Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 02/06/2014, a pag.11 , l'articolo di Marco Zatterin dal titolo "Il killer di Bruxelles addestrato in Siria" e l'articolo di Paolo Masstrolilli dal titolo "I 'lupi solitari' della jihad con il passaporto europeo", dal CORRIERE della SERA, a pag. 13, l'articolo di Guido Olimpio dal titolo "Il contagio della jihad in Europa".
Mehdi Nemmouche, arrestato per la strage antisemita a Bruxelles
Ecco gli articoli:
LA STAMPA - Marco Zatterin - Il killer di Bruxelles addestrato in Siria
Marco Zatterin
Lo hanno fermato per caso, venerdi alla stazione Saint-Charles di Marsiglia su un bus proveniente da Bruxelles e Amsterdam. E' un cittadino francese, si chiama Mehdi Nemmouche, ha 29 anni. I doganieri stavano effettuando un controllo di routine in cerca di droga, cosa frequente sui mezzi che arrivano dall'Olanda, e lo hanno trovato con una pistola e un kalashnikov avvolti in un panno coperto di scritte inneggianti allo Stato Islamico dell'Iraq e del Levante, ovvero l'Isis, la milizia jihadista attiva in Siria, dove l'uomo risulta essere stato addestrato: i servizi francesi ne erano al corrente. Nella sua videocamera è apparso un messaggio in cui una voce confessa «un attentato contro gli ebrei che avrebbe portato fuoco e sangue a Bruxelles». Era l'attacco del 24 maggio al Museo ebraico, la strage che ha scioccato la città belga e, con lei, l'Europa intera. Nessuno dice ancora che sia lui. Gli inquirenti del team franco-belga che conduce le indagini porgono notizie senza commenti. Eppure, ogni dettaglio noto lascia intendere che possa essere l'uomo che si cercava. Le armi, il profilo criminale, la lunga serie di macchie sulla fedina penale. Originario di Roubaix, nel nord della Francia, era schedato come seguace della jihad islamica in Siria dai servizi interni francesi. E stato fermato con l'imputazione di omicidio plurimo in collegamento con un'impresa terroristica. Aveva abiti e scarpe compatibili con le immagini fissate dagli occhi elettronici durante il gesto criminale al museo di Rue des Minimes. La 38 Special con sei colpi in canna e il mitra chiudevano l'orrendo cerchio. L'uomo non parla. Prima di essere ammanettato, aveva dichiarato di essere diretto in Algeria. «Un lupo solitario», suggerisce Eric Denécée, direttore del Centre Français de Recherche sur le Renseignement, una think tank indipendente che si occupa di sicurezza. In Francia non aveva domicilio, ma era ben noto alle autorità giudiziarie, anzitutto per aver passato cinque anni dietro le sbarre dopo aver compiuto diverse rapine, compresa una a un supermercato di Roubaix, oltre che numerosi furti di auto rivendute a Bruxelles, città che conosceva bene e dove è rimasto sino a giovedi, protetto da conoscenti che la polizia sta cercando. Nel 2013 ha lasciato l'Esagono alla volta della Turchia, dove si sospetta si sia collegato con la frangia jihadista. Per un anno non ha dato notizie, però, al suo ritorno - lo scorso gennaio - è finito nell'elenco dei presunti terroristi. Pare che facesse base a Courtrai, nel Belgio occidentale. La procura di Bruxelles sostiene che, oltre a tutto il resto, questo caso mette ancora una volta l'accento sul problema dei giovani fondamentalisti che rientrano in Europa dopo un periodo passato in Siria, zona che è ormai diventata una fabbrica di terroristi. «Un uomo intelligente, ma cresciuto nel modo sbagliato», ha spiegato il suo ex avvocato, Soulifa Badaoui. Molto sbagliato. Al punto che le autorità mantengono in Belgio il massimo stato di allerta e chiedono l'estradizione di Nemmouche. Viste le circostanze, e nonostante le attenzioni, temono che il circo degli orrori antisemiti possa tornare in scena ancora.
