venerdi 22 novembre 2024
CHI SIAMO SUGGERIMENTI IMMAGINI RASSEGNA STAMPA RUBRICHE STORIA
I numeri telefonici delle redazioni
dei principali telegiornali italiani.
Stampa articolo
Ingrandisci articolo
Clicca su e-mail per inviare a chi vuoi la pagina che hai appena letto
Caro/a abbonato/a,
CLICCA QUI per vedere
la HOME PAGE

vai alla pagina twitter
CLICCA QUI per vedere il VIDEO

Lo dice anche il principe saudita Bin Salman: Khamenei è il nuovo Hitler


Clicca qui






Rassegna Stampa
30.04.2014 La retorica di Vendola nasconde (male) il pregiudizio contro Israele
intervista acritica di Umberto De Giovannangeli al leader di Sel

Testata:
Autore: Umberto De Giovannangeli
Titolo: «La sicurezza di Israele non può avanzare sui cingolati»

Riportiamo dall' UNITA' di oggi, 30/04/2014, a pag. 13, l'intervista di Umberto De Giovannangeli a Nichi Vendola, dal titolo "La sicurezza di Israele non può avanzare sui cingolati".
Secondo Vendola la sicurezza di Israele dovrebbe invece avanzare "
sulle ali di una colomba".  Vale a dire che il prezzo che Israele dovrebbe pagare per la "sicurezza" sarebbe la disponibilità alla "pace", a qualsiasi condizione. Per Vendola, infatti, nemmeno l'accordo tra Fatah e Hamas, un'organizzazione che esplicitamente si propone la distruzione di Israele, è un ostacolo alla "pace". Nè lo è il terrorismo:  il leader di Sel definisce   Marwan Barghouti, in carcere in Israele per cinque omicidi "non solo un intellettuale raffinato, ma un leader credibile e coraggioso", e concorda con  Umberto De Giovannangeli, il quale ipotizza che il capo dei Tanzim possa essere  "l'unico in grado dl guidare i palestinesi ad una pace con Io Stato ebraico".
Il conflitto israelo-palestinese, del resto appare a Vendola segnato da una "assoluta asimmetria tra un Paese occupante e un territorio occupato". Israele per lui, e per u.d.g., che in tutta l'intervista non gli rivolge una sola domanda anche solo minimamente critica, è l'aggressore, e il prezzo della sua sicurezza non può che essere la resa.

La vera asimmetria del conflitto è invece quella tra chi, nel corso del processo negoziale iniziato ad Oslo ( e anche prima, accogliendo i piani di spartizione proposti dalla comunità internazionale) ha accettato la nascita di  uno Stato arabo palestinese e chi ancora rifiuta il diritto all'esistenza di uno Stato ebraico.

                                    
Umberto de Giovannangeli                 Nichi Vendola
             
Gilad Shalit release: Marwan Barghouti left out of prisoner switch
Marwan Barghouti

Ecco l'articolo:


