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Corriere della Sera - Il Manifesto Rassegna Stampa
08.11.2013 Arafat avvelenato ? La moglie incolpa i suoi fedelissimi
Cronaca di Davide Frattini. Per Michele Giorgio la colpa è di Israele

Testata:Corriere della Sera - Il Manifesto
Autore: Davide Frattini - Michele Giorgio
Titolo: «La rabbia di Suha Arafat: 'Ucciso in modo vigliacco da un traditore nel Palazzo' - Avvelenamento di Arafat, ora è sotto pressione l'Anp»

Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 08/11/2013, a pag. 19, l'articolo di Davide Frattini dal titolo  " La rabbia di Suha Arafat: «Ucciso in modo vigliacco da un traditore nel Palazzo»". Dal MANIFESTO, a pag. 9, l'articolo di Michele Giorgio dal titolo " Avvelenamento di Arafat, ora è sotto pressione l'Anp ", preceduto dal nostro commento.
Ecco i pezzi:

CORRIERE della SERA - Davide Frattini : " La rabbia di Suha Arafat: «Ucciso in modo vigliacco da un traditore nel Palazzo» "


Davide Frattini                         Suha e Yasser Arafat   

GERUSALEMME — «Il crimine è stato commesso dentro la Muqata, è dentro la Muqata che bisogna indagare». Suha Arafat denuncia la congiura di palazzo anche se il palazzo nove anni fa era ridotto a poche stanze circondate dalle macerie. Il leader palestinese viveva sotto assedio da ventiquattro mesi, circondato dai carrarmati israeliani e attorniato dai suoi fedelissimi. Che gli preparavano il mangiare, gli versavano il té o il caffé, lo aiutavano a lavarsi.
La vedova ha ricevuto da un paio di giorni il rapporto dei medici dell’ospedale universitario di Losanna, 108 pagine per provare a spiegare le cause della morte, un dossier che i patologi svizzeri esitano a definire conclusivo. Rivelano di aver trovato tracce di polonio 210 diciotto volte superiori alla norma nei frammenti di ossa ma ammettono: «Possiamo escludere il polonio come responsabile del decesso? La risposta è chiaramente no. Possiamo affermare con certezza che il polonio ne sia il responsabile? La risposta è purtroppo no». La squadra incaricata da Suha di riesumare il corpo un anno fa dal mausoleo a Ramallah considera comunque l’ipotesi dell’avvelenamento la «più coerente».
Per Suha non è un’ipotesi. Da Losanna e Parigi sta tornando sull’isola di Malta dove vive con la figlia Zahwa, che in luglio è diventata maggiorenne. «È un omicidio politico — commenta al telefono —, è stato ucciso in modo vigliacco. Se fosse morto in battaglia, sarebbe stato diverso. Così è ancora più scioccante, questa scoperta mi ha fatto ritornare in lutto». Racconta: «Il criminologo britannico David Barclay non mi ha lasciato dubbi. Il polonio deve essere stato somministrato a Yasser da qualcuno molto vicino a lui, che gliel’ha messo nel té, nel caffé o nella cena».
L’isotopo radioattivo è lo stesso rilevato nel corpo di Alexander Litvinenko, l’ex colonnello dei servizi segreti russi che aveva denunciato le trame cecene ed era morto avvelenato a Londra nel 2006. È un elemento molto raro, che gli scienziati definiscono «esotico». A Suha gli esperti hanno spiegato che «viene realizzato all’interno di un reattore nucleare»: «Con questo non voglio dire che uno Stato sia per forza coinvolto nel complotto, il polonio potrebbe essere stato acquistato al mercato nero».
Ad accusare uno Stato sono invece i nuovi capi palestinesi, che chiedono un’inchiesta internazionale («come per l’assassinio del premier libanese Rafiq Hariri», pretende Wassel Abu Yussef) e fanno capire che l’eliminazione del raìs era nell’interesse degli israeliani.
Dov Weisglass, all’epoca consigliere del premier Ariel Sharon, smentisce che il governo vedesse vantaggi nella scomparsa del presidente palestinese: «A quel punto era isolato e senza potere», commenta all’agenzia Associated Press . Raanan Gissin, un altro assistente di Sharon, ricorda: «Il primo ministro non voleva aver niente a che fare con la morte di Arafat, è per quello che ha dato il permesso per il trasferimento all’ospedale militare a Parigi». Silvan Shalom, ministro degli Esteri nel 2004, assicura: «Non abbiamo mai approvato la decisione di colpirlo fisicamente».
Oggi a Ramallah la commissione d’inchiesta palestinese presenta i risultati delle analisi sui resti del leader effettuate dall’istituto forense di Mosca. Suha non ci sarà, sono anni che non torna, in questi giorni non ha parlato con nessuno dei successori del marito. «Il presidente Abu Mazen ha permesso la riesumazione del corpo, per questo lo ringrazio. Adesso deve garantire che i colpevoli vengano trovati».

