Siria: Daash, l’ultimo arrivato Analisi di Mordechai Kedar
(Traduzione dall'ebraico di Sally Zahav, versione italiana di Yehudit Weisz)
“Daash” è un acronimo che sta per “Dulat al-Islam fi al-Iraq wal-Sham”, “Lo Stato islamico in Iraq e nella Siria Maggiore”, un’organizzazione sunnita salafita affiliata ad al-Qaeda. Venne fondata in Iraq nel 2004, con il nome di “ Stato islamico in Iraq”: il suo obiettivo era affermare lo Stato islamico in ogni area conquistata, assumerne la sovranità, il controllo politico e diplomatico, dopo che l’organizzazione jihadista di al-Qaeda avesse finito di liberare il territorio dai nemici dell’Islam, dagli sciiti e persino dai sunniti che non avessero applicato alla lettera la legge religiosa islamica. Il governo iracheno, che rappresenta la maggioranza sciita, ha combattuto a tutto spiano contro questa organizzazione fin dalla sua nascita, una guerra che ha avuto il sostegno Usa fino al ritiro dei soldati americani dall’Iraq nel 2010. Tuttavia, nonostante la persecuzione, l’organizzazione continua a sopravvivere in clandestinità ed è diventata assai popolare tra la minoranza sunnita che vive in Iraq ai margini della politica e dell’economia.
Nel marzo del 2011, quando scoppiò la guerra civile in Siria, anche l’organizzazione di al-Qaeda fu coinvolta nella lotta contro il regime, in sostegno dell’organizzazione locale jihadista salafita, Jabhat al-Nusra li-Ahal al-Sham, “Fronte di aiuto al popolo di al-Sham”. “Al-Sham” è l’area geografica della “Siria Maggiore” che include Siria, Libano, Giordania e la Terra di Israele. Le organizzazioni salafite non fanno riferimento a questi Stati moderni poiché furono instaurati dal colonialismo britannico e francese, e quindi non considerati Stati legittimi. Alla fine del 2012 gli affiliati di Jabhat al-Nusra videro che al-Qaeda si stava attribuendo i successi sul campo di battaglia, per cui ci furono tensioni nelle relazioni tra le due organizzazioni. Al-Qaeda ha attirato combattenti da tutto il mondo, e ha costituito delle unità con nomi tradizionali islamici.
La parte settentrionale di Aleppo e i suoi sobborghi vennero conquistati da combattenti di al-Qaeda, e oggi, nel Nord della Siria, governa una coalizione organizzata da al-Qaeda sotto il nome di “Stato islamico in Iraq e al-Sham”, versione allargata di quella fondata in Iraq, col nome di “Daash”. Ad Aleppo sono attivi diversi tribunali islamici per imporre la legge islamica della Shari’a sulla base dell’interpretazione più rigorosa: le donne sono costrette a coprirsi il viso quando sono in pubblico, e ai ladri vengono amputate le mani. Conformemente alla tradizione orale islamica, Daash ha imposto una tassa ai coltivatori di ulivi, obbligandoli a consegnare annualmente pro capite all’organizzazione 611 kg di olive o di olio.
La "polizia per il controllo della morale" di Daash fa incursioni nelle feste di matrimonio e caccia i gruppi musicali e i cantanti perchè la musica è contro la tradizione salafita. In un caso la polizia della morale ha chiesto al padre della sposa di imparare a memoria parti del corano come forma educativa di punizione.
L’organizzazione sta ampliando la sua area di operazioni alleandosi con capi-tribù della zona di Aleppo, che a questo punto capiscono che Daash ha un potere forte e non c’è modo di contrastarlo. Daash gode del sostegno finanziario dei sauditi: recentemente l’Arabia Saudita ha stanziato 300 milioni di petroldollari per ricostruire le infrastrutture civili di Aleppo, con Daash come appaltatore. Ogni giorno scoppiano disaccordi tra Jabhat al-Nusra e Daash, soprattutto a causa del coinvolgimento degli “immigrati”, gli jihadisti che arrivano in Siria dai quattro angoli del mondo. Il controllo delle organizzazioni salafite nella Siria settentrionale spinge molti siriani di altre aree a tornareall’interno del regime di Assad, non certo per amore nei confronti del rais o per nostalgia dell’oppressione che avevano sofferto sotto il suo governo, ma solo perché non vogliono essere in balìa di stranieri salafiti, che dominano in nome dell’Islam estremista e sono finanziati dai sauditi. Tutto questo fornisce una spiegazione per i successi raggiunti negli ultimi mesi dall’esercito di Assad, sostenuto da Hezbollah e rinvigorito dall’Iran, nel combattere gli jihadisti nel Sud del Paese.
In questi giorni il regime sta conducendo una vasta offensiva sui Monti Qalamoun tra il Libano e Damasco, un’area controllata dai ribelli, attraverso la quale ricevono aiuti logistici. Se Assad vincesse nell’area di Qalamoun, sarà vicino il giorno in cui potrà dichiararsi vincitore sui terroristi di al-Qaeda e sui suoi sostenitori politici. Il digrigno dei denti del regime saudita sarà sentito da molto lontano, perché la rabbia dei sauditi salafiti sarà commisurata ai loro investimenti nella rivolta in Siria e alla loro delusione per il fallimento.
Il regime iraniano sta per ottenere successi su due fronti importanti: la Siria e le sanzioni, e quando sono gli iraniani e i loro satelliti a vincere, è il mondo che perde.
Mordechai Kedar è lettore di arabo e islam all' Università di Bar Ilan a Tel Aviv. Nella stessa università è direttore del Centro Sudi (in formazione) su Medio Oriente e Islam. E' studioso di ideologia, politica e movimenti islamici dei paesi arabi, Siria in particolare, e analista dei media arabi. Link: http://eightstatesolution.com/