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La Stampa - Il Giornale - La Repubblica Rassegna Stampa
28.04.2014 Abu Mazen e la Shoah: Analisi e Commenti
Cronaca di Maurizio Molinari, analisi di Fiamma Nirenstein, intervista a David Grossmann

Testata:La Stampa - Il Giornale - La Repubblica
Autore: Maurizio Molinari - Fiamma Nirenstein - Vanna Vannuccini
Titolo: «L'inchino di Abu Mazen alle vittime della Shoah 'Il crimine peggiore' - Un altro bluff di Abu Mazen: 'Shoah, il crimine più odioso' - Grossman: 'Così finalmente hanno capito la nostra tragedia'»
Riportiamo dalla STAMPA di oggi, 28/04/2014, a pag. 12, l'articolo di Maurizio Molinari dal titolo "L'inchino di Abu Mazen alle vittime della Shoah 'Il crimine peggiore' ", dal GIORNALE, a pag. 16, l'articolo di Fiamma Nirenstein dal titolo "Un altro bluff di Abu Mazen: 'Shoah, il crimine più odioso' " e da REPUBBLICA, a pag. 19, l'intervista di Vanna Vannuccini a David Grossman dal titolo "Grossman: 'Così finalmente hanno capito la nostra tragedia' ", preceduto da un nostro commento.

Ecco gli articoli:

LA STAMPA - Maurizio Molinari - L'inchino di Abu Mazen alle vittime della Shoah 'Il crimine peggiore'

    
Maurizio Molinari   Abu Mazen

Abu Mazen condanna l’Olocausto come il «più odioso crimine contro l’umanità dell’era moderna» e il premier israeliano Benjamin Netanyahu reagisce sfidandolo a «rompere con Hamas che nega lo sterminio degli ebrei».
Il passo del presidente palestinese è arrivato in coincidenza con il Giorno della Shoah, nel quale Israele si raccoglie nel ricordo dei sei milioni di ebrei trucidati dai nazifascisti, con una dichiarazione scritta diffusa dall’agenzia Wafa. «L’Olocausto è il crimine contro l’umanità più odioso - afferma Abu Mazen - esprimiamo solidarietà per chi ne fu vittima, gli ebrei e gli altri». È la prima volta che un leader palestinese compie tale passo, sfidando un tabù nel mondo arabo dove prevalgono spesso le teorie negazioniste. La scorsa settimana era stato Mohamed Dajani, docente dell’ateneo di Al Quds, a dirsi a favore di un simile passo dopo aver accompagnato in visita ad Auschwitz una delegazione di 30 studenti palestinesi, attirandosi accuse di «tradimento e minacce».
Per Abu Mazen, 79 anni, c’è inoltre un risvolto personale in quanto il passo compiuto punta ad allontanare le critiche ricevute in passato per la tesi di laurea, discussa all’ateneo di Mosca in piena Guerra Fredda, nella quale sosteneva la teoria della «collaborazione fra sionisti e nazisti». Nella dichiarazione diffusa dalla Wafa, Abu Mazen afferma inoltre che «i palestinesi conoscono l’oppressione e la discriminazione» e dunque sono nella «migliore posizione» per condannare quanto subito dagli ebrei. All’indiretto paragone fra Olocausto e sofferenze palestinesi, Abu Mazen ha infine aggiunto un appello al governo israeliano affinché «colga l’occasione per un accordo di pace basato sulla visione di due Stati, fianco a fianco, in pace e sicurezza».
La replica di Netanyahu è giunta al termine della riunione del governo: «Anziché tentare di compiacere la comunità internazionale, Abu Mazen farebbe bene a rompere i rapporti con Hamas che nega l’Olocausto e persegue l’uccisione di ebrei». Per il premier la recente intesa fra Abu Mazen e Hamas in favore di un governo di unità nazione è dunque in contraddizione con il riconoscimento dell’Olocausto. A rincarare la dose in proposito è stato Naftali Bennett, leader dell’ala destra della coalizione di governo, secondo il quale «Abu Mazen è in contraddizione con la sua tesi di laurea negazionista che non ha mai rinnegato».

