Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 15/06/2014, a pag. 12-13, con il titolo "Kirkuk, petrolio e resistenza. Con i jihadisti uomini di Saddam", il reportage di Lorenzo Cremonesi.
Lorenzo Cremonesi NajmaldinKarim
DAI. NOSTRO INVIATO
KIRKUK — Nuvole di fumo anneriscono l'orizzonte tutto attorno la città. Ma sono molto diverse da quelle che segnavano gli incendi lasciati dai combattimenti visti due giorni fa a MosuL Queste dí Kirkuk non sono nuvole di guerra. Confermano piuttosto che le raffinerie e i pozzi petroliferi dell'intera zona funzionano normalmente. Come se nulla fosse, come se l'attacco frontale delle milizie estremiste islamiche contro i centri di potere del premier sciita Nouri al Maliki non avesse neppure scalfito il bacino storico dell'oro nero iracheno scoperto dagli inglesi un secolo fa. Le osserviamo dal balcone di una casa tristemente famosa. «Qui abitava Ali Hassan al Majid, meglio noto come Ali il Chimico. Era il cugino e braccio destro di Saddam Hussein e in queste stanze pianificò il massacro dei curdi negli anni Ottanta. Ho scelto di viverci anche per non dimenticare che dobbiamo essere sempre all'erta, mai abbassare le armi. Specie ora, che il vecchio regime baathista sta tornando alla ribalta, più forte e minaccioso di prima», spiega Najmaldin Karim, il governatore 65enne di Kirkuk. Con lui e i suoi peshmerga (i L'alleanza tra i baathisti e gli estremisti è a tem :presto ci saranno contrasti combattenti curdi) abbiamo trascorso la mattinata di ieri per cercare di comprendere come è potuto avvenire che questo centro vitale per l'economia irachena, posto a 300 chilometri da Bagdad e a un'ottantina da Erbil, sei giorni fa sia passato sotto il controllo della zona indipendente curda soltanto dopo piccole scaramucce armate. Prima di fare un lungo giro per la città, il governatore tiene a spiegare i motivi dello strabiliante successo delle milizie degli estremisti sunniti: «Non si deve credere alla propaganda che sempre distorce le cronache delle situazioni di guerra. Non ci sono solo gli estremisti dello Stato Islamico dell'Iraq e del Levante a combattere. Loro sono fumo negli occhi, piccole avanguardie fanatiche, temprate dal conflitto in Siria e pronte a morire in nome dell'utopia folle del nuovo Califfato wahabita. Ma alle loro spalle stanno forze molto più solide, molto più temibili. Sono i vecchi baathisti, i quadri del governo e dell'esercito di Saddam Hussein riusciti a sopravvivere in clandestinità dopo l'invasione americana del 2003. Negli ultimi tre anni si sono riorganizzati, finanziati, armati. E ora mirano alla presa di Bagdad». Najmaldin Karim è un intellettuale di spessore. Ex peshmerga nato a Kirkuk, negli anni Ottanta divenne un chirurgo di fama internazionale a Washington, poi fu consigliere dei massimi leader curdi e infine deputato al Parlamento di Bagdad nel 2010. Oggi è uno dei dirigenti più importanti del nuovo Kurdistan. Le sue parole riflettono ciò che sta emergendo con forza nelle ultime ore. I baathisti tornano alla ribalta. A Mosul, al fianco dei simboli dell'Islam radicale, appendono le foto di Saddam Hussein: una specie di vendetta postuma del dittatore impiccato a Bagdad il 30 dicembre 2006. Li sostengono adesso alcuni dei massimi capi tribali sunniti nelle regioni di Al An-bar, Diyala e Ninive. Questi nel passato erano stati pronti a collaborare con gli americani per cercare di battere i gruppi qaedisti e ripristinare l'autorità centrale. Sono abituati ad amministrare il Paese, la loro tradizione statuale risale al periodo ottomano e al colonialismo inglese, dal 1970 al 2003 hanno avuto il monopolio dello Stato. Ma poi Maliki li ha rifiutati, relegati all'opposizione. «Adesso i sunniti hanno trovato la forza di mettere assieme una formidabile milizia in grado di minacciare il governo di Bagdad. Non escludo però che ben presto possano sorgere gravissime divergenze tra i baathisti e quegli stessi estremisti che ora utilizzano come avanguardie. Ma vinceranno i baathisti. E allora noi curdi dovremo difenderci, perché loro cercheranno di riprendere Kirkuk e addirittura smantellare l'intera regione autonoma del Nord», aggiunge Karim. Una conferma alle sue affermazioni arriva dalla provincia di Diyala, dove sembra che ieri un raid dell'aviazione di Maliki abbia causato la morte di una cinquantina di baathisti, tra questi sarebbe anche il figlio di Ezzat Ibrahim al Duri, uomo di punta nel regime di Saddam. A Kirkuk ci si prepara al peggio. I comandi peshmerga hanno inviato due brigate, 6 mila combattenti in tutto, a rafforzare le difese. Per lo più sono posizionati lungo una trincea larga tre metri e profonda due, che circonda per 58 chilometri le periferie della città. Venne scavata un anno fa. E la sua storia aiuta a capire i fatti degli ultimi giorni. «Va ricordato che qui abita un milione di persone, il 75 per cento curdi, anche se Saddam cercò di arabizzarla con spostamenti forzati di popolazione. Maliki voleva aumentare il controllo dei giacimenti petroliferi, che al momento producono 200 mila barili di greggio al giorno. I tecnici della British Petroleum mirano ad aumentare l'efficienza estrattiva a oltre 600 mila. Cosi due anni fa Maliki inviò le Tigris, le sue teste di cuoio migliori. II problema è che sono per lo più militari sciiti che non hanno alcun rispetto per chi è diverso da loro. Quando la popolazione ha cominciato a contestarli, hanno reagito sparando e uccidendo. Nell'aprile 2013 noi peshmerga abbiamo scacciato le Tigris da Kirkuk», ricorda Karim. Così è avvenuto che, quando gli estremisti sunniti una settimana fa hanno cominciato a circondare la città, le poche unità dell'esercito rimaste hanno semplicemente gettato uniformi e armi per scappare verso Sud. E i curdi hanno consolidato il loro controllo senza problemi. La 500 mila le persone fuggite da Mosul dopo I offensiva dei jihadisti 2 mila i miliziani iraniani controllati dai pasdalan presenti in Iraq trincea costituisce adesso il nuovo confine. Ma non sembra che per il momento le milizie sunnite intendano attaccarli. La loro offensiva resta mirata alla capitale. Le cronache delle ultime ore sembrano segnalare però un momento di stallo. MahId sta reclutando nuovi uomini in tutto il Sud sciita A Bagdad i volontari sono in coda alle caserme. La sua aviazione è entrata in azione su Mosul, Tikrit e sulla regione di Falluja. Ieri il premier si è recato a Samarra, la città un centinaio di chilometri a Nord della capitale dove i suoi uomini hanno frapposto una valida resistenza ai sunniti, per incitare a riprendere l'iniziativa e dirsi «certo» della vittoria. Anche dall'Iran stanno arrivando aiuti in forma di pasdaran (le brigate volontarie) e armi. E ieri il presidente Rouhani non ha escluso di poter collaborare con Washington «se l'America interverrà contro i gruppi terroristi in Iraq o altrove». In nome della lotta al terrorismo i due arcinemici potrebbero avvicinarsi.
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