Il declino dei Fratelli Musulmani e il nuovo ruolo del Qatar
Analisi di Mordechai Kedar
(Traduzione dall’ebraico di Sally Zahav, versione italiana di Giovanni Quer)
Mordechai Kedar Tamim al Thani, emiro del Qatar
I movimenti di opposizione ai governi corrotti e autoritari hanno sempre l'appoggio delle masse che sperano in un miglioramento del regime; tuttavia, quando arrivano al potere devono far fronte alle responsabilità di governo e al peso delle speranze riposte in loro dalla popolazione. Un carattere frequente nei cambiamenti di regime è l'incapacità gestionale dei gruppi di opposizione, poiché durante le rivoluzioni essi mirano a ribaltare i regimi oppressivi, senza acquisire le capacità necessarie ad amministrare uno Stato. Per via della loro inesperienza politica, i nuovi governi rispondono ai problemi sociali ed economici, eredità dei regimi precedenti, e alle pressanti richieste della popolazione con metodi simili ai regimi oppressivi che li hanno preceduti, compromettendo la loro legittimità. Questa dinamica è comune anche ai recenti governi islamisti in Iran, Gaza, Tunisia e Egitto.
In Egitto, il Presidente Morsi e il movimento dei Fratelli Musulmani devono far fronte a un progressivo aggravarsi della situazione sociale, con una crescente opposizione interna. Domenica 30 giugno, giorno in cui ricorre l'ascesa al potere di Morsi, sono in programma enormi manifestazioni contro la Fratellanza Musulmana, che si è appropriata della rivoluzione iniziata dai liberali, laici e dai giovani che non volevano Mubarak, ma ancor meno volevano gli islamisti. Durante l'anno di governo Morsi, l'Egitto è sprofondato in una serie di gravi problemi, tra cui anche il conflitto sunnita-sciita in Siria che echeggia nella decisione egiziana di interrompere i rapporti diplomatici con la Siria e nelle parole delle autorità religiose sunnite, riunitesi giovedì 20 giugno per discutere della situazione, che minacciano di reagire alle brutalità compiute dagli Hezbollah sciiti contro la popolazione sunnita. Il timore che conflitto tra sunniti e sciiti, aggravatosi di recente in Libano, si sta allargando anche all'Egitto è dovuto alla mobilitazione dei gruppi salafiti, che hanno assassinato il presidente della comunità sciita assieme ad altri quattro suoi membri la scorsa domenica 23 giugno. Anche in Europa, a Londra, ci sono stati scontri tra sunniti e sciiti, durante una manifestazione organizzata dai salafiti contro gli Hezbollah, che si è scontrata con una contro-manifestazione di iraniani che sfilavano in solidarietà ai libanesi sciiti. Questo evento dimostra che il Medio Oriente e le mobilitazioni politiche dei gruppi islamisti sono arrivate nel cuore della Gran Bretagna, e potranno causare disordini se le autorità continueranno a non volere intervenire. Ci siamo dimenticati del soldato sgozzato a Londra il mese scorso?
Ancora per quanto riguarda l'Egitto, Morsi deve far fronte a una serie di problemi di politica estera, personali e interni: anzitutto, le tensioni con l'Etiopia, che ha annunciato l'inizio dei lavori per la costruzione della diga sul Nilo, che farà diminuire le riserve d'acqua al Sudan e all'Egitto; dipoi la causa pendente sulla fuga di Morsi dalla prigione durante la rivoluzione, che in caso di condanna metterebbe in discussione il suo posto alla Presidenza; infine, le voci sulla probabile falsificazione dei risultati delle elezioni che sarebbero state richieste da Obama per far vincere Morsi sul vero candidato vincente Shafiq (ultimo Primo Ministro nominato da Mubarak). Si annunciano molte manifestazioni, che saranno particolarmente difficili da gestire a causa del Ramadan, che inizierà il 7 luglio, il mese del digiuno durante il quale si intensificheranno anche le ostilità religiose coi gruppi salafiti.
Nel frattempo, la settimana scorsa lo sceicco Hamad bin Khalifa Al Thani, emiro del Qatar, ha rassegnato le dimissioni: un evento senza precedenti nel mondo arabo. L'emiro del Qatar, il Paese arabo più influente nella regione, non ha dato ragioni della sua scelta, anche se si pensa che la decisione di dimettersi sia dovuta alla sua salute precaria. Gli è succeduto il figlio trentatreenne Tamim, che avrà l'appoggio del padre per il primo periodo al trono, un passaggio importante per consolidare il potere. Secondo altre analisi, l'emiro del Qatar ha voluto abdicare proprio all'apice del suo potere, dopo aver dimostrato la sua capacità di influenza politica avendo fatto cadere i vari dittatori arabi, attraverso i finanziamenti e la propaganda su al-Jazeera. Ritiratosi dalla vita politica, l'emiro del Qatar vuole passare alla storia come un grande filantropo islamico, offrendosi come un nuovo modello di leadership per il mondo arabo, ossia una guida politica che rinuncia al potere prima del sopravvento della malattia o dei cambiamenti politici interni.
A mio avviso si può trovare un'altra ragione nelle dimissioni di Al Thani. La sua figura è associata al trionfo della Fratellanza Musulmana nel mondo arabo e con la "Primavera Araba", che ha sinora causato violenze, bagni di sangue e soprattutto la crisi siriana. L'Emiro del Qatar ha compreso, a mio parere, di esser la miccia che ha dato fuoco al Medio Oriente, scatenando le guerre tra sunniti e sciiti, gli scontri tribali e l'imposizione dell'Islam politico in vari Paesi. Certamente Al Thani non vuole esser ricordato come colui che ha destabilizzato il Medio Oriente e ha deciso di ritirarsi prima che i Fratelli Musulmani implodano, rassegnando le dimissioni giusto una settimana prima delle manifestazioni annunciate in Egitto per il 30 giugno, che potrebbero portare Morsi a far la stessa fine di Mubarak. Il figlio Tamim non è ancora una figura che possa condividere le responsabilità politiche delle scelte del padre, quindi la scelta di abdicare in favore del figlio ha l'intento di evitare che il Qatar sia oggetto di critica per quanto sta accadendo nel mondo arabo.
Il futuro politico del Qatar sotto la guida del nuovo emiro Tamim avrà conseguenze importanti sulla regione e sul mondo intero, visto che è il terzo esportatore di gas al mondo. Tamim seguirà le orme del padre, finanziando i gruppi politici islamisti? Inoltre, il Qatar deciderà di avvicinarsi all'Iran, come già accaduto in passato, considerando la posizione debole degli Stati Uniti? L'esito della guerra in Siria deciderà le sorti del Medio Oriente: se vincerà Assad, l'Iran ne uscirà trionfante, mentre il mondo sunnita, guidato dalla Fratellanza Musulmana sempre più debole, soccomberà.
Gli sviluppi nella regione avranno conseguenze sempre più gravi su Israele, che dovrà esser pronta a salvaguardare la propria sicurezza in maniera forte e decisa. Il mondo arabo e islamico è quanto mai vicino all'esplosione di una serie complessa di conflitti dovuti a tensioni sulle quali né Israele né l'Occidente possono influire.
Mordechai Kedar è lettore di arabo e islam all' Università di Bar Ilan a Tel Aviv. Nella stessa università è direttore del Centro Sudi (in formazione) su Medio Oriente e Islam. E' studioso di ideologia, politica e movimenti islamici dei paesi arabi, Siria in particolare, e analista dei media arabi.
Link: http://eightstatesolution.com/
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