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Corriere della Sera Rassegna Stampa
04.06.2014 Vittoria annunciata di Assad alle elezioni in Siria
Cronaca di Viviana Mazza, commento di Franco Venturini

Testata: Corriere della Sera
Data: 04 giugno 2014
Pagina: 12
Autore: Viviana Mazza - Franco Venturini
Titolo: «Il voto della Siria in guerra. «Una farsa» - In quel calvario il declino dell'Occidente»

Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 04/06/2014, a pag.12, la cronaca di Viviana Mazza dal titolo "Il voto della Siria in guerra. «Una farsa» " e a pagg. 1-12 il commento di Franco Venturini dal titolo  "In quel calvario il declino dell'Occidente".


Bashar e Asma Assad al seggio elettorale

L'articolo di Viviana Mazza:


Viviana Mazza

DAMASCO — Nella Città Vecchia, quasi nessuno ieri votava in segreto dietro la tenda bianca: gli elettori preferivano mettere apertamente la «x» sotto la foto di Bashar. Un'anziana signora s'è punta il dito con uno spillo, poi col sangue ha segnato sulla scheda la sua fedeltà al presidente, e infine ha strappato le immagini degli altri due candidati, Maher Hajjar e Hassan al-Noun, ignorando le proteste della presidente del seggio. Scene da un'elezione che i critici hanno definito una farsa. Ma molti damasceni sono andati davvero alle urne per garantire ad Assad un terzo mandato di sette anni. Alcuni seggi erano affollati: tre file si snodavano in strada davanti al sindacato dei lavoratori tra danze e bandiere svolazzanti, in un'atmosfera da festa patronale. Così pure alla scuola vicino al Palazzo Presidenziale, dove si sono presentati Bashar e la moglie Asma, oppure al ministero dell'Informazione, e ancora al confine col Libano, dove sono arrivate decine di migliaia di profughi (che però sono solo una frazione del totale di tre milioni). In altri quartieri l'affluenza era più ridotta In quello prevalentemente sunnita di Barzeh, dove diversi palazzoni anneriti e distrutti testimoniano gli scontri dei mesi passati conclusi solo di recente da un accordo di riconciliazione tra governo e ribelli, si votava sotto il rombo dei Mig diretti a Sud per bombardare i quartieri ancora in mano ai ribelli. In fila al seggio, una ventina di persone: tutte definivano il voto come la soluzione per uscire dalla crisi. Invece, Maher Mounnes, giornalista radiofonico di 26 anni, che a Barzeh abitava ma nonostante la riconciliazione non può tornarci («Verrei ucciso perché sono sciita»), racconta di non aver votato: «E' un'elezione falsa». «Sarà falsa  —  replica la sua amica Zahra mostrando il dito blu con l'inchiostro elettorale  —  ma io l'ho fatto lo stesso, per dar noia ai nostri nemici: l'America e Israele». Così una parte del popolo siriano ieri ha parlato, mentre nell'altra Siria, dove si combatte ancora, non si è votato affatto. Dalla periferia di Damasco in mano ai ribelli giungevano colpi di mortaio su tutta la città. Diversi sono piombati, preceduti da un sibilo, sul quartiere cristiano di Kassaa, dove questa è ormai un'evenienza quasi normale come la pioggia, ma ieri era più intensa del solito. Molti degli abitanti se lo aspettavano, per via delle minacce di alcuni gruppi ribelli contro le elezioni, e perciò non sono andati al lavoro né a scuola. Sono sgusciati fuori nelle strade semideserte, però, per andare comunque alle urne, come Philip Hefteh: «Anche al-Nouri sceglierà Assad», dice scherzando (ma non troppo). Lo sfidante di Bashar (imprenditore ed ex deputato che per entrare in lizza ha ricevuto l'approvazione del Parlamento dominato dal partito al potere) non ha risparmiato gli elogi al presidente, suggerendo che solo in una cosa, l'economia, lui farebbe meglio. E infatti si dice che diventerà premier. 

Il commento di Franco Venturini:


