Riportiamo dalla STAMPA di oggi, 08/04/2013, a pag. 18, l'articolo di Maurizio Molinari dal titolo "Medio Oriente: pace da fare in 60 giorni".
Maurizio Molinari Abu Mazen Bibi Netanyahu
John Kerry inizia dalla Turchia il secondo viaggio in Medio Oriente teso a mettere ulteriori mattoni nella silenziosa costruzione dell’accordo di pace fra Israele e palestinesi. Il Segretario di Stato ha ottenuto una finestra di 60 giorni di tregua diplomatica per preparare la ripresa dei negoziati diretti. Durante questo periodo il premier israeliano Benjamin Netanyahu si è impegnato a non approvare nuovi insediamenti nei Territori e il presidente dell’Anp Abu Mazen ha promesso che non cercherà di rafforzare lo status legale dell’Autorità all’Onu. La scommessa di Kerry è sfruttare questi due mesi per definire una bozza di accordo sullo status definitivo dei confini fra Israele e palestinesi sulla base del piano saudita del 2002 che prevede il riconoscimento dello Stato ebraico da parte di tutti i 57 Paesi arabomusulmani in cambio della nascita dello Stato di Palestina sui Territori occupati nel 1967, inclusa Gerusalemme Est. Questo è il motivo per cui nei prossimi giorni sono in arrivo alla Casa Bianca il premier turco, il re giordano e l’emiro del Qatar per definire la «cornice regionale» a sostegno dell’intesa. I moniti di Kerry all’Iran sul nucleare espressi ad Ankara sono un ulteriore puntello alla nuova stagione di rapporti fra Usa e Israele, su cui la Casa Bianca fa leva per ammorbidire le resistenze di Netanyahu sugli insediamenti. Se Obama e Kerry riusciranno, d’intesa con Riad, a perfezionare l’offerta di «pace regionale» allo Stato ebraico nei prossimi 30 giorni, quelli seguenti li vedranno discutere con Gerusalemme e Ramallah la possibilità di riprendere il negoziato dalle proposte ai palestinesi fatte dall’allora premier Ehud Olmert nella conferenza di Annapolis del novembre 2007. Obama ritiene la piattaforma di Annapolis «coraggiosa» perché include l’impegno di Israele a rinunciare ad una parte di Gerusalemme Est. La decisione di Abu Mazen di rifiutare le offerte di Annapolis è stata in questi anni paragonata dai diplomatici Usa all’errore compiuto da Yasser Arafat a Camp David nel 2000 nel rigettare una simile composizione territoriale sostenuta da Barak. Resta da vedere se sia possibile nel 2013 rivitalizzare il patto, anche perché non includeva la rinuncia dei palestinesi al diritto al ritorno dei profughi del 1948 che è considerata imprescindibile dal nuovo governo di Netanyahu.
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