Accademia, politica e sopravvivenza in Medio Oriente
Analisi di Mordechai Kedar
(Traduzione dall’ebraico da Sally Zahav, versione italiana a cura di Yehudit Weisz)
Studentesse palestinesi ad Ariel Mordechai Kedar
Inizierò con una confessione: sono a capo del “Monitor accademico israeliano”, un’organizzazione il cui obiettivo è denunciare pubblicamente le attività politiche di quegli accademici israeliani che svolgono attività contro lo Stato di Israele, minandone così la capacità di resistere alle pressioni di politica e sicurezza che deve affrontare.
Questi accademici incitano istituzioni e cittadini a boicottare Israele, imporre sanzioni, e ritirare gli investimenti , mentre mascherano queste attività come se esprimessero uno “spirito accademico”. Si deve notare che tra gli accademici israeliani, ve ne sono alcuni che invitano gli Stati e le istituzioni accademiche di tutto il mondo a boicottare e penalizzare quelle stesse istituzioni nelle quali lavorano, dalle quali sono stipendiati, la cui fonte è il governo di Israele.
Noi, membri del “Monitor accademico israeliano”, ci interessiamo in particolare al mondo accademico israeliano e allo Stato di Israele in generale, agiamo entro i limiti della libertà di parola e di espressione, e portiamo alla luce le spregevoli attività di questi accademici israeliani.
Oggi dedico il mio articolo a un problema che dura da anni, lo stato dell’istituzione accademica fondata 30 anni fa nella città di Ariel, in Samaria: se deve rimanere come un college , “centro universitario” (concetto per me non chiaro), o se portarla a livello di università. Coloro che sono fedeli alla terra di Israele ne sostengono la promozione a diventare un’università, mentre quelli che si oppongono al fatto che Israele governi in Giudea e Samaria, (la chiamano “occupazione”), si oppongono. Vengono portate giustificazioni economiche, finanziarie e accademiche per sostenere la tesi, ma è chiaro che la motivazione è essenzialmente politica. Il fatto che ci sia una discussione politica, genera la percezione tra l’opinione pubblica israeliana che tutte le altre sette università non abbiano una connotazione “ politica”, mentre solo l’istituzione di Ariel è “politica”perché è “nei territori” e quindi la sua creazione ad Ariel assume un significato “politico”.
La mia tesi è che tutte le università israeliane sono politiche. Di di più: tutti i college, le scuole, le yeshivot, gli ospedali, le carceri, le fabbriche, i luoghi di residenza, le strade, gli alberi - tutto quello che abbiamo istituito, costruito, e piantato in Israele - tutto, ma proprio tutto, è politica. L’intera impresa sionista è un progetto politico, perché è la manifestazione politica e nazionalistica del desiderio del popolo ebraico di tornare alla sua terra e di rinnovarvi vita nazionale, indipendenza e sovranità. Tutto quello che abbiamo fatto qui da quando gli allievi del Rabbino Gaon di Vilna giunsero in Israele duecento anni fa, fino ad oggi, tutto è finalizzato a rinnovare la nostra vita politica come un tempo, anzi, l’intera impresa sionista - comprese le università - ha una connotazione politica così come ha una connotazione nazionale; e ci sono anche quelli che vedono una componente religiosa in questa materia, collegata in qualche modo alla redenzione finale.
Gli ebrei di tutto il mondo hanno contribuito a questa grande impresa politica del popolo ebraico, sia fisicamente che finanziariamente. Coloro che hanno partecipato fisicamente sono venuti, hanno combattuto, costruito, asfaltato, piantato, seminato, raccolto, imparato, insegnato e fatto ricerca, tutto al fine di portare a compimento l’impresa politica del popolo ebraico : lo Stato di Israele. Coloro che hanno aderito con i loro beni sono rimasti nella diaspora e hanno donato il loro denaro per la creazione di scuole, ospedali, yeshivot per uomini, yeshivot per donne, college e università, lo hanno fatto tutti al fine di prendere parte allo sforzo politico, nazionale e collettivo del popolo di Israele.