Il GIORNALE - Fiamma Nirenstein -  Un altro bluff di Abu Mazen: 'Shoah, il crimine più odioso'


Fiamma Nirenstein

Gerusalemme. Che un leader arabo importante come il presidente palestinese Abu Mazen dica che "ciò che è accaduti agli ebrei con l'Olocausto "è stato il peggior crimine contro l'umanità di tutta la storia moderna" è molto importante. Che lo affermi pubblicamente di fronte al suo popolo stupefatto nella sera di inizio del Giorno della Memoria, in cui Israele è chino sui suoi sei milioni di assassinati dai nazisti, è ancora più importante. Per l'Islam moderno il negazionismo è istintivo, naturale: il meccanismo è quello di pensare,o pretendere di pensare, che gli ebrei si sono inventati la Shoah come scusa per fondare lo Stato d'Israele. Gli iraniani ne sono campioni.In realtà il sionismo è nato molto prima della Shoah, ma le scuole arabe non si occupano molto di sionismo, e anche quando se ne occupano, fanno parecchi svarioni. E anche Abu Mazen ne ha fatti di grandiosi, fino al negazionismo, e di conseguenza ha davvero lasciato tutti stupefatti quando le sue dichiarazioni sono state diffuse dalle agenzie Wafa in arabo e in inglese.Chi conosce la sua storia sa che in realtà essa appartiene, almeno fino a ieri, a quella di chi si è dedicato a distruggere la memoria della Shoah. La stampa internazionale l'ha sempre detto a bassa voce; la BBC lo chiama "una figura dall'alto profilo intellettuale"; il New York Times ricorda il suo dottorato in Storia dell'Università Orientale di Mosca (quelle belle università internazionaliste e terzomondiste). In genere tutti stentato a mettere insieme l'oggetto dei suoi studi con la figura del pragmatista moderato che incarna da tempo. Ma nel 1982 la sua tesi portava il titolo molto malizioso di " Il rapporto fra i nazisti e i leader del movimento sionista, 1933-1945" ovvero ai tempi della Shoah, come se gli ebrei se la fossero autoinflitta, o almeno voluta. E nel 1984, sviluppando la tesi, Abbas scrisse un libro in cui parlava apertamente della "fantasia sionista, la bugia fantastica che sei milioni di ebrei siano stati uccisi" e sosteneva che il numero esatto era 890mila. Ci è tornato sopra, anche se con toni diversi: nel 2013 in un'intervista alla tv libanese Al Meyadeen ripeteva che sionismo e nazismo erano complici prima della seconda guerra mondiale. Ma ecco adesso la sorprendente dichiarazione. Forse ha cambiato idea, e comunque Abu Mazen gioca una carta significativa per il mondo arabo. Ma perché adesso? Sono solo tre giorni da quando Abu Mazen ha annunciato il suo prossimo governo di coalizione con Hamas, l'organizzazione terrorista devota alla distruzione di Israele, che la promette nel suo statuto e ha coperto le strade di Gerusalemme di morti civili. E' stato forse un passo più lungo del salto verso le ulteriori grandi concessioni cui Abu Mazen punta tirando senza tregua la corda americana e israeliana. Netanyahu dunque, gli ha fatto sapere che finchè sarà alleato con Hamas di trattative non se ne parla. Niente nuovi prigionieri in libertà. Abu Mazen allora ha cercato varie strade per parlare direttamente agli israeliani, bypassando il governo. Prima di tutto, ha garantito che Hamas non influenzerà le trattative, che dovrà riconoscere Israele e rinunciare alla violenza. Poi ha annunciato che in cambio di uno stop alle costruzioni e del rilascio dei prigionieri promessi, i colloqui riprenderanno. E alla fine ha lanciato la sfida emotiva più grande: crediamo tanto nella pace, da vedere la Shoah come il peggiore di tutti i crimini. Tutto bene, ma allora come può Abu Mazen associarsi a Hamas, che nega la Shoah e promette in ricompensa di perpetrarne una, completa, oggi.

Segnaliamo che persino David Grossman, da sempre un militante pacifista, convinto della possibilità per Israele di pervenire a un accordo con i palestinesi, si rende conto dei rischi dell'accordo Fatah-Hamas e li sottolinea nell'intervista a Vanna Vannuccini, dichiarandosi "scettico sulla possibilità che l’accordo regga, e che Hamas e Al Fatah riescano veramente a mettersi d’accordo: perché Hamas dovrebbe cessare di essere Hamas. E non è facile credere che ciò possa succedere".

