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Informazione Corretta Rassegna Stampa
14.03.2014 Israele stato ebraico: chi dice sì, chi dice no
commento di Federico Steinhaus

Testata: Informazione Corretta
Data: 14 marzo 2014
Pagina: 1
Autore: Federico Steinhaus
Titolo: «Israele stato ebraico: chi dice sì, chi dice no»

Israele stato ebraico: chi dice sì, chi dice no
Commento di Federico Steinhaus


Federico Steinhaus

In questi giorni è passata sotto silenzio la notizia, in sé non sorprendente, che la Lega Araba ha deliberato che non riconoscerà mai Israele come “stato ebraico”.

In precedenza questo rifiuto era stato ribadito più volte dai capi dell’Autorità Palestinese; la novità risiede pertanto solo nella coralità che ora ha recepito la posizione di Abu Mazen.

Riconoscere lo status di “stato ebraico” di Israele è cosa ben diversa dal riconoscimento del “diritto di Israele ad esistere”, che non è messo in discussione da questo rifiuto, ma viene semplicemente privato di un suo carattere intrinseco. Stati Uniti, Gran Bretagna ed altri stati hanno invece riconosciuto esplicitamente in svariate dichiarazioni pubbliche questa natura storica ed etica di Israele, che corrisponde anche al concetto di stato nazionale del popolo ebraico.


Dichiarazione Balfour

Politicamente, Israele è nato come stato nazionale del popolo ebraico, e sin dalla Dichiarazione Balfour del 1917, passando attraverso il riconoscimento della Società delle Nazioni, fino alla proclamazione solenne dell’ONU, tale sua natura è stata riconosciuta come contestuale alla sua esistenza, come motivo fondante della stessa. Gli ebrei, popolo senza terra per duemila anni, avrebbero nuovamente avuto la loro patria là dove il popolo ebraico era nato ed aveva regnato, per quanto questa patria nazionale fosse destinata a rimanere virtuale poiché prevedibilmente non tutti gli ebrei avrebbero scelto di risiedervi ed esserne cittadini.

La richiesta dei governanti israeliani di vedere riconosciuta questa natura “ebraica” dello stato anche da parte dei palestinesi ed in maniera più ampia dal mondo arabo è dunque pleonastica, in quanto un tale riconoscimento non rafforzerebbe il diritto di Israele ad esistere, né influirebbe sul problema del “ritorno” dei profughi palestinesi, che comunque sarà oggetto di complesse trattative politiche separate. Non solo, ma non si può dimenticare che Israele è di fatto e di diritto uno stato multietnico, multireligioso e democratico, nel quale tutte le sue diversità sono riconosciute a pieno titolo.

Israele rimarrà uno stato democratico ed ebraico fintanto che avrà la sovranità, l’indipendenza e la libertà di cui gode oggi, unite alla sicurezza che ancora manca e  che dovrà essere garantita da trattati di pace (oppure, in mancanza di questi, dalla sua forza militare deterrente). Pertanto, questo riconoscimento non dovrà costituire una precondizione per le trattative di pace, ma più banalmente una carta da giocare al tavolo delle trattative, pronti a rinunciarvi in cambio di altre concessioni da parte dei palestinesi: questa rinuncia potrà essere dolorosa sotto il profilo semantico ed emotivo, ma non toglierà nulla al dato di fatto, incontestabile ed immutabile, che Israele è e rimarrà per sempre la patria storica del popolo ebraico, con quelle caratteristiche di ebraicità che ne fanno un unicum.


Abu Mazen con Yasser Arafat

Contestuale con questo rifiuto arabo si è registrata anche una dichiarazione di Abu Mazen, nella quale il leader palestinese ha spiegato che il diritto al ritorno dei palestinesi sarà oggetto di un referendum fra tutti i palestinesi sparsi nel mondo, “dal Canada al Giappone”, e che questo diritto avrà una valenza individuale basata sulle scelte che ognuno di costoro farà. Questa dichiarazione potrebbe essere uno spiraglio per riaprire una trattativa di pace, ma anche – ed è per questa ipotesi che propendo – una trappola per far sembrare il “diritto al rientro dei profughi” quel che non è, un percorso democratico senza secondi fini.

Questo è il Medio Oriente: un bazar nel quale vince chi è più tenace nel contrattare, con il rischio però che abbia comperato una patacca.


http://www.informazionecorretta.it/main.php?sez=90

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