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Il Giornale - La Stampa Rassegna Stampa
16.06.2014 Il rapimento di Gilad, Eyal e Naftali
di Fiamma Nirenstein, Maurizio Molinari

Testata:Il Giornale - La Stampa
Autore: Fiamma Nirenstein - Maurizio Molinari
Titolo: «La disperazione di Israele: 'I tre ragazzi rapiti da Hamas' - Ragazzi rapiti, Israele incolpa Hamas»

Riprendiamo dal GIORNALE di oggi, 16/07/2014, a pag. 12, l'articolo di Fiamma Nirenstein dal titolo "La disperazione di Israele: 'I tre ragazzi rapiti da Hamas" e dalla STAMPA, a pag. 8, l'articolo di Maurizio Molinari dal titolo "Ragazzi rapiti, Israele incolpa Hamas".
Al rapimento dei tre adolescenti israeliani è dedicata la "Cartolina di Eurabia" di oggi, di Ugo Volli, che può essere letta al seguente link:

http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=115&sez=120&id=53805




In preghiera al muro del pianto per la liberazione dei tre ragazzi rapiti

Di seguito, gli articoli:

Il GIORNALE - Fiamma Nirenstein - La disperazione di Israele: 'I tre ragazzi rapiti da Hamas'


Fiamma Nirenstein

Rachel Frenkel esce dalla porta di casa nel villaggio di Nof Ayalon. Suo figlio Naftali, 16 an­ni, uno studente della scuola re­ligiosa Machor Chaim, è stato ra­pito mentre tornava a casa. So­no tre giorni che non se ne sa più niente, né di lui né del suo com­pagno di scuola Gilad Sha ’ar, an­che lui un sedicenne dalle guan­ce lisce, né di Eyal Yfrach, di 19 anni. Sono saliti su un’auto per avere un passaggio, nella notte. La polizia ha ricevuto una chia­mata forse da uno di loro, ma imper­donabilmente, si direbbe, ha avverti­to l’esercito solo di mattina. Rachel cerca di nascondere con un pò di make up i segni di pianto sul­la faccia, e parla per la prima volta ai giornalisti pian­tando­in faccia a tut­ti un sorriso invinci­bile, come sanno fa­re le persone che credono in una giustizia supe­riore: «Noi speriamo - ripete - vi inviteremo a gioire con noi per il ritorno di Naftali, noi e i suoi sei fratelli lo amiamo tanto, Naftali, ci senti? Le preghiere ci aiuteran­no, pregate, e grazie ai giornali­sti che ci aspettate sotto il sole, grazie, soldati che muovete ogni pietra, a tutta Israele che ci si stringe intorno...». Rachel sor­ride ancora, poi lei come le ma­dri degli altri due ragazzi ripone dentro casa l’ansia infinita. Vengono tutti i politici, a tur­no, Netanyhau aggiorna al tele­fono le famiglie: «Ora siamo sicu­ri che si tratta di Hamas». Si, ma in che stato sono i ragazzi, dopo tre giorni? Sul vortice di un Israe­le nel caos si leva l’enorme sen­so di s­olidarietà che stringe il pic­colo Paese insieme nei momen­ti di difficoltà. Una gran folla mi­sta, sia a Tel Aviv in piazza Rabin che al Muro del pianto a Gerusa­lemme, decine di migliaia di per­sone solidarizzano, pregano. Nei territori palestinesi, du­rante la notte, sono state ferma­te circa 100 persone, tutte di Ha­mas, anche notabili famosi co­me Hassan Yussuf. Abu Mazen ha appena stretto il suo patto per un governo con l’organizza­zione terrorista ed è in difficoltà: Israele ripete che la vera respon­sabilità va all’Autorità Palestine­se, che non ha mai condannato la violenza e i rapimenti per libe­rare i prigionieri, anzi, si è con­gratulata, e ha accolto con feste i palestinesi scambiati. Hamas, da parte sua, cerca il consenso sulla linea dura. Soliti parados­si: la moglie di Abu Mazen è rico­verat­a per cure a un ginocchio al­l’ospedale israeliano Assuta, e suo marito non condanna il rapi­mento. In più, il capo di Hamas, Ismail Hanije, non può dirgli niente perché anche sua figlia poco fa è stata curata in Israele. Verso Hebron, fra pietre e uli­vi forse da qualche parte sono prigionieri i ragazzini. Alla loro scuola non si studia, si piange, si parla, i maestri supplicano i ra­gazzi di non fare l’autostop. Ma alle «trampiade», i punti di rac­colta dove i ragazzi cercano pas­saggi, sono sempre affollati: una macchina si accosta, il ragazzo butta un’occhiata dentro,maga­ri i rapitori sono travestiti da ebrei religiosi, parlano ebraico. Monti, ti ritrovi una pistola pun­tata. Lo Shin Beth fruga in ogni in­formazione: qualche personag­gio non si vede da un paio di gior­ni, ha comprato cibo o oggetti in­consueti... Nel Gush Etzion, in gruppi sotto il sole i soldati calpe­stano sentieri di polvere nelle vallate, cercano nelle grotte, fru­gano Hevron, Dura, Yatta... Le radio e le tv restano in diretta, i commentatori impazzano, i cro­nisti fanno a gara. Ma i ragazzini non si trovano. L’accordo Abu Mazen-Ha­mas ha portato subito a una cre­scita del terrorismo: Hamas cer­ca il consenso che hai quando sai tirare fuori dalle carceri i pri­gionieri, la violenza e l’omicidio sono mezzi consueti. Negli ulti­mi 18 mesi più di 30 tentativi di rapimento sono stati bloccati. Ma tanti sono riusciti. Oltre ai più famosi (Shalit, Regev e Gold­wasser, Nachshon Wach­smann)  ricordiamo solo Ta­mar Hazan, 20 anni, un soldato attirato in un villaggio e ucciso, e Elyahu Osri, di sedici anni, rapi­to alla «trampiada» e ucciso. L’orologio ticchetta, arriva un’altra notte.

