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La Repubblica Rassegna Stampa
04.06.2014 Elie Wiesel non si candida alla presidenza di Israele: ma l'offerta di Netanyahu non era un complotto
al contrario di quanto sostiene Fabio Scuto

Testata: La Repubblica
Data: 04 giugno 2014
Pagina: 14
Autore: Fabio Scuto
Titolo: «'Wiesel presidente'. E Israele insorge.»
Riprendiamo da REPUBBLICA di oggi, 04/06/2014, a pag. 14, l'articolo di Fabio Scuto dal titolo " 'Wiesel presidente'. E Israele insorge. ".
Mosso presumibilmente dall'antipatia verso il governo in carica in Israele, Scuto, più che riferire una notizia ne fornisce un'interpretazione romanzata ed evidentemente faziosa. 
Presenta una normale vicenda politica - un premier che propone come presidente una figura di alto valore culturale e morale come Elie Wiesel, il quale dal canto suo rifiuta, non essendo interessato alla carica - come il fallimento di un complotto nel quale Netanyahu avrebbe fatto uso di ogni sorta di
  "pressione, lusinga e bugia politica" . Quando entra nel dettagli, riferendo fatti circostanziati,  però, le pressioni si riducono alla richiesta  ad amici comuni di  intercedere presso Wiesel,  le bugie politiche all'assicurazione al premio Nobel per la pace di un ampio consenso intorno alla sua candidatura. 
Ancor più della formazione del governo congiunto Hamas-Fatah, il "no" di Wiesel avrebbe poi determinato, secondo Scuto, 
"la rapida discesa di Benjamin Netanyahu" sul "barometro" della politica israeliana, ma non è chiaro che cosa dimostri che tale discesa abbia effettivamente avuto luogo.
Ricordiamo a Scuto - e ai lettori - un fatto simile, accaduto quando David Ben Gurion offerse la presidenza di Israele a Albert Einstein, che, come Wiesel ringraziò, ma rispose di no. Anche Ben Gurion cattivo ?


Benjamyn Netanyahu     Elie Wiesel


David Ben Gurion               Albert Einstein

Ecco l'articolo: 


Fabio Scuto

GERUSALEMME. Due sconfitte, due uppercut in grado di atterrare il più navigato dei politici, segnano sul barometro israeliano la rapida discesa di Benjamin Netanyahu. 'King Bibi' lo aveva ribattezzato Time lodandone il trasformismo politico, ma adesso, prima con la disfatta sulla corsa alla presidenza e poi con il governo Fatah-Hamas addirittura appoggiato dagli americani, la sua l'immagine è molto appannata. Paradossalmente è più la prima sconfitta a pesare sul premier che non la seconda. Perché nella storia bizzarra e ricca di eventi alla "House of cards' di questa elezione del 10° presidente di Israele, il premier ha un ruolo da protagonista, con le sue tresche, i suoi tranelli, la sua sfacciata e inutile opera di lobbyng per candidare il premio Nobel Elie Wiesel alla successione del presidente Shimon Peres che termina il suo settennato e passerà la mano in luglio. La saga inizia un paio di mesi fa quando dopo aver attentamente osservato il panorama delle possibili candidature alla presidenza, e non avendo trovato nessuno di suo gradimento, Netanyahu inizia a far circolare la possibilità che Peres possa estendere di 6 mesi il suo mandato in attesa di una nuova legge per stabilire nuove competenze per la prima carica dello Stato. Un'idea che nell'ordine è stata bocciata da Peres, dal suo partito, dall'opposizione, dalla società civile. Ma Netanyahu era pronto a qualunque cosa pur di scongiurare la quasi certa elezione — fra i sei candidati ufficiali — di Reuven Rivlin, l'ex presidente del Parlamento e dirigente del Likud, verso il quale la'royal family" d'Israele nutre un'avversione che sfiora l'ossessione. Netanyahu ha cercato in ogni modo di trovare un altro nome da sostenere ( dopo i no o i ritiri di Shalom, Levy, Eldestein, Sharansky) per arrivare poche ore prima della scadenza dei termini a telefonare a New York a Wiesel per proporgli la presidenza. Un candidato a cui nessuno avrebbe azzardato ad opporsi. Ma non aveva fatto i conti con la lucidità del pensiero dell'ottantaseienne premio Nobel per la Letteratura che, sordo ad ogni pressione, lusinga e bugia politica di Netanyahu, ha detto chiaramente il suo «no». «Non riuscendo ad ottenere le risposte che voleva», ha raccontato Elie Wiesel a Naum Barnea di Yedioth Aaronot, «ha iniziato a fare pressioni pesanti attraverso amici comuni, ma io so come farvi fronte. E alla fine gli ho detto, non fa per me: io scrivo libri. Non sono tagliato per questo». I giornali continuano a mantenere alta l'attenzione sul caso, soprattutto perché nelle tre conversazioni Netanyahu approfitta della buona fede di Wiesel al quale dice di «avere un ampio consenso», «è tutto organizzato, deve solo dire sì». Quando invece l'idea non aveva mai varcato la porta del suo ufficio. Tutti i commentatori dei giornali hanno mandato un silenzioso ringraziamento al Premio Nobel per il suo 'no'. Elie Wiesel è uno degli ebrei più importanti e autorevoli nel mondo, ma oltre a non essere cittadino israeliano, non ha mai vissuto in Israele, si è occupato solo di libri e letteratura per tutta la sua vita. «Che immagine avremmo dato di noi eleggendo come presidente un ebreo americano di origini rumene?», ha scritto Haaretz, «Avremmo inviato il messaggio che Israele dopo 66 anni di vita e storia non era in grado di scegliere uno tra i suoi cittadini per rappresentarlo nel mondo».

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