista, il 10 giugno, appena una settimana fa, nella provincia di Salahuddin, capoluogo Tikrit. Il portavoce dell'esercito ne ha confermato l'autenticità. In alcune foto si vedono i militanti mascherati dell' Isis caricare i prigionieri sui furgoni, poi costringergli a mettersi volto a terra in un canale poco profondo con le braccia legate dietro la schiena. L'ultimo scatto mostra i corpi dei prigionieri nel sangue dopo essere stati raggiunti dai colpi di fucile. Le didascalie vorrebbero spiegare la ragione di queste azioni atroci. Sono una vendetta—si legge — per la morte di un comandante dell' Isis caduto in battaglia poco prima che il gruppo prendesse il controllo di MosuleTikrit, martedi e mercoledì scorso. Per la maggior parte i soldati appaiono vestiti con abiti civili, le uniformi spuntano a volte da sotto, indicando che alcuni hanno provato a travestirsi in fretta per tentare la fuga E in effetti diversi militari e agenti di polizia avevano lasciato all'improvviso gli equipaggiamenti nel momento in cui i miliziani entravano nelle città, uccidendo e bruciando. Spietati sì, ma tutt'altro che ingenui nell'uso delle nuove tecnologie. I fanatici della nuova Al Qaeda hanno subito comunicato via Twitter di «aver giustiziato 1.700 soldati iracheni.. C'è chi mette in dubbio il numero delle vittime. Se fosse vero, si tratterebbe della peggiore atrocità di massa perpetrata sia in Siria, sia in Iraq negli ultimi anni, superando anche gli attacchi con armi chimiche alla periferia di Damasco dello scorso anno, con 1.400 persone uccise. L'efferatezza degli jihadisti impressiona tutti in Iraq. Dopo la conquista di Mosul, gli 'uomini in neró guidati da Abu Bakr al Baghdadi controllano adesso in Iraq un'area vasta quanto la Giordania, che si estende da Aleppo fino a Bagdad. E dove vivono 6 milioni di persone alle quali sono state imposte tassa e un codice islamico di rara severità. I qaedisti, partiti poco più di un anno fa dalla Siria, hanno conquistato lo snodo strategico della città di Raqqah, dove hanno sfruttato i vicini pozzi petroliferi accumulando risorse formidabili sequestrando cittadini siriani e stranieri. E questa la zona dove fu rapito il gesuita Paolo Dall'Oglio. Tra 16 mila combattenti in Iraq, i 5 mila in Siria, ci sono anche 3 mila stranieri: un migliaio di ceceni e cinquecento o più europei, provenienti per lo più dalla Francia e dalla Gran Bretagna. Il progetto finale è un califfato che si estenda lungo i confini meno controllati dell'Iraq e della Siria. Ma le forze irachene sanno tutto questo e sono pronte alla controffensiva totale. Dopo le zone curde riassicurate dai peshmerga locali, tocca ora ai governativi riprendere il controllo di Tikrit e Mosul. Raid aerei stanno preparando il terreno per le truppe di terra Compito tutt'altro che facile: ieri i fondamentalisti hanno provato a prendere il controllo di Tal Afar, nel nord, abitata soprattutto dalla minoranza turcomanna, lanciando razzi. A Bagdad un'autobomba ha causato 10 morti e 21 feriti. Un'escalation di attacchi suicidi, nella capitale, con obiettivo i quartieri sciiti vicini al premier o le forze di sicurezza Sul fronte diplomatico il segretario di Stato americano, John Kerry, ha parlato al telefono con il ministro degli Esteri di Bagdad, Hoshyar Zebari, ribadendogli che l'assistenza degli Stati Uniti «avrà successo solo se i leader iracheni vorranno mettere da parte le differenze e applicare un approccio coordinato per forgiare l'unità nazionale». Intanto l'ambasciata Usa di Bagdad rafforza le misure di sicurezza e fa andar via una parte dello staff. Al Cairo la Lega Araba si è riunita rifiutando di mischiarsi nelle questioni interne dell'Iraq e sottolineando il proprio rispetto per la sovranità e l'integrità territoriale del Paese. La penosa situazione è sotto lo sguardo attento di Papa Francesco. Ieri Bergoglio ha invitato i fedeli a unirsi alla preghiera per la cara nazione irachena, soprattutto per le vittime e per chi soffre maggiormente le conseguenze dell'accrescersi della violenza, in particolare per le molte persone, tra cui tanti cristiani, che hanno dovuto lasciare la propria casa. Al termine, Francesco ha lanciato un appello per un futuro di riconciliazione, chiedendo di recitare assieme a lui la preghiera dell'Ave Maria per il popolo iracheno. Immagini subito rimbalzate sulle tv irachene, dove l'attenzione del Papa cattolico di Roma stupisce e commuove in questo momento di grande difficoltà
Di seguito, l'intervento di Tony Blair:
Tony Blair
La guerra civile in Siria sta avendo il suo prevedibile e perverso effetto. L'Iraq corre ora un pericolo mortale. L'intero Medio Oriente è a rischio. E inevitabile che gli avvenimenti di Mosul portassero a 'parlare della decisione di destituire Saddam Hussein nel 2003. In parte dei commenti si sostiene che, se non fosse stato per quella decisione l'Iraq oggi non dovrebbe far fronte a questa sfida, oppure che il Medio Oriente oggi sarebbe in pace. Tre, quattro anni fa Al Qaeda in Iraq era una forza sconfitta. Sebbene la minaccia terroristica sia molto reale, il settarismo del governo Al Maliki ha soffocato un'opportunità concreta di dare vita a un Iraq coeso. Fra non molto si discuterà se il ritiro dei soldati statunitensi non sia avvenuto prima del dovuto. In ogni caso, una causa diretta dell'occupazione di Mosul è la situazione in Siria. L'operazione a Mosul è stata pianificata e organizzata da a]-Raqqa attraverso la frontiera con la Siria. I combattenti sono stati addestrati in Siria. . Ma supponiamo che nel 2003 si fosse lasciato Saddam a governare l'Iraq. E pensiamo al dopo primavere arabe del 2011: la reazione più probabile di Saddam sarebbe stata quella di aggrapparsi al potere. La verità è che l'intero Medio Oriente sta attraversando un'enorme, lacerante e protratta transizione. Dobbiamo liberarci dall'idea che siamo stati noi a provocarla. Non siamo stati noi. Tutto dipende da come si sono sviluppate queste società e dal fatto che l'islamismo è diventato il fulcro dell'opposizione all'oppressione. La destituzione del dittatore è solo l' inizio, non la fine della sfida. Non esiste una soluzione facile o indolore. Va bene, ma allora, se è cosi difficile, perché non starne fuori del tutto? Questa è l'attuale posizione dell'Occidente. La risposta è che i gruppi jihadisti non ci lasceranno mai stare. L'undici settembre c'è stato per un motivo. Quel motivo e l'ideologia che c'è dietro non sono spariti Se l'estremismo sarà sconfitto in Medio Oriente, alla fine sarà sconfitto in tutto il mondo, perché quella regione è la sua culla spirituale. Riguardo all'Iraq, il presidente Obama ha ragione a voler mettere sul tavolo tutte le opzioni, inclusi i raid aerei mirati. Gli elementi moderati dell'opposizione in Siria dovrebbero ricevere appoggio. E in coordinamento e accordo con i Paesi arabi andrebbero presi di mira i gruppi estrernisti. Per quanto sgradevole ciò possa sembrare, l'alternativa è molto peggiore. Dobbiamo unirci n coloro che nel mondo musulmano vogliono davvero combattere l'estremismo.