Il crollo delle società arabe
Analisi di Mordechai Kedar
(Traduzione dall’ebraico di Sally Zahav, versione italiana di Yehudit Weisz)
Fin dalla metà del XIX secolo gli intellettuali arabi furono influenzati dal nazionalismo che si stava diffondedo in tutta Europa. L’ avevano studiato, per poi applicarlo alle realtà dei Paesi medio- orientali. Così erano sorti i movimenti pan-arabisti che sostenevano la nascita di uno Stato-nazione, dal Marocco a Ovest all’Iraq a Est, dalla Siria a Nord allo Yemen a Sud. Parallelamente il colonialismo britannico, francese e italiano crearono Stati locali per rendere stabile il loro potere attraverso la diffusione di una coscienza nazionale in Siria, Iraq e Giordania a scapito di una coscienza araba globale. Toccò poi alla Lega Araba ad affrontare il problema.
L’immagine forte che l’Unione Sovietica aveva dato di sè a metà del 1900 fece nascere movimenti come il Socialismo arabo di Gamal Abd al-Nasser e i partiti baathisti che governarono in Siria e Iraq. Alcuni furono attirati dal liberalismo occidentale e cercarono di imitarlo, e altri ancora, all’opposto, adottarono un modello di monarchia fondata sulle tradizioni locali insieme a una costituzione vagamente occidentale.
Tutte queste ideologie avevano in comune il tentativo di dare ai popoli arabi consistenza e significati moderni, che dovevano sostituirsi al tradizionale tribalismo islamico, componente principale della coscienza collettiva medio-orientale. La base di tutte le nuove ideologie si sarebbe dovuta riferire a ogni singola nazione araba e l’Occidente avrebbe dovuto adeguare le proprie a quelle dell’Oriente arabo. Tuttavia nel corso degli anni il risultato effettivo fu un castello di carte, slogan falsi e idee velenose, che in realtà non riuscirono mai a creare una coscienza condivisa e accettata da tutti, in accordo con una lealtà indissolubile alla tradizione tribale e religiosa.
Ne abbiamo le prove - tinte di rosso sangue - durante gli ultimi tre anni che hanno portato al crollo delle tante idee vuote che avevano permeato la sfera pubblica negli ultimi decenni. Il nazionalismo arabo espresso dalla Lega Araba e dalle sue istituzioni, e anche dai singoli vertici arabi, si è rivelato essere nulla di più della foglia di fico che nasconde la nuda faziosità, la scaltrezza, la ricerca di vendetta, l’odio, la gelosia, e i contrasti che hanno gravato su ogni azione collettiva dei Paesi arabi.
Si è visto che la solidarietà araba non è altro che uno slogan stereotipato e insulso, dato che i Paesi arabi non solo non si aiutano a vicenda di fronte ad un attacco straniero, ma hanno piuttosto combattuto l’uno contro l’altro, in totale contrasto con il Trattato Costitutivo della Lega Araba. Negli ultimi tre anni abbiamo assistito all’effettivo coinvolgimento militare in Libia, Siria, Bahrein e Yemen, di Qatar, Arabia Saudita e di altri Stati. In alcuni casi il sostegno straniero era destinato a rafforzare chi era al governo, in altri invece chi si opponeva ai governanti. C’è poi il complotto costante di al-Jazeera, il canale televisivo dei Fratelli Musulmani, che trasmette dal Qatar, diffondendo la jihad mediatica contro i governanti arabi fin dai suoi esordi nel 1996.
I governanti, o più precisamente, i dittatori - da Gamal Abd al-Nasser a Saddam Hussein, da Gheddafi ad Assad padre e figlio – nel corso della passata generazione, hanno continuato a massacrare centinaia di migliaia di loro cittadini, non quelli di altri Paesi - in nome del nazionalismo e per proprio interesse, e nessuno ha mosso un dito. Sono stati graditi ospiti a congressi, conferenze, nei ricevimenti e nei corridoi del potere, e ogni politico ambiva a farsi fotografare con loro. Ci sono stati persino dei politici arabi israeliani che pochi anni fa, sono corsi in Libia per farsi fotografare con l’assassino di massa che aveva governato il Paese per 42 anni. Il loro comportamento dimostra la cattiva reputazione del nazionalismo e del patriottismo che vengono invece strombazzati dai loro mezzi di propaganda, mentre i cittadini protestano nelle strade, stanchi delle menzogne dei loro governi.
A confronto con altri Paesi del mondo, il cittadino arabo ha un basso livello di fiducia nel proprio Stato. L’uomo della strada arabo non ha alcun dubbio che il governo del suo Paese sia corrotto e oppressivo, e che agisca esclusivamente in favore di coloro che sono legati ai poteri delle élites, che sfruttano carica e autorità per profitti personali, attraverso corruzione e illegalità.