LA STAMPA - Maurizio Molinari - Ragazzi rapiti, Israele incolpa Hamas

 
Maurizio Molinari Benjamyn Netanyahu

Benjamin Netanyahu punta l’indice contro Hamas per il sequestro dei tre ragazzi israeliani, dando luce verde a una vasta operazione militare.
L’obiettivo è fare terra bruciata attorno ai rapitori nel tentativo di spingerli a liberarsi degli ostaggi.
«I responsabili di questo atto terroristico appartengono a Hamas - ha detto il premier israeliano durante una riunione del governo - la stessa Hamas con cui Abu Mazen ha creato un governo di unità nazionale, vi saranno serie ripercussioni». Quelle più immediate sono sul fronte militare: Israele ha chiuso l’area di Hebron, da dove si presume che i rapitori siano partiti, arrestandovi circa 80 membri di Hamas e della Jihad Islamica, e al contempo ha chiuso i varchi con Gaza e impedito ai residenti arabi di Hebron di attraversare i confini con la Giordania. Sono misure che svelano la convinzione dell’intelligence militare che la cellula dei rapitori possa essere ancora nella regione di Hebron, dove lo schieramento di forze israeliane è in aumento, sostenuto dal richiamo di alcune centinaia di riservisti come dall’impiego di palloni aerostatici e droni per il monitoraggio di ogni tipo di comunicazioni. E ieri sera - riferiscono fonti palestinesi - una casa ad Hebron è stata attaccata con missili anticarro.
Fra gli arrestati a Hebron vi sono molti leader politici di Hamas, sospettati di essere a conoscenza della cellula che ha messo a segno il blitz. «I terroristi palestinesi non saranno mai sicuri, non avranno un luogo dove nascondersi e sentiranno la mano pesante delle nostre forze armate» promette Peter Lerner, portavoce dell’esercito. Ad avvalorare la tesi che il rapimento di Eyal Yifrah, 19 anni, Gil-Ad Shaer e Naftali Frenkel, entrambi 16 anni, abbia la matrice di Hamas è il Segretario di Stato americano, John Kerry, riferendosi ad «alcuni elementi raccolti» e ricordando come l’organizzazione fondamentalista è «un gruppo terrorista che ha usato in passato l’arma dei sequestri». Uno dei rapiti ha anche la cittadinanza americana e ciò aumenta l’attenzione del Congresso Usa per la vicenda. Il sostegno di Washington nell’indicare in Hamas i possibili responsabili rafforza la posizione di Netanyahu che, nella notte fra sabato e domenica, ha autorizzato una dozzina di attacchi mirati a Gaza contro «obiettivi terroristi» e potrebbe intensificare tali operazioni. Da Gaza Sami Abu Zhuri, alto funzionario di Hamas, definisce «ridicole» le accuse israeliane ma proprio Hamas subito dopo il rapimento ha inviato ai media un messaggio plaudendo al «successo degli eroi autori del sequestro».
Sul fronte politico, Netanyahu appare intenzionato a sfruttare la crisi per mettere nell’angolo Abu Mazen, presidente dell’Autorità palestinese, a cui fa due rimproveri: «I sequestratori hanno colpito partendo dai vostri territori» e l’«accordo di governo con Hamas ha rafforzato i terroristi». Ehab Bseiso, portavoce palestinese, ribatte: «Non ci possono imputare un sequestro avvenuto nelle aree della West Bank controllate da loro». E Hanan Ashrawi, consigliere di Abu Mazen, sottolinea «l’assenza di prove a carico di Hamas». A dispetto di tali tensioni la moglie di Abu Mazen, Amina, è stata operata in un’ospedale privato di Tel Aviv.
Intanto, in Israele infuria la polemica sulla polizia. Uno dei ragazzi, pochi attimi dopo la cattura nelle notte di giovedì, chiamò infatti il numero di emergenza dicendo «ci hanno rapito» ma la polizia tardò a informare l’esercito, perdendo tempo prezioso che avrebbe potuto consentire di intercettare l’auto. E il comandante Yohanan Danino è tornato solo ieri da New York - dove era per una conferenza - dimostrando quella che i media locali definiscono «carente comprensione dell’entità della crisi». Una folla di migliaia di persone si è riunita nella notte davanti al Muro del Pianto, pregando per la liberazione dei tre ragazzi.

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