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Il Fatto Quotidiano - L'Unità - Il Giornale Rassegna Stampa
13.07.2013 L'odio per Israele mette tutti d'accordo
Fatto Quotidiano, Moni Ovadia e un lettore del Giornale contro lo Stato ebraico

Testata:Il Fatto Quotidiano - L'Unità - Il Giornale
Autore: Redazione del Fatto Quotidiano - Moni Ovadia - Lettori del Giornale
Titolo: «Israele, quando il 'nemico' ha cinque anni - Un pericoloso terrorista di 5 anni»

Riportiamo dal FATTO QUOTIDIANO di oggi, 13/07/2013, a pag. 13, l'articolo dal titolo " Israele, quando il 'nemico' ha cinque anni ". Dall'UNITA', a pag. 16, l'articolo di Moni Ovadia dal titolo " Un pericoloso terrorista di 5 anni ".
Dal sito internet del GIORNALE, uno scambio di commenti di alcuni lettori sull'accaduto.

Riportiamo il pezzo del Fatto Quotidiano e quello di Moni Ovadia per dovere di cronaca, non certo per lo scarso interesse del loro contenuto.
Il pezzo del Fatto cerca di presentare in maniera asettica l'accaduto, ma traspare dal tono e dall'impostazione l'ostilità per Israele.
Al pezzo di Moni Ovadia basta la firma dell'autore stesso per capire quale sarà l'intonazione. Nessuno spazio per il punto di vista israeliano, solo propaganda della peggior specie.
Consigliamo al giornalista del Fatto e a Moni Ovadia la lettura degli articoli di La parte coi commenti dal sito internet del Giornale rende l'idea di quanto l'odio per Israele sia radicato e diffuso in tutti gli schieramenti politici.
L'antisemitismo riesce sempre a mettere tutti d'accordo, da destra a sinistra.

Il commento di IC è contenuto negli articoli di Deborah Fait e Fiamma Nirenstein, pubblicati in altra pagina della rassegna.
http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=999930&sez=120&id=49862
Ecco i pezzi:

Il FATTO QUOTIDIANO - " Israele, quando il 'nemico' ha cinque anni "

Il video fa il giro del web, provoca emozione e scatena la polemica. Le immagini, girate martedì scorso e diffuse giovedì da un attivista di B'Tselem, l'ong israeliana per la difesa dei diritti umani, mostrano un bambino palestinese fermato da una pattuglia militare israeliana a Hebron, in Cisgiordania, dopo aver lanciato un sasso contro un'automobile israeliana in transito. Il protagonista della vicenda, che a tratti appare circondato da otto militari armati della Brigata Ghivati, è Wadi Maswadeh. E' nato a settembre del 2007: ha poco meno di cinque anni e dieci mesi. Secondo la denuncia di B'Tselem, il piccolo è stato fermato per un'ora e mezzo presso la Tomba dei Patriarchi di Hebron, assieme col padre Karam. L'esercito israeliano, nella sostanza, non nega l'episodio: ma accusa l'organizzazione per i diritti umani di averlo divulgato alla stampa in forma "tendenziosa" e senza averlo prima analizzato con le autorità militari. I soldati, lascia intendere, si sono comunque comportati in maniera ineccepibile. Secondo il filmato fornito a B'Tselem dall'attivista locale Manal Jaabari, Wadi è stato bloccato dai militari, dopo il lancio della pietra, mentre era solo per strada. Nel video appare terrorizzato all'idea di dover salire su una jeep militare. Batte i piedi per terra, urla. Un giovane passante accetta di scortarlo a casa, assieme con i soldati. A malincuore, Wadi sale mugolando a bordo. Il suo brutto pomeriggio è appena iniziato. Una volta a casa, sempre stando alla ricostruzione di B'Tselem, i militari informano la madre che dovranno portare Wadìa dalla polizia palestinese. Intanto il bambino si è nascosto dietro ad alcuni materassi, sperando che la bufera passi. Dopo mezzora sopraggiunge il padre, Karam. "Ma come - si meraviglia - adesso arrestate anche i bambini di cinque anni ?". I soldati sono irremovibili: la vicenda va sottoposta all'attenzione della polizia palestinese, che presidia una parte della città. Wadi e Karam sono dunque condotti nella caserma israeliana della via Shuhada. Nelle immagini, il padre appare a tratti bendato e ammanettato. Per B'Tselem si tratta di un episodio intollerabile. L'età minima per la responsabilità penale, in Israele come nei Territori, è di 12 anni. In nessun caso - secondo la Ong - i militari potevano fermare Wadi e obbligarlo a salire sulla jeep.