Franco Venturini

La guerra civile in Siria dura da tre armi e con la discesa in campo dei jihadisti non si sa più chi siano i buoni e chi i cattivi. Da lì arrivano soltanto notizie di massacri, di torture, di donne e bambini uccisi come gli altri se non di più. E poi arrivano i numeri, meno sicuri di prima perché l'Onu si è stufata di fare il conto: 162 mila morti, nove milioni di sfollati.. Lo scorso anno Obama stava per pre-mere un grilletto poco impegnativo, ma poi non ha fatto nemmeno quello. Gli altri hanno smesso persino di agitarsi ai tavoli della diplomazia. Forse perché è meglio alzare le mani e guardare altrove, è meglio trasformare l'assuefazione in resa definitiva. No, non è meglio. il calvario della Siria è invece un segnale che supera la nostra vergogna repressa, e che fornisce una cruciale indicazione strategica: la terra dove accadono mattanze quotidiane, la terra dove Bashar al Assad sta avendo la sfrontatezza di farsi «rieleggere»  tra cannonate e bombardamenti, è diventata lo specchio del declino dell'Occidente. Sappiamo bene che riportare la pace in quel che resta della Siria è oggi «mission impossibile», soprattutto dopo aver perso mesi e anni senza muovere un dito. Nei suoi confini si combatte un conflitto tra musulmani sunniti e musulmani sciiti che coinvolge gran parte del mondo arabo, che ha radici profonde nel Golfo ed è esploso anche in Iraq mentre cova nel Libano. Non stupisce che l'alauita Assad (della famiglia sciita) venga appoggiato dall'Iran, dagli Hezbollah libanesi e da una parte degli iracheni, mentre i sunniti aiutano la resistenza Ma una terza variabile ha reso se possibile più complicata l'equazione: i jihadisti e qaedisti prima hanno infiltrato i rivoltosi, poi sono diventati i più forti tra loro. E oggi accolgono gli europei in cerca di emozioni forti, addestrano al terrorismo individui come Mehdi Nemmouche, il probabile autore dell'attacco al Museo ebraico di Bruxelles. Niente forniture di armi sofisticate agli oppositori, dunque, perché potrebbero finire in mano ai cattivi. Le armi chimiche, quelle, c'erano già prima della guerra e probabilmente sono state usate da entrambi gli schieramenti (ora Assad se ne disfa con calcolata lentezza). E così, poco a poco, le forze governative avanzano, schiacciano, bruciano, piantano la bandiera sulle rovine di Horns e distruggono Aleppo con i «barili esplosivi» lanciati dal cielo. il rompicapo è davvero tale. Ma per quanto complicata e carica di insidie, la sfida è lanciata: può l'Occidente lasciare che la strage continui indisturbata per chi sa quanto tempo ancora ? Non è forse vero che oltre alla intollerabilità umanitaria di quanto accade in Siria in gioco ci sia anche un formidabile logoramento della credibilità, dell'influenza degli Stati Uniti e dei loro alleati, vale a dire dell'Occidente? Qui non si parla nemmeno di guerre sbagliate (l'Iraq, a mio parere) o di guerre non vinte (l'Afghanistan, a mio parere). Qui siamo al cospetto della più grave, della più imperdonabile delle colpe: un'assenza che gronda sangue. Nella sua campagna più interna che internazionale per rispondere alle accuse di debolezza, Barack Obama, oltre a mostrare i muscoli in Ucraina e dintorni, ha deciso di addestrare i ribelli siriani moderati» e, indirettamente, di armarli un po' meglio. Supponendo che i «moderati» possano essere individuati con certezza, Assad e i jihadisti (nemici tra loro e nemici dei «moderati») dovrebbero forse avere paura ? Piuttosto, è giusto riconoscere che grande è stata in questi anni l'influenza delle opinioni pubbliche e della loro stanchezza di guerre. Non è forse per questo che Obama, pur vedendo superata la sua «linea rossa» sulle armi chimiche, non colpi Assad lo scorso autunno, si rifugiò in una paradossale richiesta di parere al Congresso e consentì con a Putin di ridimensionarlo davanti al mondo? Le opinioni pubbliche è giusto tenerle in conto. L'Occidente è anche, è soprattutto questo: democrazia. Anche quando la Camera dei Comuni dice no. Anche quando Parigi pensa sì, ma per farlo evita di ascoltare il parere dell'Assemblée. E trovo sacrosanta la dottrina Obama che nasce dalla pesante eredità di Bush, e che si affida alla guerra soltanto in ultima istanza Ma esiste anche un principio, stabilito dall'Onu, che si chiama «Responsibility to Protect», responsabilità  di proteggere. Cosa ne è rimasto in Siria, dopo tre anni di carneficine ? Non è anche questo un ideale, come quelli che identificano nella guerra il male supremo ? Non è immaginabile, beninteso, un intervento militare in Siria che infiammerebbe tutta la regione. Ma credo che le opinioni pubbliche occidentali capirebbero, ancora oggi, misure più efficaci delle gesticolazioni che abbiamo visto sin qui Una no-fly zone opportunamente circoscritta (non come quella applicata alla Libia) e abbinata alla creazione di corridoi umanitari, per dirne una. Assad e jihadisti si opporrebbero, la Russia che tiene al porto di 'Tartus quasi quanto a quello di Sebastopoli bloccherebbe il Consiglio di sicurezza ? L'Occidente si è già trovato nei Balcani in una simile contingenza, e sa come affrontarla. Difficile, difficilissimo. Ma c'è una sola cosa che l'Occidente non può continuare a fare se non vuole finire di screditarsi: niente

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