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Libero-Corriere della Sera Rassegna Stampa
03.08.2013 Teheran minaccia Israele: tutto come prima
Articoli di Carlo Panella, Davide Frattini, con una nota sul Manifesto

Testata:Libero-Corriere della Sera
Autore: Carlo Panella-Davide Frattini
Titolo: «Il 'moderato' Roahani minaccia Israele-Israele,ferita da rimuovere. Ma poi l'Iran si corregge»

La dichiarazione del neo presidente Rohani ha fatto il giro del mondo.
I giornali italiani oggi, 03/08/2013, si distinguono fra quelli che vi hanno dedicato poche righe (La Stampa) e quelli che l'hanno ignorata (IlSole24Ore). Una menzione speciale merita il MANIFESTO, che ha titolato la colonnina di Michele Giorgio " Gaffe di Teheran, Netanyahu attacca il neo presidente", mai il quotidiano comunista era arrivato a tanto, quella di Rohani non è una minaccia di distruzione di Israele, ma una 'gaffe', mentre l'aggressore diventa Netanyahu. Siamo contrari alla riapertura dei manicomi, ma urge un TSO (Trattamento Sanitario Obbligatorio, nuovo nome per 'ricovero psichiatrico urgente) a tutta la redazione!
Riprendiamo due articoli, di Carlo Panella, da LIBERO, a pag.17, perfetto nel registrare al meglio l'analisi del regime iraniano, azzeccato anche il titolo.
Dal CORRIERE della SERA, a pg.13, la corrispondenza di Davide Frattini, con un titolo che dà credito al successivo tentativo di minimizzare la dichiarazione di Rohani, tentativo smentito nella stessa cronaca di Frattini. Anche l'occhiello  " L'arringa del neo presidente Rohani contro l'occupazione della Palestina sarebbe stata 'distorta'  dalle agenzie di stampa" , proprio in Iran, dove non muove foglia che il regime non voglia ! continua nella redazione esteri del Corriere la presenza di un redattore dalla "manina infarita" che provvede a rendere pro-islam titolazioni e occhielli. 

Ecco i due articoli:

Libero-Carlo Panella:" Il  'moderato' Roahani minaccia Israele "

Rohani, l'avevano scambiato per un moderato

«Israele è un corpo estraneo, una ferita inflitta da anni nel corpo del mondo musulmano che va mondata»: il neopresidente iraniano Hassan Rohani ha scelto di iniziare ieri il suo nuovo mandato chiarendo al mondo che nulla cambia a Teheran. La sua bandiera, il suo programma è non solo intriso di odio per Israele, ma dalla dichiarata volontà di «estirparlo dalla faccia della terra», come disse inaugurando il suo mandato nel 2005 il suo predecessore Mohammed Ahmadinejad, con una leggera differenza lessicale. Differenza subito ampliata dall’agen - zia Irna che ha sostenuto che in realtà Rohani non si riferiva a Israele, come riportato in un primo momento dalla agenzia studentesca Isna, ma alla «Palestina occupata e ad al Qods» (Gerusalemme). Un classico e ipocrita gioco di parole, spesso usato anche da Yasser Arafat e da altri leader palestinesi, là dove per «Palestina occupata» si intende «il territorio tra il fiume Giordano e il mare» (altra perifrasi), cioè esattamente tutto il territorio di Israele e non solo la Cisgiordania e Gaza. Hanno così fine tutte le ineffabili speranze che l’universo progressista e politically correct in Europa e negli Usa ha riposto nella «svolta» della vittoria del «riformista» Rohani, dopo l’oltranzista Ahmadinejad. In realtà, la sua biografia non lascia dubbi: dal 1979 è sempre stato al centro dei più delicati gangli del potere rivoluzionario, riscuotendo sempre la più piena fiducia dell’ayatollah Khomeini e poi del suo successore l’ayatollah Khamenei, suo sponsor occulto nelle ultime presidenziali. Nel 2003, Rohani fu poi incaricato di trattare con i «quattro più uno» la esplosiva questione dell’arricchimento dell’uranio e ottenne un grande risultato. Siglò infatti una moratoria da parte iraniana, che portò alle stelle le suo quotazioni nelle cancellerie occidentali e consolidò la sua fama di «moderato». Ma quella moratoria era solo un bluff, che l’abile Rohani confezionò col solo intento ad allontanare la pressione delle ispezioni dell’Aiea per avviare un enorme programma clandestino di arricchimento dell’uranio, emerso poi alla luce nel 2006. Iniziare il proprio mandato con l’ennesima dichiarazione di volontà di guerra di sterminio nei confronti di Israele ha dunque un significato chiaro: Rohani non ha intenzione di annullare quel programma di costruzione della bomba atomica – unico strumento che può attuare quella volontà sciagurata - e si distinguerà dal suo oltranzista predecessore solo dal punto di vista lessicale e formale. Tanto quanto Ahmadinejad amava essere gradasso e provocatorio, altrettanto Rohani sarà in apparenza flessibile e malleabile, ma in realtà punterà solo a replicare il bluff del 2003. Di questo dovranno prendere atto sia Barack Obama, che l’Unione Europea che nelle ultime settimane hanno più volte dichiarato di fare forte affidamento sulla volontà di dialogo degli ayatollah iraniani, che si sarebbe appunto espressa con la «svolta» dell’elezione di un «riformista». Le trattative informali tra emissari di Barack Obama, dell’Unione Europea e degli iraniani sono in preparazione dal 15 giugno, data della vittoria di Rohani e, sino a ieri, erano avvolte in un aurea immotivata di ottimismo, che ha stranamente coinvolto anche il Ministro degli Esteri Emma Bonino. Di certo la volontà di distruggere Israele condivisa da Rohani non metterà in crisi da subito il calendario dei contatti, né farà immediatamente cessare le speranze di Obama e degli europei (che cinicamente spesso considerano il fatto come fosse una manifestazione di infantile folklore), ma sicuramente emergerà sul medio periodo come il sintomo di un reiterato oltranzismo iraniano, appena celato dal bonario – ma falso - sorriso di Rohani. Tessuto oltranzista peraltro chiaro anche nella composizione dell’esecutivo che Rohani presiederà in cui ben dieci ministri sono ultrà conservatori (a cui vanno i ministeri chiave della Difesa e degli Interni), dodici sono i ministri centristi e solo sei sono i rappresentanti della sparuta pattuglia riformista a cui verranno assegnati dicasteri secondari.