La pietra angolare della prima istituzione accademica in Israele fu posta esattamente 100 anni fa. Nasceva il Technion di Haifa. Il Dr. Paul Natan ebbe l’idea di costituire “il Technikum” (il nome originale), chiese a David Wissotzky (il produttore di tè) i fondi necessari, e insieme stabilirono che l’istituzione doveva nascere specificamente in Israele, e non nella diaspora, per lo stesso motivo nazionalistico e politico che ha influenzato altri a fondare altre istituzioni in Israele. La loro motivazione era quella di promuovere il “ritorno a Sion” e il fatto che il governo del paese fosse allora nelle mani dell’Impero Ottomano musulmano non li preoccupava. Quando fondarono la prima istituzione accademica, il legame fu con la terra, non con lo Stato, e la loro priorità divenne radicare la vita del popolo nella sua terra. La prima università che fu istituita in Israele, la Hebrew University, fu anch’essa, in un primo momento, nel 1925, un atto politico, destinato - questa volta sotto il Mandato britannico - a mostrare al mondo intero che il popolo di Israele stava tornando alla sua terra e intendeva trascorrervi pienamente l’ intera vita. Ma l’atto accademico con il messaggio più chiaro e più politico è stato la creazione dell’Università di Tel Aviv nel 1956, nel periodo dei fedayn e del terrore che avevano seminato.
Questa università è stata deliberatamente costruita sulle rovine del villaggio arabo Sheikh Munis, un atto che ha dichiarato in modo chiaro e lucido, che il popolo d’Israele era tornato alla sua terra per costruirvi e per essere costruito, e che non avrebbe ceduto né si sarebbe piegato ai suoi nemici o detrattori, che fuggirono nella guerra difensiva del 1948. L’Istituto Weizman fu così chiamato in onore del famoso leader politico sionista, che fu anche il primo presidente dello Stato di Israele; la Ben Gurion University del Negev fino ad oggi porta con orgoglio il nome “del” politico per eccellenza, che divenne guida del popolo d’Israele in epoca moderna, e che con la sua forza d’animo istituì lo Stato nonostante tutte le avversità. Anche l’Università di Haifa è stata fondata da Aba Hushi, uomo del calderone bollente della politica israeliana e la sua torre accademica che si erge per quasi 100 metri sul crinale del Monte Carmelo, chiaramente visibile da una distanza di decine di chilometri, dichiara il messaggio nazionalista e politico “Noi siamo qui”. Solo la Bar Ilan University porta il nome di Rabbi Meir Bar-Ilan, uomo più religioso che personaggio politico, uno dei capi del movimento nazional-religioso “Mizrachi”, e la sua istituzione nel 1955 fu anche un messaggio politico e pubblico dell’ebraismo religioso.
L'inevitabile conclusione di tutto quanto sopra, è che tutte le istituzioni accademiche in Israele sono un’espressione politica e nazionalista del ritorno del popolo d’Israele alla sua terra e della sua rinascita dopo 1900 anni di esilio. Il mondo accademico israeliano non è separato dall’esperienza complessiva israeliana, che è interamente un atto nazionalista, politico. Il ritorno a Sion non è stato e non lo è tuttora, uno sviluppo naturale, ma è piuttosto un fenomeno che è al di fuori della natura, e comporta una lotta costante contro l’ambiente naturale. Ogni sforzo di questo tipo in campo nazionale, così come tutte le attività ad esso connesse come la creazione di università, il piantare alberi, sono attività che vengono svolte in ambito politico. Per questo i nomi delle istituzioni onorano i leaders politici che hanno promosso il grande successo del “ritorno a Sion” nel senso stretto della parola. Il fatto che il mondo avesse accettato l’accademia israeliana quale membro paritario nella comunità accademica mondiale, derivava dal consenso che conglobava tutto il popolo ebraico, in Israele e nella Diaspora, per quel che concerne la legittimità dello stato di Israele e delle sue istituzioni , comprese quelle universitarie. Cosa non semplice, dato che ci sono molti paesi nel mondo che non ritengono Israele uno Stato legittimo, per questo ne boicottano le istituzioni accademiche. Il boicottaggio accademico di Israele da parte di questi Stati ha avuto inizio nel 1948, non nel 1967, perché l’ “occupazione”, ai loro occhi, comprende Tel Aviv, Haifa, Gerusalemme, Be’er Sheva e Ramat Gan, non solo Ariel e Hebron.
