La penetrazione dell'islam negli Stati Uniti
Analisi di Mordechai Kedar
(Traduzione dall’ebraico di Sally Zahav, versione italiana di Yehudit Weisz)
Mordechai Kedar
John Walker Lindh è un cittadino americano, nato a Washington, D.C. nel 1981. Lindh non è nato musulmano. Si convertì quando aveva 16 anni, poi andò in Yemen per imparare l’arabo. Nel 2000 era andato in Afghanistan per seguire un corso d’istruzione e formazione a al-Farouq, un campo di addestramento di al-Qaeda. Aveva preso contatti con l’organizzazione dei mujaheddin in Pakistan, e nel 2001 fu catturato in Afghanistan mentre operava come jihadista con i talebani. E’ stato riconosciuto colpevole di aver militato in un’organizzazione terroristica e condannato a venti anni di carcere a Terre Haute, nello stato dell’Indiana.
In prigione Lindh ha continuato a indottrinare i suoi compagni, esortandoli a perseverare l’ jihad contro gli Stati Uniti e per far applicare la legge musulmana della Shari’a in tutto il mondo. Per questo, la direzione del carcere aveva limitato la sua partecipazione alla preghiera comune a una sola volta la settimana, il venerdì. Lindh è ricorso in tribunale, chiedendo di poter partecipare alla preghiera pubblica cinque volte il giorno. Il giudice della corte federale, Jane Magnus-Stinson, ha sentenziato, contrariamente al parere del direttore del carcere e nonostante che Lindh non riconoscesse la legittimità del tribunale americano né l’autorità del giudice, che egli ha comunque il diritto di pregare insieme agli altri prigionieri e di incontrare i suoi compagni cinque volte al giorno, anche se questo impone il rafforzamento delle misure di sicurezza.
Questo non è un caso isolato. Negli ultimi anni gli USA si sono ispirati alla “correttezza politica”, che esclude ogni riferimento alla fede di una persona, anche se questa fede istiga alla guerra santa contro gli Stati Uniti.
Per cui, se qualcuno afferma che gli Stati Uniti sono governati da Satana, gli americani devono accettare questa definizione come corretta e legittima, senza sentirsi a disagio, dovrebbero invece farsi un esame di coscienza per capire il motivo per cui dei cittadini, poveri, affamati e repressi a seguito dei crimini degli Stati Uniti – sono arrivati a paragonarli a Satana.
La correttezza politica detta le regole alle più alte sfere della leadership americana: la maggior parte dei cittadini del paese ritiene che sia inaccettabile dire che il Presidente Obama proviene da una famiglia musulmana, e reputa che, comunque sia, non è lecito fare riferimento alla sua religione. Per questo, la campagna contro Obama che toccava questo argomento non è riuscita a impedirgli di essere rieletto.
Anche gli organi federali investigativi americani hanno fatto propria la correttezza politica. Due anni fa sono stati modificati i programmi di formazione per gli agenti dell' FBI e di altre agenzie investigative, per cui oggi è fatto divieto a chi indaga ogni riferimento alla religione di chi è sottoposto a indagini, anche se in realtà spesso è proprio la fede a incitarlo alla jihad omicida contro lo Stato.
Le leggi dello Stato vietano l’uso dell’espressione “terrorismo islamico”, sostituita con termini più generici, ad esempio “violenza ideologica”.
Il massacro che il maggiore Nidal Malik Hasan aveva commesso contro i suoi compagni alla base di Fort Hood in Texas, per impedire che partissero in missione in Afghanistan, è descritto dalle autorità come “violenza sul posto di lavoro”. Per i fautori del politically correct, il fatto che Hasan fosse in contatto con Anwar Awlaki - il terrorista yemenita-americano che fu poi ucciso- non è in contrasto con la teoria della correttezza politica che caratterizza l’Islam come una religione di pace e amore . “Islam”- così credono - deriva dalla parola araba “Salam”, che significa “pace”, ma la superficialità che caratterizza i media americani impedisce di verificare che il vero significato della parola “Islam” è “resa” , “sottomissione”.
Circa due anni fa, l’autore di queste righe, insieme con un collega americano, l’avvocato David Yerushalmi, aveva pubblicato un articolo dal titolo: “Shari’a e violenza nelle moschee degli Stati Uniti”, basandosi sull’analisi di dati e materiali raccolti in circa 100 moschee in tutti gli Usa. Tra l’altro ci sono due testi interessanti, esposti in modo molto chiaro: uno è intitolato “ I 40 Hadiths sulla Jihad” (l’ hadith è la parte della tradizione islamica orale che riguarda i detti e le azioni del profeta Maometto); questo testo è un inno di lode alla jihad, all' jihadista e alla sua ricompensa nel mondo a venire. La Jihad in questo opuscolo non è contro le malattie, la povertà, l’abbandono e la corruzione, e neanche contro l’inclinazione al male, ma contro chi non è musulmano, e implicitamente, contro ogni americano che non si converte all’Islam.
L’altro testo distribuito nelle moschee americane, è intitolato “Cosa si deve fare se si è arrestati o indagati dalla polizia razzista, fascista e criminale, o dall’ FBI razzista e fascista”. L’autore è il Dr. al-Hajj Idris Muhammad, la casa editrice è “al-Amin” di New York. Il lettore viene istruito su come resistere durante l’interrogatorio in relazione alla sua religione e alla jihad contro il “Grande Satana”, sfruttando i diritti di libertà di parola e la libertà di espressione, i diritti più importanti, anche se, per garantirli, gli Stati Uniti si trovano in difficoltà quando devono combattere i nemici all’interno del paese o quando vengono arrestati.