L'UNITA' - Moni Ovadia : " Un pericoloso terrorista di 5 anni "


Moni Ovadia

Una telecamera nelle mani di un occasionale spettatore della realtà può rivelare, per caso, un inverosimile episodio di ottusa brutalità e simultaneamente di crudele stupidità. L'arresto, operato da una dozzina di militari armati, per il «crimine» del lancio di una pietra contro un auto, di un bimbo di cinque anni e di suo padre, sopraggiunto per proteggere il figlioletto, per il delitto di sospetta complicità con un pericolosissimo terrorista in erba. L'uomo con la telecamera, casualmente è un attivista di un'associazione perla difesa dei diritti umani, beth tselem. Le immagini arrivano sulla rete tramite l'efficientissimo Youtube e sono subito intercettate da milioni di internauti. Dov'è accaduto questo episodio di solerzia nel provvedere alla tutela della sicurezza dei cittadini che devono essere protetti dalle minacce di terroristi cinquenni e magari treenni? È accaduto nello spazio controllato dall'unica democrazia del Medioriente, uno stato modernissimo all'occidentale, il Paese che detiene il primato del massimo numero di start-up al mondo. Un Paese molto orgoglioso in cui i cittadini, ogni cinque anni, vanno alle urne per scegliere il loro governo, che cambia, si trasforma o rimane uguale a se stesso per governare i propri cittadini. Ma in questa stessa nazione sorretta da un'architettura istituzionale «democratica», i governanti che si sono succeduti da 46 anni, occupano illegalmente territori che appartengono ad un altro popolo, lo opprimono, ne rendono la vita un inferno, lo tengono chiuso in prigione o in gabbia, lo umiliano, ne arrestano arbitrariamente i cittadini o li sottopongono a miriadi di vessazioni e abusi con atti amministrativi attuati con sadismo, li discriminano e li segregano. E non si fermano neppure davanti all'infanzia, alla vecchiaia, alle gravidanze. Quante telecamere occasionali in mano ad attivisti coraggiosi ci vorrebbero per raccontare tutti gli episodi di sopraffazione che accadono sotto l'azione diretta, sotto l'egida dell'autorità militare di quella democrazia e quante altre ne servirebbero per documentare le violenze impunite dei coloni «democratici» e quanti occhi segreti servirebbero per raccontare gli abusi commessi nei luoghi di reclusione? Se anche si trovassero tutte queste telecamere in mano a folle di attivisti dei diritti e della dignità, il governo dell'unica democrazia-del Medioriente e i suoi sostenitori planetari,- chiederebbe la cancellazione delle riprese con l'imputazione del crimine di antisemitismo. La stessa cosa accadrebbe anche a viaggiatori che, per turismo o per lavoro, si recassero nelle terre illegittime della grande democrazia mediorientale e fossero testimoni oculari delle ingiustizie subite dal popolo occupato. Qualora, per coscienza, decidessero di renderne testimonianza, verrebbero immediatamente accusati di avere uno sguardo antisionista ovvero antisemita tout court.

Il GIORNALE - commenti

gzorzi
Ven, 12/07/2013 - 10:45
Gli israeliani sono anni che soffocano questo popolo sia militarmente e ancor peggio psicologicamente con torture varie, ma nessuno dice niente, anzi, i grandi paladini della democrazia USA appoggiano. Normale che dopo una simile pressione qualche sasso scappi e sono ancora fortunati che sia solo un sasso.

