Riportiamo dalla STAMPA di oggi, 26/04/2013, a pag. 11, l'articolo di Elena Loewenthal dal titolo " Quel sentimento antisemita mai sopito ".
Ecco il pezzo, seguito da alcune notizia circa le manifestazioni del 25 aprile in Italia:
La STAMPA - Elena Loewenthal : " Quel sentimento antisemita mai sopito "
Elena Loewenthal
Erano più di cinquemila, gli ebrei palestinesi partiti volontari dalla terra d’Israele nel 1941 per venire a combattere contro i nazisti in Europa. C’era anche Enzo Sereni, paracadutato in Italia settentrionale, catturato dai tedeschi e finito ad Auschwitz. Oggi in Israele un kibbutz porta il suo nome.
L’idea che la memoria della Brigata Ebraica non abbia trovato posto nelle celebrazioni di ieri è raccapricciante. Questa memoria ha dovuto nascondere la propria bandiera, è stata posta fisicamente ai margini del corteo, non ha avuto licenza di voce.
In nome della stupidità, di una malevolenza così velenosa e ottusa che non si capisce come sia potuta accadere una cosa del genere. Che senso ha celebrare il passato per renderlo un fantoccio imbottito di pregiudizi, odio e insolenza? Significa che la memoria altro che educare, serve a offendere. Come si fa scendere a patti con un insulto del genere? Chi l’ha lanciato non meritava proprio di essere liberato da quei ragazzi, tanti anni fa.
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Per l'Associazione Italia-Israele Chenàbura Cagliari 25 aprile 2013
il Presidente Mario Carboni
L'Associazione Chenàbura-Sardos pro Israele, componente della Federazione delle Associazioni di amicizia Italia Israele, protesta vivamente per l'indegna gazzarra messa in atto da esponenti e simpatizzanti dell'Associazione Sardegna Palestina durante la manifestazione cagliaritana del 25 aprile. Comportandosi come eredi del Gran Muftì di Gerusalemme amico di Hitler e delle SS islamiche, che terrorizzarono l'Europa macchiandosi di orrendi crimini, pretendevano che fosse ammainata la bandiera di Israele presente nella manifestazione in ricordo e memoria dei tanti caduti della Brigata ebraica che contribuirono a liberare l'Italia dal nazifascismo. Con questo atto, i dirigenti dell'Associazione Sardegna Palestina, hanno profanato una manifestazione che intende ogni anno ricordare ed onorate tutti coloro che hanno lottato e lottano ancora contro il nazifascismo, il razzismo e l'antisemitismo in ogni tempo e in ogni luogo. L'accanirsi contro la bandiera di Israele indica purtroppo la deriva estremista e foriera di violenza di questa organizzazione in quanto non indica una legittima per quanto non condivisibile critica alle politiche dei governi di Israele, ma una violenta negazione dell'esistenza stessa dello Stato d'Israele, il suo diritto alla pace entro suoi confini sicuri e riconosciuti internazionalmente. Le recenti esternazioni dell'Associazione Sardegna Palestina quali l'ostracismo alla concessione della cittadinanza cagliaritana allo scrittore israeliano David Grossman, sommate agli insulti e alla violenza verbale, che solo l'intervento del comitato 25 aprile ha evitato si trasformasse in violenza fisica, contro chi sventolava pacificamente la bandiera d'Israele, hanno evidenziato l'allineamento dell'Associazione Sardegna Palestina e dei suoi dirigenti palestinesi alla politica delle organizzazioni terroriste e fondamentaliste islamiche quali Hamas e Hetzbollà che mirano alla distruzione sic et simpliciter dello Stato d'Israele ed a una seconda Shoà. Tale deriva estremista suggella l'abbandono dell'Associazione Sardegna Palestina dell'ipotesi di soluzione del conflitto israelo-palestinese attraverso la formula di due popoli-due stati, che significa il reciproco riconoscimento e la via della trattativa pacifica e diretta garantita internazionalmente. A tale prospettiva si allinea l'Associazione Chenàbura-Sardos pro Israele e ispira le sue attività all'amicizia fra la Sardegna e lo Stato d'Israele, unico Stato democratico della Regione, circondato da Stati autoritari, non democratici o canaglia e assassini del proprio popolo quali la Siria le cui tragedie sono presenti a tutto il mondo e sottaciute dall'Associazione Sardegna Palestina. Le nefandezze pronunciate dai dirigenti di Sardegna Palestina nei riguardi degli amici sardi che sventolavano la bandiera d'Israele non possono cancellare il fatto che i palestinesi cittadini d'Israele siano gli unici fra gli arabi circostanti compresi i palestinesi, a vivere in uno Stato democratico, ove hanno i propri partiti ed eleggono liberamente i propri parlamentari nel Parlamento Israeliano La recente storia italiana ed europea ha dimostrato quanto sia facile passare dalla violenza verbale a quella terroristica in quanto la violenza verbale e l'intolleranza mista al fanatismo costituiscono il brodo di coltura della violenza fisica e del terrorismo. Azioni sconsiderate e squallide come questa verificatasi durante la manifestazione cagliaritana del 25 aprile si inscrivono nella crescita dell'antisemitismo in Europa ed in Italia e della violenza contro singoli e comunità ebraiche, i loro simboli e luoghi sacri, arrivando purtroppo spesso al versamento di sangue innocente. Tali esternazioni sbagliate, perniciose e violente confliggono totalmente con lo spirito di ospitalità, tolleranza e democrazia del popolo sardo e costituiscono un campanello d'allarme che l'Associazione Sardegna Israele intende suonare e non sommessamente alle autorità costituite affinché vigilino con attenzione e prevengano ogni pericolo derivante da un antisemitismo per ora solo verbale e mascherato da antisionismo.
