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Il Giornale Rassegna Stampa
07.06.2014 L'America celebra lo sbarco di 70 anni fa. Ma oggi lo rifarebbe ?
Commento di Fiamma Nirenstein

Testata: Il Giornale
Data: 07 giugno 2014
Pagina: 15
Autore: Fiamma Nirenstein
Titolo: «L'America celebra lo sbarco di 70 anni fa. Ma oggi lo rifarebbe ?»

Tutti i giornali pubblicano oggi, 07/06/2014, cronache, analisi, dello sbarco in Normandia. L'unica domanda pertinente la posta però Fiamma Nirenstein, sul GIORNALE a pag.15, con il titolo "L'America celebra lo sbarco di 70 anni fa. Ma oggi lo rifarebbe ?". Complimenti.


Fiamma Nirenstein

Ecco il pezzo:

A Colleville sur Mer Oba­ma ha optato, nell'arrin­ga ai leader del mondo, per un profilo convenzionale e piuttosto scontato. Il discorso in cui ha ricordato il sacrosanto, decisivo intervento degli ameri­cani contro il nazifascismo avrebbe potuto avere almeno un sentore politico, un tono im­positivo in tempi oscuri di pre­potenze antidemocratiche. La memoria dei 9387 soldati ameri­cani uccisi sulle spiagge france­si, mentre si avventuravano ver­so la maggiore invasione di tutti i tempi, avrebbe potuto impor­re un momento di verità alla confusissima comunità di pri­mi ministri assiepati in Norman­dia. Putin avrebbe potuto, dovu­to sentire almeno per un mo­mento la presa americana sul mondo, ora che, dopo che gli era stato precluso il G8 divenuto G7, aveva tranquilli appunta­menti individuali con Hollan­de, Cameron, Merkel. Sì, Oba­ma non gli aveva dato un appun­tamento, ma, guarda caso, poi i due hanno avuto una conversa­zione faccia a faccia. Il discorso di Obama ha avuto lo stesso se­gno di doppio messaggio che ha ormai ogni sua mossa, come il discorso di West Point, come l'intervento in Polonia: siamo forti, ma la mia strategia rifiuta ogni intervento in cui si debba­no posare scarpe chiodate a ter­ra. Non crediamo in nessuna so­luzione militare. Dunque, la Normandia è un pezzo vintage su cui condividere magnifici ri­cordi con i veterani, quei cari vecchi coraggiosi. Il presidente ha ricordato commosso il sacri­ficio dei soldati americani: «Questi uomini hanno fatto la guerra perchè potessimo avere pace, si sono sacrificati per dar­ci la libertà, hanno combattuto nella speranza che un giorno non ci sia più bisogno di combat­tere, gli siamo grati». Ovvero: questi uomini, ha detto fra le ri­ghe Obama, sono morti per la pace. La mia pace. Obama ha ri­badito anche in Normandia il suo credo fondamentale: la mia politica è bandire la guerra. Rea­gan (lo riporta Ricky Moran su American Thinker ) durante la stessa visita nel 1984 diceva: «Voi sapete che ci sono cose per cui vale la pena di morire: il pro­prio Paese, la democrazia... per essa si può morire perchè è la for­ma più onorevole che l'uomo abbia individuato». E anche: «C'è una profonda differenza morale fra le forze di conquista e quelle di liberazione. Eravate qui per liberare, non per conqui­stare, e quindi non dubitavate della vostra causa. E avevate ra­gione a non dubitare».
Invece il discorso di Obama già nell'impostazione è pieno di doppi significati, così come il collegamento che ha fatto con «le forze militari del dopo 9/11, che risposero a una chiamata, dissero io andrò, e hanno deci­so di servire una causa più gran­de di loro... e hanno resistito per un decennio». Ma queste forze partirebbero di nuovo «per libe­rare »? Obama ha detto che non può esserci «più potente segno dell'impegno dell'America alla libertà umana che la vista, onda dopo onda, dei giovani uomini che sbarcavano per liberare gen­te che non avevano mai visto». Ma è molto difficile crederlo: Obama ha appena annunciato, ignorando il terrorismo micidia­le in Iraq, che entro il 2016 tutte le forze americane saranno sgomberate dall'Afghanistan; ha ignorato la richiesta georgia­na, ignora quella ucraina, gioca con quella siriana, svicola di fronte al jihadismo che ha inva­so il mondo. Non ci aspettiamo di vedere altre barche cariche di eroi all'orizzonte, liberi tutti.


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