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Corriere della Sera - La Repubblica - Il Giorno - L'Unità - Il Manifesto Rassegna Stampa
06.06.2014 Israele dà il via libera a 3.300 nuove abitazioni. Usa e Ue condannano, mentre tacciono sul governo terrorista Fatah-Hamas
Rassegna delle cronache sui quotidiani, il commento di Fiamma Nirenstein

Testata:Corriere della Sera - La Repubblica - Il Giorno - L'Unità - Il Manifesto
Autore: Davide Frattini - la redazione - Michele Giorgio
Titolo: «Colonie in arrivo, il solco che divide America e Israele - Coloni, via libera a 3.300 nuove case. Rabbia palestinese - Israele sfida gli Usa: tremila case per i coloni - Israele dice sì a nuove colonie, l'Anp si appella all'Onu - La ritorsione di Israele.»

Sulla decisione di Israele di aurtorizzare la costruzione di nuove abitazioni pubblichiamo il commento di Fiamma Nirenstein uscito sulla sua pagina Facebook, che condividiamo a pieno:
Seguono le cronache, precedute da un nostro commento.


A destra, l'accordo tra Fatah e Hamas per la formazione di un governo unitario


Benjamyn Netanyahu

E' semplicemente pazzesco che gli USA e l'Europa si affrettino ad accettare un governo palestinese di cui fa parte l'organizzazione terrorista Hamas, colpevole dell'eccidio di migliaia di innocenti sugli autobus e nei caffè e che certamente impedirà ogni processo di pace, e protestino invece con tutte le loro forze contro qualche costruzione che Israele per ora non ha nemmeno intrapreso, e chi sa se le farà mai. Beh, del resto questo è il mondo che accetta senza pigolare che Assad, colpevole dell'assassinio di decine di migliaia di persone, venga eletto (!!!) presidente della Siria. E' l'era dei diritti umani, l'era di Obama, l'era del terrorismo impunito.


Fiamma Nirenstein

Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 06/06/2014, a pagg. 16-17 l'articolo di Davide Frattini dal titolo "Colonie in arrivo, il solco che divide America e Israele", da REPUBBLICA, a pag. 23, l'articolo dal titolo "Coloni, via libera a 3.300 nuove case. Rabbia palestinese. " , dal GIORNO, a pag. 22, l'articolo dal titolo
  " Israele sfida gli Usa: tremila case per i coloni ", dall' UNITA', a pag. 9  l'articolo dal titolo "Israele dice sì a nuove colonie, l'Anp si appella all'Onu", dal MANIFESTO  a pag. 7,  l'articolo di Michele Giorgio dal titolo "La ritorsione di Israele. Tremila nuove colonie".
Rileviamo che due titoli, quello del CORRIERE e quello del MANIFESTO  confondono la costruzione di nuove case in insediamenti già esistenti e a Gerusalemme  - che è ciò che il governo israeliano ha decisio - con la costruzione di nuove "colonie". La natura terroristica del governo Fatah- Hamas non è presentata da nessun articolo come un fatto oggettivo, ma come una tesi del governo israeliano, a dispetto del fatto che Hamas è considerata un organizzazione terroristica da Stati Uniti ed Europa, è di fatto  responsabile di stragi, lanci di razzi, sequestri, attentati e ha dichiarato di non avere nessuna intenzione di rinunciare alla violenza. Il breve articolo pubblicato da REPUBBLICA si distingue perchè cita soltanto l'opposizione di Israele al governo Fatah-Hamas, ma non la sua motivazione, riportando invece diffusamente le dichiarazioni di un consigliere di Abu Mazen che definisce Netanyahu "un bugiardo".  L'UNITA' definisce "radicali" i membri del gruppo islamista, mentre per Michele Giorgio, sul MANIFESTO il pericoloso estremista  è Netanyahu. IL GIORNO si distingue per l'occhiello : "«Sono degli estremisti» Un ministro di Tel Aviv ha definito così il nuovo esecutivo della Palestina". Il ministro, Uri Ariel, è di Gerusalemme e non di Tel Aviv, è ha definito "terroristi" e non "estremisti" i membri di Hamas.
Soltanto Davide Frattini sul CORRIERE riporta la notizia dell'insorgere dei primi contrasti all'interno del governo Fatah-Hamas, appena costituito.