C’è un diffuso senso di disperazione fra gli arabi, a causa dell’incapacità a guidare uno Stato moderno e ordinato, con la trasparenza della governance e l’equità economica. La violenza di cui i regimi degli Stati arabi si stanno servendo da decenni, li allontana dalla maggioranza della popolazione e crea profonda ostilità tra il governo e i cittadini. Tuttavia, analogamente, c’è anche la sensazione che se il governo non usasse la violenza, il mondo arabo non sarebbe in grado di mantenere un sistema in grado di reggere all’anarchia.
L’uso della violenza da parte del governo esiste sia a livello nazionale sia a quello locale. Le organizzazioni collegate con lo Stato - esercito, polizia e ministeri – ne sono un esempio. Il livello di violenza domestica è più alto in Medio Oriente che in altre parti del mondo, e la donna araba è più oppressa di qualunque altra al mondo. La lealtà araba nei confronti dei palestinesi si è rivelata niente più di uno slogan privo di significato. Che cosa hanno fatto i paesi arabi per diminuire le sofferenze dei rifugiati del 1948 che sono confinati nei loro “campi profughi” ? I palestinesi in Giudea, Samaria e Gaza hanno mantenuto i loro fratelli nei campi profughi !! Che cosa hanno fatto le autorità arabe con i miliardi di dollari ricevuti in 65 anni? Dove sono finite tutte le donazioni che il mondo negli anni ha contribuito a distribuire ai rifugiati?
Paesi arabi come la Giordania e l’Egitto hanno fatto la pace con Israele senza che il problema dei Palestinesi fosse risolto. Gli interessi particolari di questi Paesi hanno prevalso sui fragili slogan di solidarietà.
Gli eventi che si sono verificati nel campo di Yarmouk in questi giorni provano quanto i Palestinesi stiano a cuore agli altri arabi. Anche la minaccia iraniana, che è aumentata considerevolmente negli ultimi tempi a seguito degli accordi di Ginevra, non è servita a unificare gli arabi. Per questo, per disperazione, si stanno sviluppando dietro le quinte relazioni con Israele, nella speranza che sia Israele a salvarli dagli Iraniani. Hassan Nasrallah definisce questi arabi “uomini falsi” e il lessico arabo non ha denigrazione peggiore.
Più di un centinaio di milioni di arabi vive al di sotto della soglia di povertà e le loro vite sono caratterizzate da malattie, ignoranza e abbandono. Dall’altra parte esiste una minoranza di arabi che vive esistenze lussuose come i miliardari nei paesi del petrolio. La solidarietà economica nella “ nazione araba” è pressoché nulla e la reale preoccupazione per i poveri, gli orfani e le vedove è quasi inesistente. L’assenza di solidarietà economica è il risultato dell’indebolirsi della solidarietà sociale. La considerazione per i diritti umani nei paesi arabi è pressoché nulla, per questo la qualità della vita è ridotta a livelli bassi.
Nel corso degli ultimi tre anni, a causa del deterioramento delle moderne ideologie e dell’indebolimento dei regimi arabi, gli avvoltoi di al-Qaeda hanno iniziato a beccare il corpo debole e ammalato della nazione araba. L’uomo ha abbandonato il luogo laico della leadership ed è subentrato Allah con un kalashnikov in mano. In ogni luogo in cui lo stato cessa di funzionare, arrivano da tutto il mondo per stabilirvi uno “stato islamico”. E’ così in Iran, Siria, Libia, Yemen nel Sinai, e poi in Somalia, Mali, Nigeria, Afganistan e Pakistan. Anche se l’obiettivo primo per questi agenti di morte è la “nazione araba”, il numero di musulmani che hanno ucciso è molto maggiore di quello degli “infedeli” uccisi ovunque sia possibile. Al-Qaeda ha trasformato Allah in un guerriero in battaglia, che combatte contro i suoi stessi credenti musulmani. Il mondo musulmano sta affondando in una palude di sangue, lacrime e fuoco davanti ai nostri occhi, la loro cultura sta trascinando nelle profondità dell’inferno trecento milioni di arabi e molti musulmani che arabi non sono. Se Israele annunciasse oggi di voler aprire le porte a una immigrazione illimitata di arabi e musulmani, quanti si affretterebbero verso Israele, lo Stato ebraico, sionista, per trovare una nuova vita?
Qualche anno fa un giornale egiziano ha detto che la nazione araba è un corpo morto, congelato nell’obitorio per il quale nessuno ha il coraggio di compilare un certificato di morte. Lascio ai miei cari lettori stabilire quanto quel giornalista avesse ragione.
Mordechai Kedar è lettore di arabo e islam all' Università di Bar Ilan a Tel Aviv. Nella stessa università è direttore del Centro Sudi (in formazione) su Medio Oriente e Islam. E' studioso di ideologia, politica e movimenti islamici dei paesi arabi, Siria in particolare, e analista dei media arabi.
Link: http://eightstatesolution.com/
http://mordechaikedar.com