 

Corriere della Sera-Davide Frattini:" Israele,ferita da rimuovere. Ma poi l'Iran si corregge"

Rohani, Ahmadinejad intercambiabili                          Davide Frattini

DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
GERUSALEMME — Mahmoud Ahmadinejad lascia oggi l’ufficio ad Hassan Rohani. Il sesto e il settimo presidente iraniano hanno partecipato ieri alle manifestazioni per la Giornata di Gerusalemme. Ahmadinejad segue il copione degli otto anni al potere: accusa l’Occidente di «usare i sionisti per controllare il Medio Oriente», parla da un palco che esibisce la scritta «Israele dovrebbe essere cancellata dalla pagina del tempo», promette: «Una tempesta devastatrice sradicherà la base del sionismo».
Le agenzie di stampa del regime sono così abituate alla sceneggiatura dei suoi discorsi che hanno attribuito una frase nel suo stile ideologico anche al nuovo leader. Durante i cortei a Teheran, Rohani si ferma a parlare con i giornalisti locali. Dice: «Nella nostra regione una ferita è stata creata nel corpo del mondo islamico sotto l’occupazione della terra sacra di Palestina e della nostra cara Quds (Gerusalemme)». Le agenzie Isna e la Mehr (quasi-ufficiali) aggiungono nei loro dispacci le parole: «E questa ferita deve scomparire».
Poche ore dopo la televisione di Stato Press Tv interviene per precisare e diffonde il video dell’intervista a Rohani, in cui la minaccia non compare. Il neo-presidente dichiara che «il popolo musulmano non dimenticherà mai il suo diritto storico e resisterà sempre di fronte all’ingiustizia e all’aggressione». La Giornata di Gerusalemme viene celebrata ogni anno, è una commemorazione voluta dalla rivoluzione islamica del 1979. Le televisioni hanno mostrato i fedeli durante la preghiera del venerdì, urlano «morte all’America» e «morte a Israele».
Benjamin Netanyahu, il primo ministro israeliano, reagisce subito. Da quando Rohani è stato eletto a metà giugno ripete che nulla è cambiato, che l’ayatollah Khamenei resta la guida del Paese, che la strategia è la stessa: «Il vero volto del nuovo presidente è stato svelato prima del previsto — commenta da Gerusalemme —. Gli iraniani si affrettano a smentire le frasi, ma è quello che Rohani pensa. Queste dichiarazioni dovrebbero risvegliare una parte del mondo: non si può permettere che una nazione che minaccia Israele di distruzione si doti dell’arma atomica».
Jeffrey Goldberg, editorialista dell’Atlantic e di Bloomberg News , ascoltato come consigliere dal presidente americano Barack Obama, interviene per mettere in evidenza i tweet emanati ieri dagli assistenti dell’ayatollah Khamenei sul suo account ufficiale: «Tutta la Palestina ai palestinesi, dal fiume al mare». Commenta Goldberg: «Significa negare uno Stato per gli ebrei ed è la posizione degli antisemiti».
Netanyahu considera la missione della sua vita fermare il programma nucleare iraniano. Teme che gli occidentali possano ammorbidire l’embargo economico contro il regime convinti che con Rohani sia possibile il dialogo.
Per ora i deputati americani hanno votato mercoledì scorso un’inasprimento delle sanzioni: il premier israeliano si è congratulato e ha ricordato (agli europei) che «Teheran va giudicata per quel che fa non per quel che promette».
La decisione della Camera a pochi giorni dall’investitura del neo-presidente Rohani ha irritato gli iraniani: «Complica i negoziati già difficili ed è una scelta ingiusta che arriva nel momento sbagliato», ha commentato un portavoce del ministero degli Esteri.


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