LA STAMPA - Paolo Mastrolilli - I 'lupi solitari' della jihad con il passaporto europeo
Paolo Mastrolilli
II rischio è che sia solo l'inizio. L'attentato di Bruxelles, commesso da un «lupo solitario» di ritorno dalla guerra in Siria, è la materializzazione di un incubo di cui l'intelligence europea e Usa parlavano da tempo: i jihadisti radicalizzati e addestrati nella lotta contro Assad, che rientrano a casa grazie ai loro passaporti occidentali e mettono le tecniche apprese durante il conflitto al servizio del terrorismo. II fatto che Mehdi Nemmouche abbia agito da solo, e in maniera piuttosto approssimativa, non è un elemento di conforto, ma semmai di ulteriore allarme. Così, infatti, è riuscito comunque ad ammazzare 4 persone nel cuore della capitale dell'Unione europea: pensate cosa avrebbe potuto fare, se fosse stato più scaltro e inquadrato in un gruppo più organizzato, come saranno molti degli altri reduci in arrivo da Damasco. Nemmouche era cresciuto a Roubaix, nel nord della Francia. Dopo un passaggio in prigione per rapina, il 31 dicembre del 2012 era andato in Siria e si era unito ai combattenti islamici in lotta contro Assad. Tornato indietro, ha imbracciato il fucile per sparare contro i visitatori del Museo ebraico di Bruxelles. E un percorso noto all'intelligence europea, secondo le cui stime sono almeno 2.400 i cittadini del continente che lo hanno seguito. Un esercito addestrato, radicalizzato e deluso dall'andamento della guerra, con passaporti che consentono ai suoi soldati di entrare e circolare liberamente nell'area di Schengen. In genere vengono reclutati direttamente in Europa, attraverso Internet o tramite gruppi come Hizb al Tahrir. Poi passano nelle basi della Turchia sud orientale, Iì consegnano i loro documenti europei e ricevono identificativi siriani. Dopo l'addestramento, che include tecniche di combattimento, costruzione di autobombe e preparazione dei giubbotti da kamikaze, superano il confine e vanno in guerra. Secondo gli 007 provengono soprattutto da Francia, Germania, Gran Bretagna, ma anche da Italia, Danimarca, Olanda, Norvegia, Belgio, Austria. Di solito sono arruolati nei gruppi più estremisti, come Jabhat al Nusra e Islamic State of Iraq (Isis). I loro passaporti intanto vengono consegnati ad altri jihadisti che gli somigliano, per farli entrare liberamente in Europa e costruire cellule. Se sopravivono e vogliono tornare indietro, invece, riprendono i vecchi documenti e rientrano nei paesi d'origine, come bombe ad orologeria pronte ad esplodere a comando, o di iniziativa personale. Anche gli Stati Uniti hanno un problema simile, ma fino a poco tempo fa pensavano che fosse ridotto ad una cinquantina di persone. La settimana scorsa, però, Washington ha confermato la morte del primo kamikaze americano in Siria. Si chiamava Moner Mohammad Abu-Salha, 22 anni: si è fatto esplodere col suo camion per colpire il ristorante al-Fanar di Idlib, dove in genere si ritrovano le truppe di Assad. II nome non deve ingannare: basta guardare la foto di Moner, per capire che senza barba sembrerebbe un ragazzo americano qualunque. Abitava a Fort Pierce, 130 miglia a nord di Miami, e quando frequentava l'high school era un ottimo giocatore di basket con gli Indian River Warriors di Vero Beach. I genitori sono proprietari di una catena di negozi alimentari, ma invece di starsene sulla spiaggia a prendere il sole, Moner è finito a combattere con al Nusra. Lui è morto in Siria, ma dopo che Assad avrà vinto le elezioni di martedì, e i ribelli resteranno senza prospettive, quanti jihadisti occidentali decideranno invece di seguire il percorso di Mehdi Nemmouche? Un motivo in più, forse, per non accettare che il conflitto finisca così e si trasferisca nelle nostre città.
CORRIERE della SERA - Guido Olimpio - Il contagio della jihad in Europa
Guido Olimpio
Un sentiero tortuoso. Un cammino individuale di jihad che però può trasformarsi in un problema internazionale. Questo ci dice la vicenda di Mehdi Nemmouche, il francese ritenuto responsabile della strage al museo ebraico di Bruxelles. I passi percorsi dal killer sono la rappresentazione di un fenomeno non nuovo. Mehdi è nato a Roubaix, la città che fece da scenario alle azioni criminali della celebre gang composta da reduci del conflitto in Bosnia e guidata da un francese, Lionel Dumont. Un impasto di terrorismo e brigantaggio. E Mehdi è anche lui un «ritornato», in questo caso dal conflitto in Siria dove ha trascorso un anno, forse nelle file del gruppo più forte, l'Isis. Come altri, l'assassino si sarebbe accostato al radicalismo in carcere. Studi in Francia e in Gran Bretagna hanno evidenziato la pericolosità delle prigioni, veri incubatori di qaedismo. Un ragazzo con problemi familiari gravi, precedenti per rapina, trova motivi di rinascita prima nella fede. E fin qui nessun problema. Solo che il traghettatore incontrato in cella non lo porta solo dall'altra parte del fiume ma lo convince ad andare avanti offrendogli una missione. Una volta erano l'Algeria o l'Afghanistan. Oggi c'è la Siria, dove il grande massacro ha suscitato una reazione spontanea ma anche pilotata da alcuni regimi arabi. Sono così migliaia i volontari partiti, quasi 800 solo dalla Francia. Un movimento costante, con soggiorni sul campo di battaglia e poi, quando è possibile, il rientro a casa. Per raccontare e anche reclutare. L'adesione alla rivolta mette in contatto militanti isolati con personaggi di maggiore esperienza E se poi la fazione è ben strutturata — come lo è l'Isis — la visione del «mujahid» supera i confini siriani. C'è un'agenda più ampia. Non è per ora chiaro se esista un solido legame tra Mehdi e l'Isis. Strano che se ne andasse in giro con tutte quelle prove nella borsa, compreso il drappo del gruppo e il cappellino che indossava nell'assalto. Particolari da esplorare. L'attacco portato da Nemmouche ha messo la comunità ebraica nella linea di tiro. C'è da chiedersi se sapesse che tra i suoi obiettivi ci fossero due israeliani con un legame (amministrativo) con l'intelligence. Il suo gesto ha poi dato sostanza al timore che una componente della ribellione in Siria è pericolosa. Oggi spara su Assad, íl giorno dopo può farlo a Parigi. Un allarme ripetuto in questi mesi. Una situazione ambigua. Alcuni Stati, Usa compresi, pur sostenendo l'opposizione hanno dato aiuti limitati alla resistenza e altri hanno varato un attività di contrasto arti-terrorismo. Aprire un fronte esterno può apparire una scelta folle per gli insorti. Però è anche vero che la realtà insurrezionale è frammentata. C'è spazio per il gesto del lupo solitario o della micro-cellula. Sullo sfondo scissioni, leader ambiziosi e poi un insieme di individui, legati insieme dall'odio verso il «nemico». Giovani come Nemmouche, un nomade jihadista senza radici, o Moner Abu Salha, l'americano che ha abbandonato la vita tranquilla della Florida per farsi saltare in Siria.
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