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SerenaRVen, 12/07/2013 - 11:03
Hanno fatto bene! I palestinesi insegnano ai loro figli l'odio per Israele. Non è la prima volta che un sasso lanciato contro un auto abbia causato la morte di chi guidava.

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cecilia nizzaVen, 12/07/2013 - 11:15
Al signor Zorzi da Gerusalemme. Si documenti sulle conseguenze mortali dei lanci di sassi. Lei si indigna perché hanno arrestato un bimbo di 5 anni, ma non ho sentito la stessa indignazione quando i "sassi" hanno provocato la morte di neonati. Non si tratta di qualche sasso, si tratta di un'educazione all'odio, che inizia proprio nell'infanzia e che non può certo aiutare a creare un clima pacifico. Vorrei poi leggere un suo commento sulle stragi che si stanno perpetrando in Siria, Egitto ecc. Infine, perché non dice chiaramente quello che pensa: che lo Stato di Israele non ha diritto di esistere? Così ci capiamo meglio. Un ultimo consiglio: venga in Israele. Le servirà per disfarsi di molti dei suoi pregiudizi.

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gzorzi
Ven, 12/07/2013 - 12:22 cecilia nizza: se tenessero lei in una situazione paragonabile a quella palestinese imparerebbe da subito a lanciar sassi nelle migliori delle ipotesi in 2 giorni. In Israele ci vada lei, io certi paesi li evito e si documenti di cosa può fare la guerra psicologica su dei bambini e adulti. Probabilmente lei non sa minimamente cosa può succedere all'essere umano quando è sottoposto a torture giornaliere. Facile poi fare gli sbruffoni con un fucile in mano, vero?

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Dreamer_66
Ven, 12/07/2013 - 11:58
cecilia nizza: di odio da quelle parti ce n'è fin troppo, e lo stato di Israele ha diritto di esistere. Per correttezza bisogna però dire che il fatto non è avvenuto in Israele ma in Cisgiordania, un territorio occupato militarmente da Israele dal 1967. La violenza è sempre condannabile, ma fin quendo non si troverà una soluzione riguardo a questi territori e fin quando non verrà riconosciuto anche ai palestinesi di avere un loro stato, purtroppo non se ne verrà fuori.

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Cecilia Nizza  Caro Signor Zorzi, io abito in Israele. Sono nata a Alessandria d'Egitto, da dove nel 1949 (avevo 3 anni) sono stata espulsa con la mia famiglia, perché mio padre era un giornalista colpevole di aver scritto un libro dove tra l'altro predicava l'amicizia fra arabi e ebrei ! Mi piacerebbe farglielo leggere. Dopo varie peregrinazioni siamo approdati a Milano dove sono cresciuta. Siamo quindi parte degli 800 mila profughi ebrei dai paesi arabi, che non fanno notizia. Le posso assicurare che non abbiamo avuto una vita facile (forse lei è di quelli che pensa che tutti gli ebrei sono ricchi) , ma ciò non ha impedito ai miei di far studiare mia sorella e me. Non solo, ma non ci hanno mai trasmesso rancore per quanto successo. E' quello che ci si deve aspettare da un genitore responsabile.

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cecilia nizza
Ven, 12/07/2013 - 15:21
Zorzi: ma si è chiesto perché gli ebrei cacciati dai paesi arabi si sono integrati nei paesi di accoglienza, soprattutto in Israele e i palestinesi vivono ancora in campi profughi in Libano, Siria, Giordania, ecc., pur ricevendo vagonate di soldi da tutte le parti. Lo sa che esiste un'agenzia per i profughi solo per loro (UNRWa)? Lo sa che nel 1948 i profughi erano circa 700 mila, ma per un decreto inspiegabile dell'ONU, e non applicabile a nessun altro popolo, si tramandano questo status di generazione in generazione. Mio padre mi ha trasmesso dei valori, spero che quel padre faccia lo stesso. Signor Stern, penso che venire in Israele sia importante, almeno per chi non sia affetto da pregiudizio cronico.

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