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Il Foglio Rassegna Stampa
28.01.2014 Da oggi Informazione Corretta non pubblicherà più Giulio Meotti
Questo è l'ultimo articolo

Testata: Il Foglio
Data: 28 gennaio 2014
Pagina: 1
Autore: Giulio Meotti
Titolo: «Mister Robertson»

Riportiamo dal FOGLIO di oggi, 28/01/2014, in prima pagina, l'articolo di Giulio Meotti dal titolo "Mister Robertson".


Giulio Meotti

Israele non ha molti amici nel mondo dei media, l’appeasement nei confronti del mondo arabo-musulmano è tale da arrivare a coinvolgere – e snaturare- persino il conflitto israelo-palestinese, assumendo posizioni dichiaratamente israelofobe. Lo sappiamo, per questo abbiamo sempre considerato preziose le dichiarazioni di amicizia verso lo Stato ebraico da qualunque parte venissero. Ci chiediamo però se l’Israele che alcuni di questi amici apprezzano sia l’Israele democratico, laico, un esempio per tutti gli Stati che hanno a cuore i valori della modernità, il rispetto dei diritti umani, l’alfiere della più completa libertà di pensiero e di opinione, schierato contro ogni manifestazione di fanatismo, sia politico che religioso. Pubblichiamo, dopo questa breve riflessione, un articolo uscito oggi sul Foglio, a firma di Giulio Meotti, del quale IC ha quasi sempre ripreso gli articoli su Israele, ignorando quelli contrassegnati da un fanatismo religioso – che potremmo definire cattolico/integralista – che però, a lungo andare, hanno cominciato ad inquinare quello che agli inizi era forse un amore sincero per lo Stato ebraico, costruito sui fondamenti moderni e democratici del sionismo. Da alcuni anni, non c’è posizione fanatico-integralista che non trovi in Meotti il suo difensore. Non solo per quanto riguarda la politica del governo d’Israele, ogni argomento è utile per esprimere valutazioni che definire reazionarie è ancora poco. Che si tratti di conquiste della donna, come l’aborto o la maternità surrogata, il riconoscimento dei diritti di eguaglianza di altre minoranze, quella omosessuale in particolare, le nuove famiglie, l’estensione del matrimonio alle coppie di fatto, Meotti è forse il cronista al quale va la palma delle fobie più reazionarie. L’ultima dimostrazione è la vicenda di tale Phil Robertson, uno squallido personaggio della tv americana di quart’ordine, diventato famoso per le sue campagne in difesa di un’America rurale, ignorante, violenta e negatrice di tutti i valori rappresentati dalla modernità, oggi prevalenti nella società Usa. Meotti, come altri del suo stampo – pensiamo all’olandese Geert Wilders, prima strenuo difensore di Israele, poi negatore dei diritti degli ebrei quando ha votato per l’abolizione della macellazione rituale nel suo paese - continui pure a ritenersi amico di Israele. Ma da amici così, preferiamo prendere le distanze. A partire da oggi informazione corretta non pubblicherà più i suoi articoli. Quello che riprendiamo oggi è l’ultimo.


Phil Robertson, l'eroe del Meotti-pensiero

Camille Paglia, la esile ma aggressiva madrina del dissenso femminista, aveva parlato di “tattiche staliniste e fasciste usate contro Phil Robertson”. Di lui, del cacciatore più famoso d’America, l’inventore del “Duck Commander”, uno speciale richiamo per gli uccelli che ha avuto uno strepitoso successo commerciale dagli anni Settanta, il Foglio aveva parlato il 21 dicembre scorso. Raccontando di come il protagonista di “Duck Dynasty”, il reality show da quattordici milioni di spettatori prodotto dal network A&E, era incappato nelle ire del politicamente corretto e della polizia del pensiero con una intervista a una delle riviste più radical chic d’America, GQ, in cui Robertson esponeva la sua visione del mondo. “Tutto quel che dovete fare è guardarvi attorno e vedere che cosa ne è delle società che hanno eliminato, o non hanno mai conosciuto Gesù”, dice il magnate-cacciatore. “Vi faccio quattro esempi: nazisti? Niente Gesù. Gli scintoisti? Hanno iniziato a far qualcosa di veramente brutto a Pearl Harbor. C’era Gesù con loro? No. I comunisti? Neanche loro. Gli islamisti? Zero Gesù. Negli ultimi ottant’anni sono sorte ideologie in cui Gesù non poteva entrare. E guardate all’incredibile numero di omicidi commessi da queste quattro ideologie”. Il putiferio scoppia quando Robertson parla dell’omosessualità: “Il peccato è diventato accettabile”. E ancora: “Per me, in quanto uomo, una vagina sarebbe molto più desiderabile dell’ano di un uomo. Sono fatto così. Sto solo pensando: c’è di più! Una donna ha di più da dare! Voglio dire, dài, ragazzi! Capisci cosa voglio dire? Non è razionale, amico mio, non è razionale”. L’emittente A&E sospende a tempo indeterminato il cacciatore-celebrità e i commentatori liberal, la brava gente di spettacolo e le associazioni per i diritti civili formano una sorta di “ministero della Tolleranza”, come è stato ribattezzato dal giornale Human Events, per svergognare e impoverire, letteralmente, il reprobo Robertson e la sua famiglia di “redneck millionaires”, questi milionari cafoni. Dunque un caso Guido Barilla all’americana, come l’industriale della pasta che ha chiesto scusa di fronte al mondo per aver detto alla radio che il matrimonio lui lo intende fra un uomo e una donna. Soltanto che Robertson non ha chiesto scusa. Alla fine sono stati i suoi avversari a farlo. Il giorno dopo il lancio dell’offensiva per la sua estromissione, Phil Robertson diffonde un comunicato in cui ribadisce la sua “missione”. Anche la famiglia Robertson, a cui la stampa liberal chiede di “dissociarsi” dal capofamiglia, lo difende: “Phil è un uomo del Signore che segue gli insegnamenti della Bibbia. Phil non ha mai istigato odio contro alcuno. Siamo delusi dal fatto che Phil sia stato messo in mezzo a questa bufera per aver espresso la sua fede, il che è un diritto protetto dalla Costituzione”. Ma intanto il network televisivo ingiunge a Robertson di pentirsi in pubblico e di chiedere scusa. Lo sponsor di Robertson, la catena di ristoranti Cracker Barrel, ritira dalla vendita i gadget con l’immagine del patriarca. Non soltanto Robertson non chiede scusa, ma manda a quel paese tutto il plotone di esecuzione. Facebook, storico alleato dei gruppi Lgtb, chiude per “eccesso di traffico” un sito pro Robertson che in poche ore aveva ricevuto 900 mila “likes”. Twitter blocca i tweet dei sostenitori del cacciatore “omofobo”. Robertson aveva fatto sapere che non si sarebbe accontentato di essere riassunto. Voleva le scuse del network, e anche della comunità gay che aveva violato la sua libertà di parola. Alla fine si è scusata la rete A&E, si è scusato Twitter, si sono scusati dalla Cracker Barrel. La caccia alla strega aveva fallito. Robertson è tornato in televisione dai boschi di West Monroe, Louisiana, armato della sua Bibbia, della sua tuta mimetica, del suo fucile, della sua lunga barba e di quelle idee semplici e indigeribili alle élite che volevano farne un cafone della morale.

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