L’attualità di questi giorni è la questione dell’istituzione accademica di Ariel, una città in Israele, che era stata costruita sul territorio che fu conquistato nel 1948 dalla Legione Araba e che fino al 1967 era occupato dalla Giordania, anche se il governo della Giordania su questo territorio non fu mai riconosciuto dal mondo come legittimo. D’altronde il mondo non vi riconosce neppure la legittimità del governo israeliano, e poichè non è stata riconosciuta la sovranità da nessuno Stato, secondo il diritto internazionale non si tratta di “territorio occupato” ma piuttosto di “territorio conteso”. Questo fatto è noto fin dal 1967, e la relazione del giudice emerito Edmond Levi conferma ancora una volta questo importante fatto legale. Tanto perché serva da promemoria: il Technion e l’Hebrew University non erano stati originariamente riconosciuti sotto la sovranità israeliana, perché quando furono costruiti, lo Stato di Israele non esisteva ancora. Si potrebbe dire che lo Stato di Israele ha vinto la sovranità sulla terra d’Israele, in parte grazie all’esistenza di queste istituzioni, nate nella terra di Israele, insieme ad altre. Non è forse così, per la presenza sul Monte Scopus della Hebrew University insieme con l’ospedale dell’Università Hadassah, che la zona è rimasta sotto la sovranità israeliana, anche tra il 1948 e il 1967, anche se circondata dall’ illegittima occupazione giordana?
Martedì di questa settimana ho ricevuto dal Consiglio dell’Educazione Superiore della Giudea e della Samaria, la decisione di promuovere il Centro Universitario di Ariel allo stato di “università”. Mi chiedo: perché questa istituzione non era stata fondata come una “università” fin dall’inizio, 30 anni fa, nel 1982, esattamente come tutte le altre università? Quando fu posta la prima pietra, in modo che potesse essere classificata fin dall'inizio come “università”? Anche se le altre università avevano già pianificato biblioteche, laboratori, ricercatori, collaboratori, pubblicazioni e partnerships internazionali ? E a chi è preoccupato per il nodo gordiano che esiste tra il mondo accademico e la politica, è importante far notare che all’inizio del mese, l’UNESCO (l’organizzazione dell’ONU per educazione, scienza e cultura) ha riconosciuto l’Università Islamica di Gaza come istituzione adatta per il partenariato accademico. Non so cosa abbia motivato questa onorevole organizzazione a riconoscere un’università che è stata istituita nel territorio occupato da un’ organizzazione terroristica e che opera sotto la sua egida, ma il mio cuore mi dice che la questione nasce dalle difficoltà economiche dell’UNESCO, dal momento che gli Stati Uniti Stati hanno cessato di finanziarla, e si sta cercando di attirare i proventi del petrolio arabo in cambio del riconoscimento dell’Università Islamica di Gaza. Pertanto, se per le Nazioni Unite è ammissibile riconoscere come tale una università che è gestita da una organizzazione terroristica su un territorio che ha conquistato, perché i nobili cavalieri del mondo accademico israeliano non riconoscono una università che è stata istituita su territorio non occupato, ed è amministrata da uno stato democratico?
Ma il messaggio politico più importante è quello che è stato trasmesso dal Consiglio di Educazione Superiore di Giudea e Samaria ai nostri vicini: noi in Israele qui stiamo. Non cederemo alle pressioni e al terrore, non chiederemo scusa per esser ritornati alla nostra terra, e non rinunceremo ai nostri diritti di fare ricerca e studiare ovunque viviamo, proprio come ogni altro popolo del mondo. Non abbiamo chiesto scusa per aver costruito l’Università di Tel Aviv sulle rovine di Sheikh Munis, e quindi non c’è motivo di scusarsi per costruire l’Università di Ariel nel deserto. In Medio Oriente si accettano solo coloro che si battono per i loro diritti e sono pronti a combattere per essi, perché in quest’area solo coloro che sono invincibili vivono in pace. Inoltre noi siamo disposti ad aiutare i nostri vicini a crearsi un’università in una delle città arabe di Giudea e Samaria, al fine di sviluppare la scienza e l’istruzione, e portare il messaggio del progresso in quest’area che ne ha tanto bisogno: le Università di Bir Zeit (vicino Ramallah) e al-Najah (a Nablus) hanno ricevuto lo status di università non mentre erano sotto occupazione giordana, ma sotto “occupazione” israeliana, nell’anno 1977, e questo aveva portato un messaggio politico sia per gli israeliani che per i capi di queste istituzioni.
Conclusione: l’istituzione di un’università in qualsiasi luogo è un atto carico di significato politico, e quindi non c’è alcuna giustificazione per criticare qualsiasi istituzione specifica con l’accusa che la sua creazione è un atto politico. Quindi, a tutti coloro che criticano l’Università di Ariel dico: guardatevi allo specchio, e, come è noto a tutti, coloro che vivono in case di vetro non dovrebbero mai tirare pietre.