«Al popolo israeliano mi sento di dire che il suo sacrosanto diritto alla sicurezza non può camminare sui mezzi cingolati ma vola sulle ali di una colomba. La vera sicurezza è la pace. Una pace giusta, che riconosca il diritto all'autodeterminazione nazionale del popolo palestinese». A sostenerlo è il leader di Sel e governatore della Puglia, Nichi Vendola, in questi giorni in visita in Israele e nei Territori palestinesi.
Se nel prossimo futuro Israele  e i palestinesi non troveranno un accordo per la formula «due Stati», Israele rischia dl diventare «uno Stato dl apartheid». Cosl II segretarlo di stato Usa, John Kerry. Dagli Incontri che lei ha avuto e da ciò che ha visto, è u rischio reale?
«Si, ed esso deriva molto dalle condizioni materiali di vita in cui è costretta una grandissima parte della popolazione palestinese. Se uno viene nei territori di Betlemme, capisce in maniera assolutamente evidente che il muro non è soltanto lo strumento per cingere la sicurezza di Israele, ma è anche uno strumento di violenza perla popolazione palestinese. Quel muro spacca le città, i villaggi, frantuma le comunità, la vita. Se perfino i campi in cui vivono i rifugiati, già quindi in una condizione di partenza svantaggiata, vengono chiusi a tenaglia da questa barriera mostruosa, e vengono separati dalle campagne, dagli uliveti, dalla possibilità di lavoro, c'è da chiedersi cosa c'entra con la sicurezza spaccare il territorio, da un lato la popolazione, dall'altro le possibilità di sussistenza, di vita".
Lei ha Incontrato presidente palestinese Mahmoud Abbas (Abu Mazen) In un passaggio cruciale nella vita politica del palestinesi • per i rapporti con Israele. Che impressione ne ha ricavato?
«La conferma che il presidente Abbas sta cercando di movimentare la scena, provando a immaginare una serie di mosse volte a sbloccare una situazione che si sta pericolosamente incancrenendo. In questo contesto, la riconciliazione fra al-Fatah e Hamas porta il segno dell'egemonia della parte palestinese che spinge per il negoziato e per il dialogo, e fotografa altresì in qualche maniera l'indebolimento di Hamas, legato anche al mutato scenario in Egitto e in Siria, e alla venuta meno di quel sostegno economico arabo su cui llamas aveva costruito una sorta di "welfare" islamico. D'altro canto, in questo accordo c'è un elemento di assoluto realismo che non dovrebbe sfuggire a Israele e alla comunità internazionale...".
Qual è questo elemento?
«Come si può immaginare che vada avanti un negoziato di pace con una Palestina politicamente lacerata al suo interno? Quella del presidente Abbas è stata una mossa importante a cui, purtroppo, il premier israeliano, Benjamin Netanyahu, ha replicato con assoluto nervosismo. Così come non ha saputo o voluto cogliere l'importanza del riconoscimento dell'Olocausto da parte del presidente Abbas che ha usato parole nette e puntuali, che costituiscono la premessa per il riconoscimento delle ragioni dell'altro. Noi non dovremmo mai dimenticare che la pace si fa con il nemico, e che il presupposto è il riconoscimento di quella che Antonio Gramsci chiamava la "verità interna" delle posizioni degli altri».
Quale Idea dl Israele dagli Incontri avuti con esponenti politici e della società civile israeliani?
«Ho come l'impressione che tra la domanda di pace, che oggi è maggioritaria, a mio avviso, sia da una parte che dall'altra, e l'offerta politica, ci sia un corto circuito. E come se mancasse il coraggio di voler scrivere una pagina di storia ormai matura. Vorrei aggiungere che la rappresentazione che abbiamo qualche volta anche noi, della realtà, sia israeliana che palestinese, non tenga conto della straordinaria, ricchissima dialettica interna esistente nelle due società. Per me sentire l'evocazione del tema della non violenza nei campi in cui vivono i rifugiati palestinesi, ascoltare le parole di un ventenne palestinese, il figlio di Marwan Bargouthi, che assomigliano a quelle di ventenni in ogni parte del mondo, o incontrare in una notte a Tel Aviv giovani pacifisti israeliani, accorgersi che da una parte e dall'altra del muro esiste ancora la possibilità di un vocabolario comune, beh, questa per me è stata la cosa più importante, incoraggiante, di questa missione. Non possiamo certo dimenticare che siamo in una situazione di assoluta asimmetria tra un Paese occupante e un territorio occupato. Ma questa è una buona ragione non solo per abbracciare ma lo è anche per ribadire con profonda convinzione il diritto alla sicurezza del popolo israeliano. La sicurezza, però, non cammina sui mezzi cingolati ma sulle ali di una colomba. La vera sicurezza è la pace».
Lei ha fatto riferimento all'incontro con II figlio del leader di al-Fatah incarcerato In Israele: Marwan Barghouti. C'è chi Io ritiene l'unico in grado dl guidare i palestinesi ad una pace con Io Stato ebraico.
«
Barghouti ha già dimostrato dopo gli accordi di Oslo di essere un leader che si assume la responsabilità di andare in tutte le comunità palestinesi per spiegare la necessità e la ragionevolezza del compromesso. Non è solo un intellettuale raffinato, ma un leader credibile e coraggioso».

Per inviare la propria opinione all'Unità, cliccare sulla e-mai sottostante 


lettere@unita.it

Condividi sui social network:



Se ritieni questa pagina importante, mandala a tutti i tuoi amici cliccando qui

www.jerusalemonline.com
SCRIVI A IC RISPONDE DEBORAH FAIT