LA REPUBBLICA - Vanna Vannuccini - Grossman: 'Così finalmente hanno capito la nostra tragedia'


     
Vanna Vannuccini     David Grossman

David Grossman, che effetto le hanno fatto le parole di Abu Mazen?
«Credo che la sua dichiarazione sia un passo molto positivo di comprensione per quello che gli ebrei hanno subito nella Shoah. I palestinesi non sono stati in grado di esprimerlo in passato, anche perché si sentivano loro stessi vittime delle vittime. Ed è necessario aver presente che non è possibile paragonare ciò che Israele compie nei Territori occupati con l’orrore della Shoah. Sono due dimensioni di malvagità totalmente differenti ed il paragone fra loro è sbagliato. Spero che questo consenta anche agli israeliani di capire l’essenza della tragedia dei palestinesi, anche se probabilmente questo è ancora più difficile, poiché si aggiungono sensi di colpa inevitabili, dovuti a ciò che noi abbiamo fatto loro».
Si parla sempre di due narrative inconciliabili, è stato fatto ora il primo passo?
«Riconoscere le sofferenze del popolo ebraico durante la Shoah è un passo molto importante nella comprensione della narrativa ebraica e israeliana. La prima fase di ogni processo di pace secondo me è che le due parti riescano identificarsi vicendevolmente con la sofferenza dell’altra parte, con quella di cui loro stessi sono responsabili e con quella che altri hanno inflitto all’altra parte. Solo se smetteremo di difenderci, a volte selvaggiamente, contro la sofferenza del nostro avversario saremo in grado di capire la narrativa dell’altro. Questa può non essere sempre in accordo con i fatti storici, ma ha una forza enorme nel fissare l’identità di un popolo e va rispettata».
Perciò la dichiarazione di Abu Mazen è un buon segno?
«La cosa più deprimente per me è vedere il livello di sfiducia, di sospetto e di odio esistenti fra Israele ed i palestinesi. Sembra che ogni volta che le parti arrivano a un bivio, entrambe prendano la direzione più distruttiva e più aggressiva possibile. Anche quando usano espressioni apparentemente moderate, è percepibile l’odio che le pervade. Per questo è molto preoccupante che Israele abbia deciso di interrompere i colloqui di pace. E per questo è bene che il presidente dell’Anp, nel giorno della Memoria della Shoah, abbia riconosciuto la dolore degli ebrei».
Che cosa pensa dell’accordo di Fatah con Hamas?
«Anche se Hamas viene considerata un’organizzazione terroristica, e di fatto spesso agisce come tale, penso che sia stato fatto un passo molto importante: la riunificazione di due parti di un popolo che le circostanze hanno separato. Se siamo interessati ad avere un giorno una pace stabile, essa deve includere il milione e mezzo di palestinesi che vivono nella striscia di Gaza. Per anni in Israele molti si opponevano alle trattative con Abu Mazen con il pretesto che non rappresenta tutto il popolo palestinese. Può darsi che ora vi sia una opportunità: molto piccola forse, ma che non possiamo tralasciare».
Non teme che Hamas sia un pericolo?
«Ieri ho sentito Abu Mazen dichiarare che il nuovo governo unitario sotto la sua guida riconoscerà Israele, si opporrà alla violenza e si impegnerà a rispettare tutti gli accordi internazionali firmati in passato da Al Fatah. Se sarà effettivamente così, può darsi che si crei davvero una situazione nuova. La reazione del governo israeliano è ancora una volta di paura e di rifiuto. Io vedo nella riunificazione palestinese piuttosto la possibilità di dare una spinta al processo politico fra i due popoli. È una sfida per Hamas, che dovrebbe dichiarare esplicitamente che cambia direzione e che rinuncia alla parte del proprio statuto in cui è invocata la distruzione di Israele. Però non nascondo di essere scettico sulla possibilità che l’accordo regga, e che Hamas e Al Fatah riescano veramente a mettersi d’accordo: perché Hamas dovrebbe cessare di essere Hamas. E non è facile credere che ciò possa succedere».
Che ruolo dovrebbero avere gli Stati Uniti e l’Europa?
«Vedo con dispiacere che anche a Washington hanno cominciato ad arrendersi. Quando Obama dice che forse gli israeliani ed i palestinesi non sono ancora pronti alla pace, vuol dire che gli Stati Uniti stanno convincendosi che non gli conviene investire sforzi e prestigio nella risoluzione di un problema così complesso da non far intravedere vie d’uscita. Ma nella realtà il vuoto non esiste: senza un accordo fra Israele ed i palestinesi tra poco la terra qui comincerà a bruciare. Sarà difficile impedire ai palestinesi di intraprendere azioni anche violente. E in un clima di violenza e frustrazione la voce che prenderà il sopravvento sarà quella bellicosa ed estremista di Hamas».

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