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Da Castedduonline.it
25 aprile, scontro palestinesi- israeliani: via gli assassini
Per vedere il video, cliccare sul link sottostante
http://www.youtube.com/watch?feature=player_embedded&v=TYyV9hIQabo
Le contestazioni non risparmiano la festa della Liberazione. Dopo le tensioni dell'anno precedente, a causa della manifestazione dei movimenti di destra in piazza Gramsci, durante l'abituale corteo che celebra la liberazione dal nazifascismo, ancora nubi sul 25 aprile a Cagliari. La protesta, in piazza Garibaldi, a pochi minuti dall'inizio della manifestazione, è partita da un gruppo di sostenitori filo palestinesi all'indirizzo dell'associazione Memoriale sardo della Shoa. “Assassini, andatevene”, le urla dei contestatori. Sotto accusa, in particolare, la presenza della bandiera dello Stato di Israele. “Il giorno della liberazione ha un valore enorme – dice Fawzi Ismail, palestinese da trentatré anni a Cagliari, presente al corteo per le celebrazioni – quello della libertà di tutti i popoli. Non solo degli italiani, francesi e tedeschi. La bandiera di uno stato che occupa la Palestina e opprime la sua popolazione non può far parte di questa celebrazione. È un oltraggio alla liberazione”.
Non ci sta, Alessandro Matta, dell'associazione Memoriale sardo della Shoa: “Noi non rimuoviamo la bandiera. Siamo qua per ricordare il contributo della brigata ebraica nella liberazione dal nazifascismo. Noi ricordiamo tutta la resistenza, che non è appannaggio di una parte politica estrema. Un movimento a cui, a parte i repubblichini, hanno partecipato tutti”.
Intervenuto a calmare gli animi, in un tentativo di mediazione, Sergio Mascia, capogruppo di Sel nel consiglio comunale di Cagliari: “Io penso che il 25 aprile debba essere una festa di unità, quindi dobbiamo superare le diverse contrapposizioni. Dobbiamo pensare che la resistenza, noi, l'abbiamo fatta con forze lontanissime dalle nostre idee. L'abbiamo fatta con i monarchici. Il senso della libertà, per un bene superiore che è la liberazione, deve prevalere su questioni che non hanno niente a che vedere con questo. Il popolo palestinese è vittima e sta soffrendo. Qua non ci sono gli oppressori, qua ci sono persone che festeggiano per la liberazione. Non è stato un bel momento”.
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Dal sito internet ROMAEBRAICA.IT:
L’Italia è libera. Anche grazie alla Brigata Ebraica. E così questa mattina lo stemma del nucleo, che durante la seconda Guerra Mondiale ha scacciato insieme con gli altri partigiani le armate tedesche dal suolo italiano, è tornato a sventolare al centro del corteo del 25 aprile. Sono le 9,30 quando lo striscione della Brigata viene sollevato sotto il Colosseo per iniziare la passeggiata verso Porta San Paolo. S’alzano pure le bandiere. In testa al gruppo le associazioni dei partigiani, in fondo le sigle dei sindacati, di alcuni partiti politici (da quello di Ingroia ai giovani del Pd) e di associazioni animaliste o in favore dell’acqua pubblica. Spuntano anche le bandiere della Palestina. Una ha stampata sopra la faccia di Arafat. Il corteo per l’anniversario della liberazione sembra un minestrone scoordinato. C’è di tutto. Ci sono per le organizzazioni per la liberazione di Ocalan, il leader del partito dei lavoratori del Kurdistan. Una scritta con dietro venti persone invita tutti a dare voce ai cani, che non possono protestare. C’è il simbolo di Sinistra Critica. C’è Emergency, il Partito Pirata, i Cobas.
