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Corriere della Sera Rassegna Stampa
08.08.2013 Il Barça gioca allo stadio di Tel Aviv, ma viene suonato solo l'inno catalano
Niente Hatikva. Cronaca di Davide Frattini

Testata: Corriere della Sera
Data: 08 agosto 2013
Pagina: 15
Autore: Davide Frattini
Titolo: «Niente inno di Israele. L’ 'autogol' del Barça»

Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 08/08/2013, a pag. 15, l'articolo di Davide Frattini dal titolo "Niente inno di Israele. L’«autogol» del Barça".


Davide Frattini    Shimon Peres con i calciatori del Barça


Il giocatore Lionel Messi al Kotel

GERUSALEMME — «Messi, Xavi, Iniesta... Insegnate a noi e ai palestinesi a giocare il tiki-taka per segnare il gol che tutti aspettiamo, il gol della pace». Così li ha accolti Shimon Peres, prima di tirare il calcio d’avvio presidenziale all’allenamento spettacolo di domenica pomeriggio. I campioni del Barcellona non sono però riusciti a portare la pace neppure tra gli israeliani e il rimpallo è stato quello delle accuse. Adesso il ministero della Cultura minaccia gli organizzatori: da noi non avrete un soldo per le spese dell’evento. Perché — raccontano anonimi funzionari del governo al quotidiano Yedioth Ahronoth — il finanziamento era stato concesso alla condizione che allo stadio Bloomfield di Tel Aviv venisse cantato anche l’inno israeliano. Invece i promotori della visita — il Centro per la pace creato dal presidente e Nobel — hanno scelto di far suonare solo quello catalano in onore degli ospiti. Gli assistenti di Peres spiegano che per rispettare il protocollo, se fosse stato eseguito l’inno nazionale andavano presentati anche quello spagnolo e palestinese: quattro in tutto, troppi — dicono — per i quindicimila spettatori che aspettavano di vedere i calciatori impegnati in un allenamento con squadre di bambini. Il chiarimento non basta al ministero, che critica il Barcellona per non aver voluto Hatikva : «Come possono venire nel cuore di Tel Aviv e chiederci di non suonare il nostro inno? Non siamo disposti a usare denaro pubblico per eventi in cui il pubblico viene offeso». Avi Naim, tra i leader dei coloni, si è infuriato anche perché allo stadio non sventolava la bandiera israeliana: «È inaccettabile, per piacere al mondo ci vergogniamo dei nostri simboli». Le immagini di Lionel Messi al Muro del Pianto a Gerusalemme con la kippa bianca mentre infila tra le pietre il bigliettino con voti e preghiere, i colpi di testa assieme ai campioni del premier Benjamin Netanyahu (in divisa azzurra della nazionale), le parole del presidente Sandro Rosell («è un onore essere qui con la mia squadra, anche se sappiamo che è una goccia nell’oceano degli sforzi per la pace») hanno entusiasmato gli israeliani senza eliminare la sensazione di un’occasione mancata. Quando in febbraio ha annunciato il viaggio, Rosell avrebbe voluto organizzare una partita amichevole tra il Barcellona e una formazione mista israeliani-palestinesi. Jibril Rajoub, presidente della federazione calcio a Ramallah, si è opposto da subito: «Gli israeliani impediscono ai nostri atleti di muoversi liberamente, il loro comportamento è discriminatorio sul campo, non è possibile giocare insieme». Rajoub aveva anche protestato con la Uefa per la decisione di disputare l’Europeo Under 21 in Israele. Nei territori i blaugrana hanno visitato Betlemme dove hanno incontrato il presidente Abu Mazen e da lì si sono spostati al centro sportivo di Dura, il villaggio dov’è nato Rajoub, per un allenamento dimostrativo con i piccoli delle squadre locali. «Non ci hanno invitato neppure sugli spalti — commentano dal governo israeliano al quotidiano Jerusalem Post — mentre noi abbiamo ospitato a Tel Aviv 4-500 ragazzini palestinesi. I giocatori del Barcellona hanno potuto rendersi conto quanto sarà difficile portare avanti il processo di pace».

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