Sciiti-Sunniti, la guerra continua
Commento di Mordechai Kedar
(Traduzione dall’ebraico di Sally Zahav, versione italiana di Yehudit Weisz)
Questa settimana, nel decimo giorno del mese di Muharram, primo mese del calendario islamico Hijri, cade il giorno di Ashura, analogo allo Yom Kippur, il giorno ebraico dell’espiazione, che cade nello stesso periodo. Tuttavia, nel corso degli anni, è diventato un giorno in cui si commemora Hussein bin Ali, il capo della setta sciita che nel 680 e.v., 1333 anni fa, quando venne ucciso mediante decapitazione dal regime sunnita nel Sud dell’Iraq.
A dimostrazione dell’atto compiuto, la sua testa fu solennemente portata a Damasco: il califfo Yazid bin Muawiyah la espose per un mese quale monito per chi avesse voluto ribellarsi. Il fatto che Hussein fosse nipote di Maometto, il profeta dell’Islam, non era stato sufficiente per salvarlo da quella morte.
Quali sono le cause del conflitto tra sciiti e sunniti? Perché la crudeltà di questo conflitto, che dura ancora oggi, è stata e continua a essere così terribile?
Tutto ha inizio nel 632, alla morte di Maometto, quando scoppia la lotta per la successione alla guida dell’islam: la carica di califfo, ovvero il successore di Maometto. Ali bin Abi Talib, marito di Fatima, figlia del Messaggero di Allah e della sua prima moglie, Hadija, era cugino e genero di Maometto. Fatima diede ad Ali due figli, Hasan e Hussein, e due figlie, Zainab e Umm Kulthum.
Quando Maometto era ancora in vita, sua figlia Fatima era entrata in conflitto con Aisha, l’ultima moglie di Maometto, molto più giovane di Fatima. Dopo la morte di Maometto, fu nominato capo dell’Islam, Abu Bakr, il padre di Aisha, contro le attese di Fatima, che avrebbe voluto come naturale successore di Maometto suo marito Ali, in quanto cugino e genero del profeta , nonché padre dei nipoti di Maometto. Ci furono violente lotte tra i membri della cerchia che ruotava attorno ai primi tre califfi, Abu Bakr, Umar e Uthman, una faida famigliare fra chi avrebbe ereditato il potere.
Alla fine, dopo l’assassinio di Uthman nel 656, fu nominato quarto califfo Ali: i suoi oppositori, in particolare i membri della famiglia Umayyah, l’accusarono di complicità nell’assassinio di Uthman, per cui dovette combatterli per tutta la durata dei suoi cinque anni al potere.
Muawiya, il governatore della Siria, si ribellò, autoproclamandosi califfo. Fu suo figlio Yazid, il califfo che ordinò di assassinare Hussein bin Ali. L’omicidio di Hussein venne eseguito nel Sud dell’Iraq, nei pressi della città di Kerbala. Fu ucciso insieme a diverse decine di amici e familiari, solo un bambino sopravvisse per continuare la dinastia. L’omicidio avvenuto nel 680, rimane l’evento determinante per “Shi’at Ali”, la “Setta di Ali”, che sta all’origine di “Sci’iti”, come è chiamata la corrente dell’Islam che sostiene la leadership dei discendenti di Ali.
Questo conflitto familiare dura da quasi 1400 anni. Fino al 1258, alla caduta di Baghdad, capitale della dinastia Abbaside, tutti i califfi dell’Islam per oltre 600 anni erano stati discendenti della tribù dei Quraysh, cui era appartenuto Maometto, ma non c’era mai stato un discendente di Ali. Questa situazione pose gli sciiti in continua opposizione al regime al potere, dando inizio così alla persecuzione che durò per tutta la storia dell’Islam.
La lotta tra i due gruppi ha favorito lo sviluppo di profonde differenze fra loro in ogni ambito della vita religiosa: non seguono la stessa teologia, anche i testi sacri differiscono. Gli sciiti affermano che i sunniti hanno omesso due capitoli dal Corano, dove si legge che la leadership era promessa ad Ali e ai suoi discendenti, mentre i sunniti sostengono che quei due capitoli sono un’invenzione degli sciiti. Anche la legge orale è diversa, perché ognuno dei due gruppi ha inventato storie su Maometto a sostegno della propria posizione politica.
Nelle loro preghiere gli sciiti maledicono i primi tre califfi per aver sottratto il potere ad Ali, e aggiungono passaggi che lo lodano ed esaltano. Dall’altra parte ci sono molti sunniti, in particolare i Wahhabiti dell’Arabia Saudita, che considerano la Shi’a una grave eresia. Il regime saudita vieta alla minoranza sciita di fare il richiamo alla preghiera ad alta voce, perché persino nelle parole del muezzin ci sono passaggi supplementari in lode ad Ali.
Gli sciiti commemorano Ashura, il giorno che ricorda l’uccisione di Hussein bin Ali, con cerimonie impressionanti di “ta’aziah” (consolazione). In alcuni luoghi marciano per le strade e si colpiscono alla schiena con lame e catene fino a sanguinare, in altri luoghi si riuniscono per recitare lamentazioni, con pianti e gemiti.
