Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 10/07/2013, a pag. 35, la risposta di Sergio Romano ad un lettore dal titolo "Massacro degli armeni, il ruolo di Atatürk".
Sergio Romano
Quello perpetrato contro gli armeni non fu un semplice 'massacro', ma un genocidio. Una realtà storica che, ancora oggi, la Turchia rifiuta di riconoscere e per la quale è ancora impunita.
Non è la prima volta che Romano, grande sostenitore dell'ingresso della Turchia in Europa, tenta di ridurre la gravità dell'accaduto.
Ogni tanto Turchia e Armenia tentano di allacciare dei rapporti, ma regolarmente tutto fallisce per il rifiuto turco di ammettere di aver commesso il genocidio armeno.
Per maggiori informazioni sul genocidio armeno, consigliamo la lettura della Cartolina da Eurabia di Ugo Volli del 24/04/2013 (http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=115&sez=120&id=48892).
Una mia zia, Liza Mourokian, moglie di un fratello di mia madre, ebbe il padre (un giudice) ucciso dagli Ottomani. Qualcuno, in famiglia, sostiene che fu Atatürk e i suoi. Sono stato molto vicino alla zia (mio padre li aveva fatti andare in Cile e poi gli ultimi anni ad Alassio) e non mi ha mai raccontato che fossero stati gli uomini di Atatürk. Ho fatto un po' di ricerca via Internet, ma non ne sono venuto a capo. È plausibile? Vorrei scrivere la biografia di mia zia se avessi la documentazione necessaria. Nata ad Aleppo, vissuta poi a Salonicco, Nizza, Milano, Bucarest, campo rifugiati in Israele (lei non ebrea), campo rifugiati nel napoletano, Santiago del Cile, Liverpool (dove abitava il fratello) e finalmente Alassio! La donna più allegra che io abbia mai conosciuto.
Piero Ottolenghi
Quito (Ecuador)
Caro Ottolenghi,
Non sembra che Mustafà Kemal, come si chiamava sino alla fondazione della Repubblica turca, sia stato personalmente coinvolto nel massacro degli armeni. Nel 1915, mentre due esponenti del partito Unione e Progresso — Mehmet Talat e Ismail Enver — decidevano la pulizia etnica dei territori armeni e provocavano un esodo durante il quale la maggioranza degli espulsi fu massacrata o morì di stenti, Kemal comandava un reggimento a Gallipoli e si distinse per la prontezza con cui seppe sventare i piani strategici del corpo di spedizione del Commonwealth britannico. Più tardi, dopo la conclusione dell'armistizio, mentre gli Alleati sembravano decisi a processare i responsabili come criminali di guerra, Kemal, ormai generale dell'esercito e già noto come una delle personalità emergenti della società politica ottomana, sembrò persino disposto a collaborare con i vincitori.
Come altri esponenti dell'Impero, pensava che il processo dei responsabili avrebbe giovato alla delegazione turca durante i negoziati per il Trattato di pace ed evitato le clausole più punitive. In un giornale che pubblicava insieme a Ali Fethi Okyar (ministro degli Interni nel primo dopoguerra e più tardi presidente del Consiglio), apparve alla fine del 1918 un articolo che denunciava «il tentativo di sterminare gli Armeni» come «gravido di conseguenze». In un libro pubblicato dalle edizioni Guerini nel 2006 (Storia del genocidio armeno), l'autore, Vahakn N. Dadrian, osserva che in Turchia, allora, «i processi contro i responsabili del genocidio armeno non mancavano di sostegno politico e mediatico».
La posizione di Kemal cambiò quando il Trattato di pace, firmato a Sèvres il 10 agosto 1920, menzionò espressamente le responsabilità turche e mise l'Impero sul banco degli imputati. In una fase in cui stava divenendo il leader della riscossa nazionalista, Kemal adottò una linea strettamente «patriottica» e sostenne, dopo qualche esitazione, la spedizione militare contro «l'Armenia libera e indipendente», che era stata costituita alle frontiere con la Russia nel maggio 1918.
I processi, in realtà, non ebbero mai luogo. La Gran Bretagna riunì a Malta qualche decina di presunti responsabili, ma la raccolta delle prove per un'azione giudiziaria apparve presto impossibile. I due registi del massacro, nel frattempo, erano fuggiti. Il primo, Mehmet Talat Pascia, Gran Vizir dal 1918, fu ucciso da un armeno a Berlino nel marzo 1921. Il secondo, Ismail Enver Pascià, ministro della Guerra durante il conflitto, morì in Tagikistan nell'agosto 1922 combattendo contro i sovietici. Sognava la nascita nel Caucaso e in Asia Centrale di un grande Stato composto dalle popolazioni musulmane di origine turca. Anche Enver, come Kemal aveva combattuto contro gli italiani in Cirenaica fra il 1911 e il 1912.
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