Sono quasi le 10. Si parte. Anzi no. Un rappresentante dell’Anpi, organizzatore del corteo, si avvicina alla Brigata Ebraica. Dice che le bandiere con la Stella di David vanno abbassate, lo striscione si può alzare solo arrivati a San Paolo. Il presidente dell’associazione romana amici d’Israele, Alberto Tancredi, non ci crede. Cerca di capire. Il vicepresidente della Comunità Ebraica di Roma, Giacomo Moscati, si scalda. Replica. Racconta un pezzo di storia della Brigata, quello che ha fatto per l’Italia, il sangue, i morti, il sacrificio per il Paese. E poi laggiù c’è la bandiera della palestina. Se c’è quella, perché quella israeliana va tolta? E allora l’uomo dell’Anpi capisce. Retromarcia. Anzi, stavolta sì, si parte. Il corteo inizia a sfilare. E’ una festa. Come sempre. Con in testa un gruppo di ballerini che al ritmo dei tamburi muove i passi sull’asfalto. Qualcuno intona “Bella ciao”. Altri dettano il tempo con i fischietti. Materiale per telecamere e fotografi.
E così, intorno alle 11,30, si entra a Porta San Paolo. La Brigata Ebraica si compatta, finisce sotto il lato sinistro davanti al palco (come lo scorso anno, del resto). La piazza si riempe. Arrivano tutte le sigle. E iniziano i discorsi. D’un tratto ecco spuntare un paio di ragazzi stranieri con la bandiera palestinese in mano sotto quelle israeliane. Non succede nulla. Ma uno dei due decide di lanciare qualche frase provocatoria in direzione dei membri che hanno sfilato con la Brigata. Qualcuno con la kippà in testa risponde di andare da un’altra parte a provocare, di tornare al posto che gli è assegnato (che è 50 metri distante). Ma le richieste non servono. Vola qualche parola grossa. Accuse a Israele. L’atmosfera si fa più calda. “Siete peggio delle SS”, avrebbe detto un sostenitore dei palestinesi che ora sono una decina a contatto con la Brigata. Il confronto è muso a muso. Duro, ma senza venire alle mani. Il servizio d’ordine dell’Anpi prova a fare da paciere. Ci vuole un po’, ma poi gli animi si placano quando le bandiere palestinesi tornano al proprio posto.
E intanto la manifestazione sul palco prosegue. I discorsi vanno avanti, intervallati da alcuni pezzi musicali. Ex partigiani, mogli e figli degli uomini che hanno fatto la storia della Resistenza ricordano i valori su cui è nata l’Italia del dopoguerra. Alla fine della cerimonia ufficiale tocca ai discorsi dei rappresentanti dei gruppi che hanno sfilato. C’è anche la Brigata Ebraica iscritta a parlare. Alberto Tancredi ha fatto richiesta ufficiale compilando un foglio nell’ultima riunione organizzativa con l’Anpi a cui hanno partecipato le associazioni. Ore 12,30 Tancredi si avvicina al palco, chiede al presentatore: “Quando tocca a me?”. Il presentatore guarda la scaletta: “Tu non ci sei, non devi parlare. Chiedi agli organizzatori”. Tancredi resta ancora sbalordito, cerca quelli dell’Anpi. Li trova. Chiede spiegazioni. E torna dai suoi della Brigata Ebraica senza aver fatto il suo discorso: “Mi hanno detto – spiega lui agli altri ragazzi – che è stato deciso che è meglio non parlare perché se no si sarebbero potuti verificare dei disordini con altri gruppi”. Nulla da fare. Il corteo si scioglie. La festa è finita.
Per quelli che non hanno potuto comprendere il ruolo della Brigata Ebraica nella lotta al nazi-fascismo, riproponiamo di seguito parte del volantino distribuito oggi tra i manifestanti dall’associazione romana amici d’Israele:
“Più di 9.000 ebrei hanno combattuto in Italia contro il nazi-fascismo. Oltre 5.000 facevano parte della Brigata Ebraica, formata per lo più da volontari ebrei palestinesi, fra cui molti di loro già operavano nel Palestine Regiment, presente fin dal 1941 in Palestina, allora sotto mandato britannico. Ma solo nel settembre del 1944, in seguito alle pressioni del movimento sionista, il governo inglese autorizzò, nell’ambito dell’ottava armata, la nascita della Jewish Brigate che combattè sotto il segno distintivo del Magen David, la stella celeste a sei punte su sfondo bianco che costituirà la bandiera del futuro Stato d’Israele. La Brigata partì da Alessandria d’Egitto, sbarcò a Taranto e risalì la penisola lungo il versante adriatico, fino a Tarvisio, per poi continuare a operare oltre frontiera fino al 1946. Il contributo di quei volontari sionisti fu determinante, rendendosi protagonisti prima dello sfondamento, nel marzo del 1945, della linea gotica del Senio, e quindi della liberazione della Romagna fino a Bologna.
