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Corriere della Sera Rassegna Stampa
01.10.2012 Hamas invita al boicottaggio della partita Real Madrid-Barcellona
perché ci sarà Gilad Shalit fra i commentatori. Cronaca di Francesco Battistini

Testata: Corriere della Sera
Data: 01 ottobre 2012
Pagina: 17
Autore: Francesco Battistini
Titolo: «Hamas e il Barcellona alla disfida del tifo»

Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 01/10/2012, a pag. 17, l'articolo di Francesco Battistini dal titolo " Hamas e il Barcellona alla disfida del tifo ".


Francesco Battistini, Gilad Shalit al suo ritorno in Israele dopo essere stato ostaggio di Hamas per oltre cinque anni

GERUSALEMME — Giù le bandiere blaugrana. Via le maglie d'Iniesta. Si spengano le tivù, tacciano le radio. E d'ora in poi, guai a chi ne parlerà in strada o ne scriverà sui giornali o ne canterà ancora le gesta. Il Barça è un nemico, ha deciso Hamas.
Quasi peggio d'Israele. Il principio val bene un Messi e a Gaza su certe cose, siano le gonne corte o il mitico tiki-taka del calcio catalano, non si transige. Quelli del Camp Nou hanno ancora sette giorni per pensarci e sbarrare l'ingresso a Gilad Shalit: il soldato israeliano che per cinque anni fu ostaggio delle brigate Qassam, che oggi fa il cronista sportivo e che il 7 ottobre, ospite d'onore, avrà posto sulla tribuna di Barcellona-Real Madrid, il Super Clasico della Liga spagnola. «Un invito vergognoso — protesta il leader Ismail Haniyeh — con la scusa dello sport, s'insabbiano di nuovo i crimini sionisti. Come può un club così considerato, che parla sempre di valori e d'umanità, invitare un simile assassino?». Vai con la fatwa sportiva, allora, vietato esultare: domenica, nella Striscia, scatterà il primo boicottaggio del tifo. E la più guardata squadra del mondo sarà cancellata, almeno nelle intenzioni, dalla mappa sentimentale di questo piccolo angolo chiuso al mondo.
Un Clasico, il pregiudizio mischiato allo sport. In realtà non è la prima volta che Shalit, da ragazzino portiere del kibbutz Cabri, commenta per una testata israeliana: era alla finale degli Europei di calcio in Ucraina, era a quelle Nba a Miami. Nella celle di Hamas, spesso guardava in tv la Champions e faceva un po' di basket, «m'aiutava a dimenticare dove stavo». Con quel che ha passato, ci vuol altro a spaventarlo: «Certo che andrò, speriamo sia solo una tempesta in un bicchier d'acqua...». Con la fama terzomondista che ha, invece, basta un urletto di Hamas a imbarazzare il Barcellona: mès que un club, dicono in catalano, molto più che una squadra, pasiòn de un pueblo, amatissima in Palestina e nel mondo arabo per la sua storia autonomista, per la sua scelta di pubblicizzare sulle maglie solo l'Unicef e la Qatar Foundation, per aver organizzato anni fa una celebre amichevole mista d'israeliani e palestinesi... «Nessuno ha invitato Shalit — è ora la giustificazione un po' goffa — è stato un ministro israeliano a chiederci il biglietto: questo non significa che stiamo prendendo posizione nel conflitto... Nel 2011, è stato nostro ospite anche Abu Mazen. Chi poteva pensare a una reazione del genere?».
La reazione è il catenaccio. Con l'appello palestinese a oscurare il Barça su tutti i media del mondo musulmano. E l'insolito sostegno anche dell'Anp di Abu Mazen, che oggi non definisce più Shalit un ostaggio, ma «un ex prigioniero di guerra che da un tank sparava sui civili» (particolare che peraltro non risulta). Senza dire dei 1.500 attivisti dei centri sociali spagnoli, pronti a clamorose contestazioni allo stadio «per ricordare i 4.660 palestinesi che languono nelle prigioni israeliane»... In zona Cesarini, la società ha provato a calmare la piazza, invitando in tribuna il presidente della federcalcio palestinese Rajub e l'ambasciatore dell'Anp a Madrid, oltre che un calciatore di Gaza, Mahmoud al Sarsak, appena rilasciato dagl'israeliani dopo tre mesi di sciopero della fame e gli appelli dei campioni Cantona e Anelka. Inutile: «Non faccio la foglia di fico — ha risposto sdegnoso il giocatore della Striscia — se mi sedessi vicino a Shalit, sarebbe come se normalizzassi i rapporti con Israele».
La tribuna del rancore, un Clasico anche questo, fa godere quelli del Real. Che in un sobrio comunicato, perfidia in puro stile Mourinho, ricordano quanto s'impegnino, loro, per aprire scuole di sport in Palestina. E che nei blog dei tifosi fanno pure dell'ironia: il calcio è una guerra, cari avversari, ma non vi sembra d'esagerare?

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