Di seguito, gli articoli:


Attività edilizia in un insediamento

MK Uri Ariel from the Israeli National Union party (photo credit: Abir Sultan/Flash 90)
Uri  Ariel, ministro israeliano dell'Edilizia

CORRIERE della SERA - Davide Frattini - Colonie in arrivo, il solco che divide America e Israele


Davide Frattini

I Rolling Stones hanno deciso di suonare a Tel Aviv mercoledì sera senza cedere alle pressioni di Roger Waters, tra i fondatori dei Pink Floyd, che aveva chiesto a Mick Jagger e compagni di boicottare Israele. La diplomazia del rock non basta, i decibel del concerto sono già sovrastati dalle reazioni dei palestinesi, degli europei e degli americani agli annunci del governo di Benjamin Netanyahu: 3.300 abitazioni in più da costruire nelle colonie, tra progetti approvati in passato (sospesi per qualche mese) e nuovi piani edilizi. L'Unione Europea lascia capire nella risposta ufficiale che le sanzioni — rinviate su richiesta degli Stati Uniti durante i negoziati ormai in bancarotta — potrebbero a questo punto essere approvate: etichette obbligatorie sui prodotti che vengono esportati dagli insediamenti, avvertimenti alle aziende di evitare contratti con società israeliane basate nei territori occupati. L'espansione nelle colonie è la rappresaglia di Netanyahu alla nascita della coalizione di unità nazionale palestinese. Per Uri Ariel, ministro dell'Edilizia, si tratta di un «governo terrorista»: «Se Israele prende una gomitata in faccia, deve reagire». Il premier è rimasto indispettito dalla scelta americana di mantenere i contatti con Abu Mazen. John Kerry, il segretario di Stato, e Dan Shapiro, l'ambasciatore a Tel Aviv, hanno spiegato che Washington ha verificato nome per nome i nuovi ministri: «Tecnocrati», né di Fatah (il partito del presidente) né di Hamas. Cosi l'embargo applicato al movimento fondamentalista, nella lista nera del Dipartimento di Stato, non si estende al leader della Muqata. Che minaccia di portare la questione delle colonie alla Corte internazionale dell'Aia La concordia tra le due fazioni palestinesi peraltro vacilla già dopo pochi giorni. Hamas pretende che adesso Ramallah paghi gli stipendi ai 40 mila impiegati pubblici ingaggiati dal gruppo nei sette anni di dominio a Gaza. Abu Mazen vuole prima controllare chi siano e che cosa facciano. Anche per non rischiare di pagare i miliziani delle Brigate Al Aqsa, inquadrati come forze di sicurezza, e far cambiare idea agli americani.

LA REPUBBLICA
- la redazione - Coloni, via libera a 3.300 nuove case. Rabbia palestinese



GERUSALEMME. Israele ha annunciato il via libera alla costruzione di altre 3.300 case per coloni. Il primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, ha dato l'ok a 1.800 nuove unità abitative la cui costruzione nei territori palestinesi occupati era stata congelata negli ultimi tre mesi, mentre qualche ora prima il ministero degli Insediamenti aveva pubblicato 1.500 nuove gare per la realizzazione di unità abitative in Cisgiordania e a Gerusalemme est, decisione definita dal ministro Uri Ariel una risposta al varo del nuovo governo di unità nazionale palestinese, frutto dell'accordo tra le fazioni di Fatah e Hamas. Secca la replica palestinese: -il nuovo governo ha chiesto a Washington di prendere seri provvedimenti contro Israele, ha dichiarato Nimr Hammad, consigliere del presidente Abu Mazen. «Inoltre — ha poi aggiunto —condanniamo fortemente questa decisone che in pratica afferma che Netanyahu è solo un bugiardo, non interessato a una soluzione a due Stati» 

Il GIORNO - Israele sfida gli Usa: tremila case per i coloni



TEL AVIV Oltre 3.000 nuove case per i coloni in Cisgiordania e a Gerusalemme est: Israele ha scelto la linea dura, nel segno della continuità delle politiche di espansione degli insediamenti nei Territori, per rispondere alla nascita del governo di unità nazionale palestinese, appoggiato da Fatah e Hamas, con la benedizione della comunità internazionale. Una mossa, quella di Benyamin Netanyahu, alla quale si sono subito opposti gli Usa e la Ue, sollecitando un ripensamento, ma soprattutto la leadership palestinese. Che ha contrattaccato, annunciando un ricorso formale all'Onu. «Quest'azione — ha detto l'ex negoziatrice Hanan Ashrawi, del comitato esecutivo dell'Olp — è il mezzo necessario per porre un freno a queste gravi violazioni e mettere Israele davanti alle proprie responsabilità». Saeb Erekat ha poi rincarato la dose invocando dalla comunità internazionale che bandisca tutti «i prodotti delle colonie e non finanzi le imprese coinvolte direttamente o indirettamente nell'occupazione israeliana». Nel braccio di ferro tra le parti, seguito allo stallo dei colloqui di pace mediati da Washington e al loro abbandono da parte del governo Netanyahu dopo la riconciliazione tra le due fazioni rivali palestinesi osteggiata da Israele, la situazione — secondo molti osservatori —sembra ormai in un vicolo cieco. Ieri mattina il ministro dell'edilizia Uri Ariel, esponente della destra nazionalista religiosa di Focolare ebraico, ha dato il via ai bandi per la costruzione di 1.500 alloggi (1100 in Cisgiordania e 400 a Gerusalemme est). presentando il progetto come «una risposta appropriata e sionista» a quello che ha definito «il governo palestinese terrorista».

