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Il Giornale - La Repubblica Rassegna Stampa
05.07.2013 Egitto: islam e democrazia, un binomio inesistente
commenti di Magdi C. Allam, Tahar Ben Jelloun

Testata:Il Giornale - La Repubblica
Autore: Magdi C. Allam - Tahar Ben Jelloun
Titolo: «Questa volta è il popolo a fare un colpo di stato - La sconfitta dell'Islam di governo»

Riportiamo dal GIORNALE di oggi, 05/07/2013, a pag. 13, l'articolo di Magdi C. Allam dal titolo " Questa volta è il popolo a fare un colpo di stato ". Da REPUBBLICA, a pag. 1-17, l'articolo di Tahar Ben Jelloun dal titolo " La sconfitta dell'Islam di governo ".
Ecco i pezzi:

Il GIORNALE - Magdi C. Allam : "Questa volta è il popolo a fare un colpo di stato "


Magdi C. Allam

Ammettiamolo: non solo siamo disorientati, ma anche imbarazzati, se non sconvolti e persino in colpa per il repentino cambio di regi­me in Egitto perché mette in as­soluto in crisi la concezione tra­dizionale della democrazia, nel­lo specifico la tesi ideologica­mente sostenuta come un atto di fede all’insegna del politica­mente corretto sulla compatibi­lità tra l’islam e la democrazia, infine comporta la denuncia del ruolo arbitrario, controver­so, talvolta violento finora svol­to dall’Occidente in Medio Oriente nel nome della demo­crazia. È definibile «colpo di stato» l’intervento dei militari dopo che 14 milioni di egiziani da set­ti­mane si riversavano nelle piaz­ze di tutto il Paese e dopo la rac­colta di 22 milioni di firme che ri­vendicavano le dimissioni del presidente Morsi condannan­dolo come espressione del regi­me dei Fratelli Musulmani e non tutore dell’interesse nazio­nale dell’Egitto? La televisione ci ha regalato lo spettacolo di una grande festa in cui milioni di cittadini hanno prima invoca­to l’intervento dell’esercito, poi esultato all’annuncio della de­stituzione di Morsi, quindi con­div­iso la scelta dei militari di pro­muovere un processo di riscat­to dal «tradimento» della rivolu­zione.
Quanto è accaduto ci dice non solo che le elezioni costitui­sc­ono semplicemente uno stru­mento della democrazia e che di per sé non sostanziano né esauriscono la democrazia, ma che la stessa democrazia è pienamente legittimata sol­tanto se l’eletto che assu­me il potere corrisponde fe­delmente alle aspettative degli elettori. Nel caso spe­cifico gli egiziani si atten­devano da Morsi ciò che aveva loro negato Muba­rak: il pane quotidiano, il lavoro sicuro, una vita di­gnitosa, un futuro per i giovani. Ci troviamo in un Paese in cui il 40 % degli 83 milioni di egiziani vive al di sotto della soglia di po­vertà (con meno di 2 dollari al giorno) e in cui il 70% della popo­lazione sono giovani al di sotto dei 30 anni che ogni anno neces­sitano di 1 milione di nuovi po­sti di lavoro.
Ecco perché così come è stato un clamoroso abbaglio, frutto dell’etnocentrismo occidenta­le, esultare alla «Primavera ara­ba » come se si trattasse di una sollevazione popolare per la de­mocrazia
e la libertà così come noi le concepiamo, risulta altret­tanto ingannevole oggi scanda­lizzarsi e denunciare un golpe che avrebbe posto fine alla de­mocrazia. Non stupisce, anzi rincuora, il fatto che fino a que­sto momento nessun governo al mondo abbia ufficialmente condannato quanto accaduto in Egitto, espresso solidarietà a Morsi o denunciato l’illegalità del regime transitorio che pre­parerà le prossime elezioni.
La destituzione a furor di po­polo di Morsi corrisponde a un fallimento storico dei Fratelli Musulmani nel loro quartier ge­nerale (è in Egitto che nacque
nel 1928 la più potente confra­ternita dell’integralismo islami­co mondiale). Rivelandosi ina­deguati a governare uno Stato moderno e incompatibili a inte­ragire con uno Stato di diritto, i Fratelli Musulmani si sono auto­condannati ad essere fazione marginale nell’organizzazione complessiva del potere. Sono stati a tal punto faziosi e manichei nella gestione del po­tere da inimi­carsi anche gli islamici più radica­li, i salafiti e i jihadi­sti, che si so­no accodati agli oppositori laici denunciando il «fascismo» dei Fratelli Musulmani. La verità è che proprio il fallimento dei Fra­telli Musulmani, erroneamen­te paragonati alla Democrazia cristiana in versione islamica, conferma l’incompatibilità fi­siologica tra l’islam e la demo­crazia, tra la sharia e lo Stato di diritto.
È verosimile che il contraccol­po porterà all’indebolimento dei Fratelli Musulmani in Ma­rocco, Tunisia, Algeria, Libia e Siria.Proprio in Siria l’Occiden­te ha l’occasione storica di redi­mersi, dopo il crimine commes­so con la guerra in-Libia e il tradi­mento degli alleati Ben Ali e Mu­barak.
Si ponga subito fine al nuovo crimine in Siria, cessan­do di armare e finanziare i Fratel­li Musulmani che combattono insieme ai salafiti e ad Al Qaeda, illudendosi che l’inevi­tabile­sbocco della teo­crazia islamica sia pre­feribile alla dittatura lai­ca di Assad. Piuttosto vin­coliamo il nostro sostegno ai regimi militari laici con la promozione di uno sviluppo che consenta ai giovani di eman­ciparsi­da disoccupati in micro­imprenditori, in modo da crea­re il ceto medio senza cui non po­trà mai esserci un’autentica democrazia sostanziale.
Perché negare agli au­tocrati arabi ciò che concediamo ai comu­nisti cinesi di cui ci siamo a tal punto infa­tuati­da scegliere libe­ramente di assogget­tarci e trasformarci in una loro colonia eco­nomica?