Il MANIFESTO - Michele Giorgio : " Avvelenamento di Arafat, ora è sotto pressione l'Anp "


Michele Giorgio     Yasser Arafat                Vittorio Arrigoni

Arafat avvelenato. La stessa moglie incolpa i palestinesi.
Come può il Manifesto digerire una notizia simile?
Distorcendola, ovvio : "
Ai palestinesi nei Territori occupati non sfugge il più inquietante dei tanti aspetti misteriosi di questa vicenda: Israele, dicono, ha ordinato ma la mano che ha avvelenato Arafat è sicuramente palestinese. La mano di qualcuno che doveva essere vicino al presidente mentre viveva, di fatto confinato, nel suo ufficio di Ramallah. ".
Insomma, Israele è sempre responsabile, anche quando non c'entra niente. Logico, no?
A proposito di omicidi palestinesi...è da parecchio che Giorgio non aggiorna i suoi  lettori su 'indagini' e 'processo' sulla morte di Vittorio Arrigoni. Come mai?
Mica si sarà giunti a qualche conclusione imbarazzante? 
Ecco il pezzo:

I vertici dell'Anp hanno sbagliato, dovevano essere protagonisti sin dal giorno della morte di Yasser Arafat di una iniziativa forte volta a far piena luce sulle cause della sua malattia. Invece sono rimasti indietro, hanno esitato, hanno scelto il basso profilo, facendosi superare dalle inchieste giornalistiche. Per i leader dell'Anp questa vicenda potrebbe rivelarsi molto dannosa». L'ex ministro Ghassan al Khatib, ora analista politico, rispondendo alle domande del manifesto mette il sale sulla ferita aperta dalla pubblicazione del rapporto preparato dagli esperti svizzeri che hanno esaminato e analizzato la salma riesumata dell'uomo che per oltre 40 anni è stato il simbolo della causa palestinese. Perchè la conferma «all'83%» giunta da Losanna che Arafat è stato avvelenato con il polonio non mette sotto accusa soltanto Israele che nega il suo coinvolgimento ma viene indicato dai palestinesi come «mandante dell'assassinio» di Mister Palestina. Sotto pressione sono anche i leader dell'Anp e dell'Olp che scelgono di rimanere in silenzio. Ai palestinesi nei Territori occupati non sfugge il più inquietante dei tanti aspetti misteriosi di questa vicenda: Israele, dicono, ha ordinato ma la mano che ha avvelenato Arafat è sicuramente palestinese. La mano di qualcuno che doveva essere vicino al presidente mentre viveva, di fatto confinato, nel suo ufficio di Ramallah. «C'era una decisione del governo israeliano di non toccarlo (Arafat)», sostiene Ranan Gissin, un collaboratore dell'ex premier israeliano Ariel Sharon, il nemico implacabile del leader palestinese. «Se qualcuno lo ha avvelenato - aggiunge - era certo uno dei suoi collaboratori». È forte perciò l'attesa perla conferenza stampa che stamani terrà alla Muqata di Ramallah, un ex capo dell'intelligence, Tawfiq Tirawi, responsabile della commissione che, almeno sulla carta, ha seguito l'accertamento medico e chimico delle cause della morte di Arafat. Non tanto per conoscere i particolari del rapporto preparato dagli specialisti svizzeri già largamente anticipato dalla tv qatariota al Jazeera, quanto per sapere quali passi l'Anp e l'Olp intendono fare. La popolazione palestinese e la base di Fatah, il partito guidato per decenni da Arafat e, dal 2004 in poi, da Abu Mazen, fanno una sola richiesta: una inchiesta internazionale per individuare e punire il mandante e l'esecutore dell'avvelenamento mortale. Una richiesta legittima. Per l'assassinio dell'ex premier libanese Rafiq Hariri (febbraio 2005) infatti è stata avviata un'indagine internazionale che fa capo al «Tribunale speciale per il Libano». A maggior ragione dopo la conferenza stampa di ieri degli esperti svizzeri che tra frasi prudenti e una linea esageratamente cauta, hanno comunque confermato che l'avvelenamento resta la causa quasi certa della morte di Arafat. «i palestinesi attendono di vedere in azione i loro leader, li vogliono impegnati a portare avanti la giustizia e la verità in nome di un uomo che è stato un simbolo per una intera nazione», spiegava ieri sera il politologo Hani al Masri. Abu Mazen è perciò chiamato a prendere posizione sul caso-Arafat. Da Gaza il movimento islamico llamas lo incalza sollecitando l'interruzione immediata dei negoziati con Israele dopo la pubblicazione del rapporto sull'avvelenamento di Arafat. Il presidente dell'Anp però ha le mani legate. Riprendendo lo scorso luglio le trattative, si è impegnato per almeno nove mesi a non fare ricorso ad alcuna corte internazionale per denunciare Israele. Qualcuno sussurra che a gettare un salvagente ad Abu Mazen potrebbero essere i risultati degli esami, simili a quelli fatti dagli svizzeri, che hanno effettuato sulla salma di Arafat due team di esperti francesi e russi. Dovessero fornire esiti molto diversi la vicenda rientrerebbe nel limbo in cui è rimasta per nove anni. Non si arrenderà in ogni caso Suha Tawil, la controversa vedova di Arafat. Pochi giorni prima della morte del marito, denunciò quelli che a suo dire intendevano «metterlo nella tomba prima del tempo», in riferimento a non meglio precisati alti dirigenti dell'Anp. Parole che fecero infuriare quella che poi sarebbe diventata la nuova leadership palestinese.

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