Netanyahu risponde all'intransigenza dell'Auttorità palestinese tre cronache che non aiutano a capire perché
Testata:Corriere della Sera - Avvenire - L'Unità Autore: la redazione -B.U. - Umberto De Giovannangeli Titolo: «'Basta contatti israelo-palestinesi' - Israele. Congelati i contatti con l'ANP - Palestina, Kerry critica lo stop di Israele ai colloqui»
Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 10/04/2014, a pag. 19, la breve dal titolo 'Basta contatti israelo-palestinesi', da AVVENIRE, a pag. 16, la breve di B. U. dal titolo "Israele. Congelati i contatti con l'ANP", dall'UNITA' , a pag. 12, l'articolo di Umberto De Giovannangeli dal titolo "Palestina, Kerry critica lo stop di Israele ai colloqui".
Riportando la decisione del primo ministro israeliano Netanyahu di bloccare i contatti tra i ministri del suo governo e le controparti palestinesi sarebbe stato opportuno riferire le condizioni poste dai palestinesi nelle fasi finali dei negoziati, che da sole spiegano perché stiano andando incontro al fallimento. L'omissione di informazioni fondamentali consente al quotidiano cattolico e a quello del PD di adossare la responsabilità della crisi dei negoziati a Israele. Su Avvenire si legge che l' "ostacolo più grosso" al loro progresso sarebbero gli insediamenti, sull'Unità, Umberto De Giovannangeli scrive di "granitiche certezze di Benjamin Netanyahu" che ispirerebbero un'intransigenza e un "linguaggio della forza" resi possibili dal sostegno incondizionato di una "trasversale «lobby israeliana» al Congresso". Per rendersi contro di come, al contrario, la crisi dei negoziati sia dovuta all'intransigenza e alle provocazioni dell'Autorità palestinese, rimandiamo i nostri lettori alla cronaca di Maurizio Molinari pubblicata dalla STAMPA il 4/04/2014, che può essere letta a questo link:
CORRIERE della SERA - la redazione: 'Basta contatti israelo-palestinesi'
GERUSALEMME — Il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha bloccato tutti i contatti tra i ministri del suo governo e le controparti palestinesi, dopo che queste hanno chiesto di aderire come entità statale a diversi trattati e convenzioni Onu. Sono previste due eccezioni: i colloqui in materia militare e di sicurezza e gli interventi della ministra della Giustizia Tzipi Livni, capo della delegazione negoziale dello Stato ebraico. Un messaggio anche agli alleati di Washington: la decisione di Netanyahu arriva dopo le dichiarazioni del segretario di Stato Usa John Kerry che ha indicato, come causa ultima del fallimento del dialogo israelo-palestinese, la recente approvazione di 700 nuove unità abitative in Cisgiordania e intorno a Gerusalemme Est. Israele accusa i palestinesi di essere responsabili dello stallo nei colloqui di pace. Per l’Autorità nazionale palestinese «la decisione del governo israeliano non rappresenta solo un’illegittima pressione sulla nostra leadership, ma mina alla base qualsiasi negoziato futuro».
AVVENIRE - B.U. Israele. Congelati i contatti con l'ANP
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GERUSALEMME Sono ormai a un passo dal fallimento i negoziati tra israeliani e palestinesi, ripresi lo scorso luglio dopo tre anni di paralisi grazie alla mediazione Usa, ma che finora non hanno prodotto alcun risultato tangibile, malgrado l'imminente scadenza per arrivare a un accordo complessivo, fissata al 29 aprile. Nelle ultime settimane, in polemica con le prese di posizioni sempre più pressanti degli americani e della comunità internazionale per una revisione della politica edilizia negli insediamenti (l''ostacolo più grosso) gli israeliani hanno assunto un atteggiamento sempre più critico nei confronti dei colloqui. E ieri il premier Benjamin Netanyahu ha ordinato di sospendere tutti i contatti ad alto livello con l'Autorità nazionale palestinese, in particolare quelli tra ministri. Due sole le eccezioni: i colloqui in materia militare e di sicurezza e quelli del ministro della Giustizia, Tzipi Livni, capo della delegazione negoziale Secondo l'Anp, la decisione «mina alla base qualsiasi tipo di negoziati futuri». E il ministro degli Esteri Riyad al-Malld ha sottolineato che si tratta di «uno schiaffo agli Usa e non alla Palestina, perché sono proprio gli Stati Uniti di Obama che sponsorizzano i negoziati». (B.U.)