La propaganda islamica, ovviamente legale, esiste anche all’interno delle istituzioni scolastiche di livello superiore. Chi scrive ha raccolto volantini nelle moschee di una delle tante istituzioni accademiche, nei quali gli studenti musulmani e arabi vengono istruiti su come gestire i fondi di beneficenza, come resistere alle forze dell’ordine, come comportarsi, identificarsi e proteggersi dagli agenti dei servizi segreti che si infiltrano nei gruppi islamici.
Oggi negli Stati Uniti molte moschee sono costruite all'interno di quartieri residenziali, nonostante gli abitanti abbiano ufficialmente manifestato la loro opposizione. Naturalmente, in ogni quartiere dove è stata costruita una moschea, le case si deprezzano per la confusione associata all’arrivo dei fedeli che turbano la pace e la tranquillità dell’area. I residenti sono costretti a ricorrere ai tribunali per impedire alle moschee di effettuare la chiamata alla preghiera con altoparlanti diverse volta al giorno, perché i non-musulmani non vogliono svegliarsi alle cinque del mattino. In nome del politicamente corretto i tribunali tendono a respingere la richiesta, consentendo alle moschee di disturbare la quiete dei residenti.
Anche i responsabili della pianificazione urbanistica sono influenzati negativamente dal politically correct, consentendo la costruzione di moschee, anche se ciò comporta una significativa svalutazione dei prezzi degli immobili, con grave danno ai proprietari , che in origine avevano acquistato le loro case in un luogo tranquillo e ad un prezzo elevato. La loro costruzione aveva preso un forte sviluppo dopo che il Dipartimento di urbanistica di New York - guidato dal politically correct - aveva permesso la costruzione una moschea vicino a Ground Zero, il luogo in cui sorgevano le Torri Gemelle del World Trade Center, crollate in seguito all’attacco del terrorismo islamico dell’11 settembre 2001. Nonostante il fatto è che in questa zona non vivano dei musulmani, le obiezioni sollevate, da singole persone e da gruppi di oppositori, non sono riuscite a vincere il politically correct delle autorità preposte alla pianificazione urbanistica.
Oggi negli Stati Uniti ci sono circa sette milioni di musulmani, e il loro numero sta aumentando rapidamente sia a causa dell’immigrazione che per il tasso di natalità superiore a quello medio americano di circa 1,6. I musulmani hanno creato organizzazioni come il Council on American-Islamic Relations - CAIR - il cui scopo principale è migliorare l’immagine dell’Islam nell’opinione pubblica americana. I leader di queste organizzazioni, o coloro che lo furono in passato, sono collegati ai Fratelli Musulmani e ai vari movimenti estremisti islamici e questo fatto non mette un freno alla scelta dei governanti di avere buoni rapporti con loro, guidati come sono dall’ossessione di farsi accettare dall’Islam. Molte società d’investimenti negli Stati Uniti offrono piani d’investimento economico ai loro clienti apertamente affilitai alla Shari’a islamica.
I capitali islamici, in gran parte provenienti dai profitti del petrolio, sono investiti in istituzioni universitarie, con il risultato di condizionare le scelte di chi li riceve. Circa un anno fa l’Università di Yale ha chiuso l’ “Iniziativa Yale per lo Studio Interdisciplinare sull’Antisemitismo (YIISA)”, diretta dal professore ebreo Charles (Asher) Small: immediatamente dopo aver ricevuto una cospicua donazione da una fonte saudita . Il Carter Center, il centro ricerche dell’ex Presidente Jimmy Carter, opera all’Emory University di Atlanta, in Georgia, con denaro saudita. C’è una connessione tra questo fatto e il libro di Carter: “Palestina - Pace non Apartheid” ?
L’attività delle istituzioni islamiche negli Stati Uniti si concentra spesso su Israele, ospitando eventi come “La settimana dell’Apartheid di Israele”. Sorprendentemente, ne fanno parte anche alcuni studenti ebrei e membri dello staff, persino degli israeliani, che partecipano a queste attività, ovviamente guidate da chiari motivi antisemiti. Il deputato alla Knesset Jamal Zahalka, del partito arabo israeliano National Democratic Assembly, è una star di questo movimento, che è in forte aumento. Gli studenti ebrei sono intimiditi, e prendere una posizione filo-israeliana li rende bersaglio di critiche e persino di violenza da parte di chi rappresenta Israele come uno Stato di Apartheid. Gli studenti ebrei hanno anche paura di esprimere le proprie posizioni filo-israeliane in classe, perché ci sono docenti, e non solo quelli provenienti da paesi arabi o musulmani, che potrebbero abbassare i voti di chi osasse contestare l’affermazione che Israele è uno Stato di Apartheid.
Il quadro dell’Islam negli Stati Uniti è inquietante: gli Stati Uniti stanno percorrendo le stesse orme dell’Europa di 15 anni fa: quello che si vede oggi negli Stati Uniti l’abbiamo visto in Europa allora, e se l’America non si sveglia si troverà nei prossimi 15 anni nella situazione in cui versa l’Europa oggi.
Mordechai Kedar è lettore di arabo e islam all' Università di Bar Ilan a Tel Aviv. Nella stessa università è direttore del Centro Sudi (in formazione) su Medio Oriente e Islam. E' studioso di ideologia, politica e movimenti islamici dei paesi arabi, Siria in particolare, e analista dei media arabi. Link: http://eightstatesolution.com/ Collabora con Informazione Corretta.