Tutti questi eventi portano in sé un forte messaggio contro i sunniti, che perpetua l’ostilità tra le due correnti dell’Islam. Gli sciiti sono perseguitati in ogni paese islamico in cui non sono al potere: Saddam Hussein vietava agli sciiti di commemorare Ashura, e in quel giorno era loro vietato adunarsi in strada. Se erano in numero superiore a tre in luoghi pubblici, venivano arrestati e incarcerati. In Libano gli sciiti erano un gruppo sparuto, oppresso e umiliato: è stato questo a favorire lo sviluppo di Hezbollah, che alla fine ha preso il controllo del Libano per vendicarsi dei secoli di oppressione e di emarginazione.
In uno dei villaggi arabi nel Nord di Israele, alcune famiglie passarono all’islam sciita dopo la “divina vittoria” di Hezbollah del 2006. Queste famiglie vennero escluse socialmente: i giovani espulsi dalle scuole, i loro negozi boicottati. Alcuni mesi fa, in Egitto, il leader di una piccola setta sciita è stato massacrato assieme ad alcuni suoi collaboratori; in Europa ci sono moschee che sono state costruite con i soldi sauditi a condizione che fosse proibito l’ingresso agli sciiti. Il comportamento dell’Iran è perfettamente conforme alla storia della lotta tra sciiti e sunniti: l’obiettivo dell’ayatollah sciita iraniano è quello di controllare la Mecca e Medina, in modo da estromettere i sunniti wahabiti da questi luoghi santi per l’Islam e reintegrare al potere gli sciiti discendenti di Ali, il quarto califfo. Questa è la spiegazione della grande ostilità tra Arabia Saudita e Iran, e della forte minaccia che l’Arabia percepisce in questi giorni per il progetto nucleare militare iraniano.
Israele è tra due fuochi: i sunniti vedono Gerusalemme come terzo luogo santo dell’Islam a seguito di quanto avvenne nel settimo secolo, quando la dinastia di Humayyah, che aveva governato a Damasco, aveva scelto Gerusalemme come centro politico e religioso per competere con la Mecca.
Gli sciiti, per tradizione, non considerano Gerusalemme un luogo santo perché dichiarato tale dagli Umayyadi, i disprezzati assassini di Hussein bin Ali. Nella politica moderna entrambe le correnti si combattono in una lotta per la legittimazione religiosa, ognuna vuole presentarsi come la più forte nella jihad contro gli ebrei.
Così, Gerusalemme è diventata luogo santo anche per gli sciiti: l’Iran ha costituito il gruppo “Quds” (Quds, ” santo” in arabo, ed è parte del nome in arabo di Gerusalemme, al Quds) per spargere il terrore nel mondo.
Ogni anno, Hezbollah organizza assieme agli iraniani il “Giorno di Gerusalemme”.
Ma la guerra in corso tra sunniti e sciiti è causa ancora di un numero enorme di morti: la guerra (1980-1988) tra l’Iraq del sunnita Saddam Hussein e gli Ayatollah sciiti, ha causato più di un milione di morti a entrambe le parti, musulmani uccisi da altri musulmani.
Dal 2003 in Iraq è in corso una guerra civile tra jihadisti sunniti che fanno esplodere bombe nei quartieri sciiti, i quali, a loro volta, fanno esplodere auto-bombe nelle zone sunnite. Tutto questo è costato fino ad ora centinaia di migliaia di morti, uomini, donne e bambini.
Gli eventi commemorativi come l’Ashura (di questa settimana) e il quarantesimo giorno successivo, sono “ giorni speciali “ per gli operativi del terrorismo sunnita, perché i cortei di massa e i grandi raduni di sciiti per i rituali sono una attrazione ed un bersaglio perfetto per chiunque voglia colpirli.
In passato più volte è stato sufficiente diffondere la voce che un terrorista si era unito alla folla dei fedeli per provocare una fuga precipitosa, con centinaia di morti calpestati .
Anche in Pakistan e in Afghanistan ci sono gruppi di sciiti, considerati infedeli, le cui moschee sono un obiettivo costante per gli attacchi dei terroristi sunniti, specialmente da parte dei membri di al-Qaeda.
In passato ci sono stati tentativi di mediazione e riconciliazione tra le due correnti dell’Islam, ma la guerra condotta con tutte le forze da tre anni in Siria ha sconvolto tutte le carte, a causa di finanziamenti, armi e combattenti sciiti iraniani, il regime infedele Alawita sta massacrando incessantemente i propri cittadini sunniti. Finora vi sono stati circa duecento mila morti e milioni di rifugiati che vivono tra sofferenze e miseria.
La guerra tra Ali e Muawiya per il dominio dell’Islam- il quarto e il quinto califfo, vissuti nella metà del settimo secolo- continua a mietere morte nel mondo musulmano.
Mordechai Kedar è lettore di arabo e islam all' Università di Bar Ilan a Tel Aviv. Nella stessa università è direttore del Centro Sudi (in formazione) su Medio Oriente e Islam. E' studioso di ideologia, politica e movimenti islamici dei paesi arabi, Siria in particolare, e analista dei media arabi.
Link: http://eightstatesolution.com/