E' morto Stéphane Hessel, non ci mancherà.
Il modo migliore per ricordarlo, è la lettura dell'articolo (Corriere della Sera del 07/03/2013 ) con cui Pierluigi Battista stroncò il suo libercolo Indignatevi!.
Per maggiori informazioni su Hessel, cliccare sul link sottostanti
http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=2&sez=120&id=38162
http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=999920&sez=120&id=38235
http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=2&sez=120&id=39936
Ecco l'articolo di Pierluigi Battista:
Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 07/03/2011, a pag. 35, l'articolo di Pierluigi Battista dal titolo "E io mi indigno per 'Indignatevi!' ".
Pierluigi Battista
In poche pagine un concentrato di banalità assolute e senza scampo. E questo sarebbe il manifesto programmatico, il grido di battaglia, la bandiera degli indignati di tutto il mondo? Indignatevi! di Stéphane Hessel scala con baldanza le classifiche dei saggi più venduti anche in Italia (ma per fortuna che c’è quello, solido e brillante, di Paola Mastrocola a presidiare le vetta). In Francia è stato un successo editoriale strepitoso. Perché tanti lettori diano credito a queste poche pagine zeppe di luoghi comuni e di errori resta un mistero. Hessel è un venerabile signore di quasi novantacinque anni che ha alle spalle una vita ricca e ammirevole. I suoi genitori sono lo scrittore ebreo Franz Hessel e la pittrice Helen Grund, il Jules e la Catherine reali di quello straordinario triangolo amical-amoroso del film di Truffaut che è stato Jules e Jim. Ha combattuto nella Resistenza francese a fianco di De Gaulle, ha lavorato alla stesura della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, ha coperto importanti ruoli diplomatici. Ma la sua meravigliosa biografia non può mettere le sue tesi raccolte in Indignatevi! su un piedistallo inattaccabile e sottratto agli imperativi della critica. Sostiene, nel suo elogio dell’indignazione, che le cose vanno molto male perché la società francese non ha applicato alla lettera (per fortuna: si può dire?) il programma del Consiglio della Resistenza che prevedeva la statalizzazione dell’economia come premessa della «democrazia economica e sociale» . Parla di Israele come di un concentrato di orrore. Si indigna solo per Gaza (non una parola sull’Iran, la Libia, la Bielorussia, su tutti i Paesi che fanno scempio dei diritti umani alla cui difesa lo stesso Hessel ha dedicato molti anni della sua vita) e scrive ipocritamente che «Hamas non ha potuto evitare il lancio di missili sulle città israeliane» . Predica contro la violenza ma solo perché è «inutile» , la sua scelta per la «non-violenza» non deriva da una filosofia e da una concezione del mondo, ma da un criterio di utilità. Fa suo lo storicismo di Hegel, interpretandolo come «la libertà dell’uomo che, tappa dopo tappa, progredisce» . Sostiene che il divario tra i ricchi e i poveri «non è mai stato così significativo» , cancellando secoli di storia e ignorando la grande alleanza tra capitalismo e democrazia che, certo, non ha purtroppo cancellato la povertà, ma ha fortemente diminuito le diseguaglianze e le ingiustizie. Il suo consiglio è di «cercare» per «trovare» argomenti su cui indignarsi e così Hessel rovescia l’ordine logico del «prima» e del «dopo» . Non dice: ci sono cose che indignano. Ma: cercate motivi per indignarvi. L’indignazione è lo scopo, non la premessa per compiere azioni che possano ridurre le cose negative che funestano il mondo. Un libretto che è una scatola vuota ma segna uno straordinario successo editoriale: questo sì, che indigna.