L' UNITA' - Israele dice sì a nuove colonie, l'Anp si appella all'Onu 



Il ministro per l'Edilizia israeliano Uri Ariel ha indetto ieri nuove gare d'appalto per circa 1500 abitazioni destinate ai coloni. Le gare d'appalto prevedono la costruzione di 900 unità abitative in Cisgiordania e circa 560 a Gerusalemme Est. Le gare d'appalto rappresentano in pratica l'approvazione finale del governo per il progetto. «È una risposta sionista appropriata al governo di terrore palestinese», sottolinea Ariel in riferimento al nuovo governo di coalizione guidato dal premier Rami Hamdallah in collaborazione con i radicali di Hamas. «ll diritto e il dovere dello stato di Israele di costruire sul suo territorio sono indiscutibili e credo che questi nuovi appalti siano solo l'inizio», ha poi ribadito. Detto e fatto.
Ruspe in azione. Il governo israeliano ha ordinato all'amministrazione di sbloccare un progetto per la costruzione di 1.800 alloggi extra nelle colonie, solo alcune ore dopo aver annunciato una gara di appalto per l'edificazione di 1.500 nuove case. Lo ha riferito un responsabile israeliano all'Afp. «L'amministrazione civile ha ricevuto l'ordine di far avanzare» un progetto di 1.800 alloggi extra in Cisgiordania, ha precisato il responsabile in condizione di anonimato. Secondo dei media israeliani, il progetto era stato congelato tre mesi fa dal governo. Ma non tutti nell'esecutivo guidato da Benjamin Netanyahu sono d'accordo con la decisione assunta. L'annuncio da parte di Israele della costruzione di 1.500 nuove case in insediamenti nei territori occupati è «un errore politico che farà soltanto allontanare lo Stato ebraico dalla capacità di mettere il mondo contro Hamas», commenta la ministra della Giustizia israeliana, Tzipi Livni, la quale aveva ricoperto l'incarico di capo negoziatore dello Stato ebraico nell'ultima serie di colloqui di pace con i palestinesi, terminati ad aprile. Intanto l'ambasciatore degli Stati Uniti in Israele, Dan Shapiro, ha ribadito in un'intervista alla radio dell'esercito che Washington è contraria al piano di costruzioni nei territori occupati. Una condanna è arrivata anche da Lior Amichai dell'ong israeliana Peace Now, secondo il quale l'annuncio «dimostra che il governo si sta muovendo verso una soluzione a uno Stato». Immediata la reazione palestinese. L'Olp si è rivolta al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite in merito alla decisione di Israele di dare il via a nuove gare d'appalto per la costruzione di 1500 case per i coloni. «La commissione esecutiva dell'Olp sta guardando questa nuova escalation con grande preoccupazione», dichiara Hanan Ashrawi. «Abbiamo inteso contrastare questa decisione appellandoci sia al Consiglio di sicurezza sia all'Assemblea generale dell'Onu, come via migliore per frenare questa grave violazione», ha poi aggiunto. Nel frattempo fonti riservate vicine al nuovo governo unitario  hanno riferito che «la dirigenza palestinese sta valutando seriamente l'ipotesi di adire le Corti internazionali contro le attività di costruzione negli insediamenti»: un'opzione resa possibile dall'ottenimento dello status di osservatore al Palazzo di Vetro da parte dell'Autorità Nazionale Palestinese, in occasione della penultima sessione ordinaria dell'Assemblea, nel settembre 2012 a New York. « E' tempo che Israele sia chiamata a rispondere davanti agli organismi internazionali e sulla base del diritto internazionale», rimarca Saeb Erekat, l'esperto capo negoziatore dell'Anp. «Chi teme le Corti internazionali», aggiunge Erekat, «deve porre fine ai propri crimini di guerra a danno del popolo palestinese, il primo e principale tra i quali sono proprio gli insediamenti»

