Ritorna di attualità l'ingresso in Europa della Turchia, malgrado l'accelerazione in senso islamico data dal governo Erdogan. Questa volta è la Germania a spingere. Dal GIORNALE di oggi, 24/02/2013, a pag.14, il commento di Fiamma Nirenstein, dalla STAMPA, a pag.17, la cronaca di Alessandro Alviani.
Il Giornale-Fiamma Nirenstein '' Quelle giravolte di Erdogan ''


Fiamma Nirenstein L'islamista Erdogan
Le ambizioni della Turchia di entrare a far parte dell’Unione europea sono state frustrate fin dagli anni ’60, e per questo, dopo la svolta islamista impressa al grande Paese dal presidente Erdogan, ci siamo vigorosamente battuti il petto: tutto sarebbe stato diverso se la Turchia fosse entrata nell’Ue, abbiamo detto, oggi il mondo islamico e quello cristiano andrebbero più d’accordo... Ma la Turchia è una fidanzata abbandonata che si sa consolare così presto da far sospettare della sua fedeltà al primo grande amore: fu il 25 gennaio, racconta il mediorientalista Daniel Pipes, che Erdogan fece esplodere la bomba: «Ho detto al presidente russo Putin: lei mi stuzzica chiedendomi cosa stiamo facendo con l’Unione Europea. E allora io stuzzico lei dicendole: inseriteci nello Shangai Five, e noi ci dimentichiamo dell’Ue». Come dire: se ci fatte entrare nello Sco, un club di autocrazie di cui fanno parte, oltre alla Russia la Cina anche l’Iran, l’Afghanistan, il Pakistan come membri osservatori, dimenticheremo gli ideali di democrazia, il rispetto dei diritti delle minoranze, dei cristiani e degli ebrei, degli omosessuali, delle donne e dei bambini... Molti pensano che la scelta turca della strada orientaleggiante sia fittizia. Ma la Turchia si giuoca su un’egemonia che balla nel frullatore delle autocrazie islamiche. E ora chissà se, nello Sco, comunque terrebbe mai botta di fronte ai colossi russo e cinese.
La Stampa- Alessandro Alviani '' Dalla Merkel porta socchiusa per la Turchia''

Merkel e Erdogan, foto di archivio
Difficilmente il commissario europeo all’Energia, il tedesco Günther Oettinger, avrebbe potuto esprimersi in modo più netto: «Vorrei scommettere che un giorno, nel prossimo decennio, un cancelliere o una cancelliera tedesca striscerà in ginocchio ad Ankara insieme al suo collega di Parigi, per pregare la Turchia: amici, venite con noi», ha detto mercoledì Oettinger, criticando l’atteggiamento del governo tedesco e della Cdu di Angela Merkel sull’ingresso della Turchia nella Ue. Un atteggiamento immutato dal 2004, anno in cui i cristianodemocratici hanno usato per la prima volta l’espressione di «partnership privilegiata» con Ankara, intesa come alternativa a un’adesione piena alla Ue, a cui la Cdu si oppone. Quattro mesi fa Merkel ha ribadito questa posizione durante una visita del premier turco Recep Tayyip Erdogan a Berlino. Ora, però, qualcosa inizia a muoversi. «Ai più, all’interno del mio partito, è chiaro che il concetto di partnership privilegiata è bruciato, in Turchia ha una connotazione negativa», ha ammesso sulla «Berliner Zeitung» il presidente della Commissione Esteri del Bundestag, Ruprecht Polenz (Cdu). La stessa Merkel, che oggi arriva in Turchia per una due giorni che la porterà domani a incontrare Erdogan e il presidente Abdullah Gül, ha segnalato un’apertura, proponendo di rilanciare i negoziati sull’adesione di Ankara alla Ue. «Negli ultimi tempi si sono un po’ arenati, sono favorevole ad aprire un nuovo capitolo in queste trattative, affinché possiamo andare un po’ avanti», ha detto ieri la cancelliera nel suo podcast settimanale. Resta «scettica» sull’ingresso della Turchia nella Ue, ha chiarito, ma i negoziati vanno condotti in modo aperto, senza anticipare l’esito. Finora sono stati avviati 13 dei 35 capitoli negoziali concordati e ne è stato chiuso solo uno, quello sulla ricerca. Potrebbe essere aperto ora quello sulla politica regionale e il coordinamento degli strumenti strutturali o sulle politiche economiche e monetarie. Un invito ad accelerare è arrivato dal ministro degli Esteri Guido Westerwelle sulla «Passauer Neue Presse»: «Se non facciamo attenzione arriverà il momento in cui l’Europa avrà più interesse alla Turchia che la Turchia all’Europa». Non siamo alle preghiere «in ginocchio» di Oettinger, ma l’esortazione a cambiar marcia è inequivocabile.
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