In un periodo che pur vedeva il governo inglese contrastare l’emigrazione ebraica in Palestina, la scelta del movimento sionista di schierarsi senza indugio dalla parte della libertà e della democrazia costituì il fondamento ideale e concreto che permise, dopo pochi anni, la nascita dello Stato d’Israele approvata dalle Nazioni Unite.
La memoria della Brigata Ebraica nell’ambito della commemorazione del 25 aprile è per noi l’occasione per esprimere sostegno alle donne e agli uomini che, nel mondo, lottano per far prevalere i principi di libertà e democrazia, e per rinnovare la nostra solidarietà allo Stato d’Israele, unica società democratica in Medioriente, la cui esistenza continua a essere messa in discussione dagli stessi disegni totalitari che opprimono i popoli dell’intera regione”.
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Ecco il testo del discorso che la Brigata Ebraica non ha potuto tenere a Roma
di Alberto Tancredi*
*Presidente Associazione Italia-Israele, Roma
A boicottaggio avvenuto, fanno impressione le prime righe del testo che Alberto Tancredi avrebbe dovuto leggere. Altro che ringraziare chi l'ha impedito, ora si dovrebbero chiedere le dimissioni del signor Nassi.
Parlo a nome dell’Associazione Italia-Israele di Roma
Ringrazio l’Anpi e in particolare Ernesto Nassi che come ogni anno ci accolgono con affetto a questo importante evento in cui si celebra la Liberazione del nostro paese dal nazifascismo. L’Associazione Romana Amici D’Israele ricorda con orgoglio il contributo dato dalla Brigata Ebraica alla Liberazione dell’Italia.
A parte le decine di migliaia di ebrei arruolatisi volontariamente nell’esercito americano, in quello inglese e in quello neozelandese e che combatterono in tutta Europa, ben 5000 ragazzi ebrei partiti da Tel Aviv, da Gerusalemme, da Degania, da Zichron Yaakov, dalla Giudea e dalla Samaria, da Hebron, da Sfat, da Haifa chiesero ed ottennero di essere arruolati nell’esercito inglese e vennero inquadrati dal primo ministro Winston Churchill nella Brigata Ebraica.
La Brigata Ebraica sbarcò in Puglia a Taranto per contribuire alla liberazione dal nazifascismo. Quei giovani ebrei risalirono l’Italia e combatterono a Cassino, a Roma e in Emilia Romagna dove nel cimitero di Piangipane riposano i loro caduti. Nel marzo del 1945 contribuirono allo sfondamento della linea Gotica nella valle del Senio e liberarono Modena, Ravenna, Bologna, Ferrara. Insieme ai gruppi di combattimento italiani “Friuli” e “Cremona” si resero protagonisti di uno dei pochi assalti frontali con la baionetta di tutto il fronte italiano.
Dopo la guerra si dedicarono all’assistenza degli ebrei italiani, soprattutto dei bambini e degli orfani, e dei pochi sopravvissuti ai campi di sterminio di tutta Europa che arrivavano nel nostro paese e che non potevano credere ai loro occhi vedendo dei giovani soldati ebrei con il Maghen David (la stella di David) appuntata con orgoglio sulle divise.
Quei ragazzi prendevano idealmente e spiritualmente il testimone da quegli Eroici Ebrei che dal 19 aprile al 16 maggio del 1943 tennero testa alle truppe naziste che volevano liquidare il ghetto di Varsavia, contrastando l’esercito, che mai nessuno aveva ancora sconfitto, con pochi fucili e bombe a mano. Quest’anno ricorre il 70° anniversario della Rivolta del Ghetto di Varsavia ed è giusto ricordare in questa occasione l’estremo sacrificio di quelle donne e quegli uomini che contrastarono con ogni mezzo la ferocia nazista.
Chiudo ricordando la frase di Hanoch Bartov, uno di quei valorosi combattenti della Brigata Ebraica: “Non eravamo né santi né nobili cavalieri. Eravamo semplici ragazzi venuti da Israele, capimmo che eravamo lì per gli ebrei perseguitati d’Europa, e che semplicemente dovevamo fare qualcosa per loro”.
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Si ringraziano per i contributi Mario Carboni, Claudio Carpentieri, Emanuel Baroz
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