IL MANIFESTO -   Michele Giorgio - La ritorsione di Israele. Tremila nuove colonie 


Michele Giorgio


GERUSALEMME Chi si affannava a descrivere Benyamin Netanyahu come un "moderato" prigioniero dell'ultradestra, in particolare del partito Casa Ebraica, è stato definitivamente smentito. Mai come in questi ultimi giorni l'alleanza tra il premier israeliano e "Casa ebraica" si sta dimostrando ideologica e non solo tattica, non legata alla sopravvivenza del governo. Netanyahu e gli ultranazionalisti hanno attuato nelle ultime ore una ritorsione congiunta contro il nuovo governo palestinese di unità nazionale sostenuto dal partito Fatah e dal movimento islamico Hamas. Tra mercoledì e giovedì il ministro dell'edilizia Uri Ariel ha reso noto il bando per la costruzione di 1.100 appartamenti per coloni in Cisgiordania e 400 a Gerusalemme Est. Qualche ora dopo Netanyahu ha scongelato progetti per la costruzione di altri 1.800 alloggi. Ariel ha descritto la nuova colata di cemento come la «giusta risposta sionista alla formazione del governo palestinese del terrore». I palestinesi non sono rimasti a guardare: «il governo israeliano celebra 47 anni di occupazione e di crimini di guerra con l'approvazione di migliaia di nuove abitazioni nello Stato di Palestina», ha avvertito il caponegoziatore dell'Olp Saeb Erekat. In casa palestinese si teme che Netanyahu stia preparando l'annessione unilaterale di almeno una parte dei Territori occupati e il trasferimento forzato di popolazione. Erekat perciò propone di bandire i prodotti delle colonie e di non finanziare le imprese coinvolte nell'occupazione israeliana. Hanan Ashrawi, storica portavoce palestinese, guarda all'Onu. L' 0lp, ha annunciato, ricorrerà al Consiglio di sicurezza e all'Assemblea generale contro l'intenzione di Israele di costruire altre migliaia di case per coloni. «Quest'azione - ha spiegato Ashrawi - è il mezzo necessario per porre un freno a queste gravi violazioni e mettere Israele davanti alle proprie responsabilità». I vertici palestinesi tuttavia non fanno riferimento all'adesione dello Stato di Palestina alle corti internazionali, la strada più semplice per denunciare l' occupazione. Restano in attesa di capire cosa accadrà sul terreno nel prossimo periodo e se gli Usa confermeranno le posizioni di questi giorni. L'annuncio della costruzione di altre migliaia di nuove case è anche una reazione israeliana alla decisione degli Stati Uniti di riconoscere, persino prima di Europa e Onu, il governo formato dal premier dell'Anp Hamdallah su incarico del presidente Abu Mazen. E Washington non ha fatto attendere la sua replica. Gli Stati Uniti si oppongono alla costruzione di nuove case nelle colonie, ha detto ieri l'ambasciatore americano a Tel Aviv, Dan Shapiro: «Ci opponiamo alla costruzione nelle colonie e a questo tipo di annunci. E questo - ha spiegato riferendosi a quanto comunicato dal ministro Ariel - sarebbe accaduto con o senza il consenso sul nuovo governo palestinese». In realtà gli Stati Uniti non si oppongono alla colonizzazione, la condannano a parole e poi non fanno nulla per fermarla. Contro l'offensiva di dichiarazioni anti-Usa e la forte ripresa della colonizzazione si è schierata, sebbene da destra, la negoziatrice e ministro della Giustizia Tzipi Livni. «E' un errore diplomatico - ha avvertito - che ci renderà più difficile mobilitare la comunità internazionale contro Hamas». Secondo Livni il partito "Casa ebraica" di cui fa parte il ministro Ariel, ha preso un'iniziativa «punitiva per gli stessi cittadini di Israele». Ma Netanyahu va avanti come un ariete e ora guarda alla "preghiera per la pace" organizzata per domenica sera a Roma da papa Francesco con il presidente palestinese Abu Mazen e il capo dello stato uscente di Israele Shimon Peres. Il governo Netanyahu ieri è stato impegnato in consultazioni sull'invito di Bergoglio che a fine maggio ha visitato la Terra Santa. Il quotidiano Maariv ha riferito dell'incertezza che regna nell'esecutivo sull'opportunità di un incontro di Peres con Abu Mazen. Netanyahu con ogni probabilità preferisce l'annullamento di un evento dal quale è stato escluso e che potrebbe concludersi con ulteriori riconoscimenti per il presidente palestinese. Ma non può fermarlo, un 'forfait' metterebbe Israele in cattiva luce.

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