L'UNITA' - Umberto De Giovannangeli: Palestina, Kerry critica lo stop di Israele ai colloqui
Umberto De Giovannangeli
L'ira statunitense non fa breccia nelle granitiche certezze di Benjamin Netanyahu. Le affermazioni critiche da parte del segretario di Stato John Kerry sulle ragioni che hanno determinato lo stop ai negoziati di pace con l'Autorità nazionale palestinese di Mahmoud Abbas (Abu Mazen) hanno scatenato la reazione del primo ministro dello Stato ebraico. Netanyahu passa alla controffensiva. In una duplice direzione: Washington e Ramallah. Al «moderato» Abu Mazen, Netanyahu imputa di voler scatenare il secondo tempo della sua «intifada diplomatica», minacciando di chiedere di far parte di 15 organismi internazionali legati alle Nazioni Unite. Per i falchi di Gerusalemme si tratta di una provocazione inaccettabile. Ecco allora le contromisure, «Bibi» ordina a tutti i suoi ministri di interrompere qualsiasi relazione, dialogo, negoziazione, con i loro omologhi palestinesi. L'Anp «deve pagare un prezzo alto» per le sue «provocazioni» unilaterali, avverte il ministro degli Esteri israeliano, Avigdor Lieberman. Da Ramallah si prova a minimizzare ma l'impatto più pesante che l'«ordinanza» di Netanyahu potrebbe avere riguarda la possibilità, pressoché una certezza, di uno stop all'erogazione del trasferimento delle tasse raccolte da Israele per conto dell'Autorità palestinese. Si tratta di una somma che si aggira attorno ai cento milioni di dollari, vitali per pagare gli stipendi a i funzionari e dipendenti pubblici dell'Anp. Non basta, l'intesa mediata nel novembre scorso dal segretario di Stato Usafaceva sì che Israele s'impegnasse a liberare in quattro fasi 104 palestinesi detenuti prima degli accordi di Oslo del 1993, in cambio della disponibilità palestinese a tenere in sospeso ogni iniziativa di adesione a organizzazioni internazionali fino al termine dei colloqui, il prossimo 29 aprile. Ma anche questa mediazione è saltata. Lo scontro è totale. Ed è uno scontro che riguarda non solo i rapporti tra Israele e la leadership palestinese di Abu Mazen, ma anche, e per certi versi soprattutto, i rapporti tra Gerusalemme e Washington. La Casa Bianca non ha nascosto la crescente irritazione del presidente Obama verso l'atteggiamento del governo israeliano, ritenuto «troppo chiuso» rispetto alla necessità di dare segnali concreti all'Anp di disponibilità a trattare, almeno su due punti chiave: il blocco della politica di colonizzazione degli insediamenti nei Territori, e il mantenimento degli impegni assunti sulla liberazione dei detenuti palestinesi. Ora l'eterna partita del negoziato sembra azzerarsi. Il linguaggio che torna a dettar legge è quello della forza. Gli innumerevoli tour diplomatici di Kerry in Terrasanta non hanno prodotto risultati. «La misura è colma», è sbottato nei giorni scorsi Obama. Ma da Gerusalemme, gli «alleati» israeliani non intendono mollare. La destra non ha mai amato Barack Hussein Obama, considerandolo troppo attento alle invocazioni arabe. E allora se braccio di ferro deve essere, che sia. Via libera ad un piano di costruzione di altre 708 unità abitative a Gerusalemme Est, e un aut aut a Ramallah: chiedere di essere parte di organismi internazionali è per Netanyahu una forzatura politica che rasenta il ricatto. E Israele, ribadiscono fonti vicine al premier, ai ricatti non si è mai chinato. E poco importa se questa «legge non scritta» faccia imbestialire l'amministrazione Obama. D'altra parte, Netanyahu sa di poter contare su una trasversale «lobby israeliana» al Congresso. Quegli «amici», democratici e repubblicani, non tradiranno mai.
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