La REPUBBLICA - Tahar Ben Jelloun : " La sconfitta dell'Islam di governo"


Tahar Ben Jelloun

Persino Tahar Ben Jelloun s'è reso conto del fallimento della 'primavera' araba e del fatto che l'islam non è compatibile con la democrazia "L'Islam è più che mai invitato a restare nei cuori e nelle moschee: la scena politica non gli si addice. ". Anche se definire "inadeguatezza"  il dispotismo musulmano ci fa riconoscere il Ben Jelloun di sempre, pronto a giustificare i dittatori di turno. E' anche grazie ai vari Ben Jelloun che l'Occidente giace intorpidito dinnanzi all'avanzata dell'islam.

La prova è evidente: con le preghiere non si governa. Il fondamentalismo islamico continua a dimostrare la sua inadeguatezza. La sua  incapacità a trovare soluzioni ai problemi quotidiani della popolazione. Più di due anni fa gli egiziani si sono rivoltati contro il regime autoritario di Mubarak. Oggi non si tratta più di rabbia transitoria o di rivolta, ma proprio di rivoluzione. Il popolo è diviso ma la maggioranza ha constatato che il fondamentalista Mohammed Morsi non è più democratico o più competente di Mubarak. Può anche sbandierare la "legittimità" conferitagli dalle elezioni, ma il popolo havoluto la sua destituzione reclamando una vita giusta e dignitosa. La gente ha bisogno di azioni concrete che cambino la sua vita quotidiana. Invece il regno di Morsi è stato caratterizzato dalla violenza. Violenza contro le donne, linciaggio di una piccola comunità sciita, mancata protezione dei copti, arresto degli oppositori, torture, sparizioni. I Fratelli musulmani hanno creduto che l'Egitto appartenesse a loro. La cosa nuovaè che gli egiziani non hanno più paura della repressione, della prigione e neppure della morte. E una questione di dignità, di valori e principi morali. La rivoluzione non si svolge solo in Piazza Tahrir,ma anche a Suez, ad Alessandria, in altre città. Non è il cattivo umore di un popolo, ma un violento desiderio di cambiamento. Morsi non l'ha accettato, pensava che sarebbe stato protetto dalla sua "legittimità". Errore. I fondamentalisti sono riusciti a far coalizzare contro di loro più della metà della popolazione. Venti milioni di persone sono scese in piazza. La soluzione è nelle mani dei militari, che però, sapendo che non potrebbero trovare le soluzioni agli infiniti Problemi della società egiziana, non vogl ono prendere il potere. Gli alti ufficiali hanno una doppia veste ste: militari e uorrini d'affari. Mubarak, per avere la pace, aveva offerto ai generali dei posti nell'industria e in altri affari redditizi. Alcuni hanno allevamenti di polli, altri vendono cemento. Oggi quasi il 25% dell'econonia del paese è nelle mani degli ufficiali superiori. Se quei generali prendono il potere, dovranno assumere decisioni impopolari che avranno la conseguenza di mettere contro l'esercito tanto i laici quanto i religiosi. In più, se riconoscessero che la destituzione di Morsi è un golpe perderebbero gli aiuti americani. Perciò il generate Abdel Fattah el Sissi ha rimesso il potere a Man-sour e ha preso diverse decisioni dopo una riunione con elementi della società civile e con religiosi. Per non lasciar credere che si possa trattare di una rivoluzione contro l'Islam, ha intriso di religiosità il tono del suo discorso. Nondimeno, la destituzione e l'arresto di Morsi pongono un problema costituzionale: è stato eletto democraticamente ed è per mezzo delle elezioni che avrebbe dovuto essere battuto. Ma è la presenza straordinaria del popolo nelle strade a fare da contrappeso alla sua legittimità elettorale. L'Egittoè il più grande paesearabo. Ma è un gigante malato, i suoi bisogni sono difficili da soddisfare. Ma una cosa è stata appena dimostrata in modo eclatante: la religione non risponde a tutte le aspettative di un popolo. Il fondamentalismo islamico è in declino. L'Islam è più che mai invitato a restare nei cuori e nelle moschee: la scena politica non gli si addice.

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