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La Stampa Rassegna Stampa
10.06.2012 Essere ebreo e israeliano
Alain Elkann intervista lo scrittore Aharon Appelfeld

Testata: La Stampa
Data: 10 giugno 2012
Pagina: 26
Autore: Alain Elkann
Titolo: «Il mio Israele, Paese sempre più pluralista»

Sulla STAMPA di oggi, 10/06/2012, a pag.26, con il titolo "Il mio Israele, Paese sempre più pluralista ", Alain Elkann intervista Aharon Appelfeld, uno dei massimi scrittori israeliani viventi, a giudizio di molti il più grande.
Ecco l'intervista:

Alain Elkann                                    Aharon Appelfeld

Lo scrittore Aharon Appelfed arriva al caffè sorridente come sempre con il suo cappello blu da marinaio in testa. Questo è il suo luogo di ritrovo abituale?

«Da 20 anni vengo qui due volte alla settimana, un tempo ci venivo tutti i giorni. Di solito lavoro a questo tavolo dalle 9 e mezza all’una. Scrivo a mano su carta bianca».

Che impressione fa avere 80 anni?

«Non ci penso, non si può misurare il tempo, ma non sono certamente più la stessa persona di 25 anni fa».

Scrive sempre libri su soggetti analoghi?

«Sì, la mia vita, i miei genitori. Più di un secolo di vita, di ricordi, è il mio spazio immaginario. Io non sono uno scrittore realista, ciò che racconto è quello che mi è successo in 80 anni».

L’accusano di non scrivere mai nulla sui fatti della Israele di oggi...

«Un vero scrittore non scrive quello che vuole scrivere, ma quello che è obbligato a scrivere. Io scrivo qualcosa che viene da dentro di me».

I suoi figli sono stati soldati in Israele e vivono e lavorano in questo Paese?

«Se vogliono conoscere quello che succede qui, devono leggerlo sui giornali. Io non sono in competizione con la televisione e i giornali, dò un altro tipo di informazione».

E che tipo di informazione dà?

«Racconto i differenti aspetti della sensibilità umana o le differenze tra le stagioni, oppure parlo dei miei genitori e dei miei rapporti con loro e anche del mio amore per l’Europa e del mio dispiacere».

Perchè dispiacere?

«Gli ebrei hanno vissuto in Europa per 2.000 anni e hanno creato molto nei campi più diversi. Penso ad esempio alla modernità di Freud, Marx, Wittgenstein, Kafka».

Ma lei è in disappunto con l’Europa di oggi?

«Sì, l’attitudine degli europei verso gli ebrei e verso Israele che è diventata un sinonimo di ebreo, non mi piace».

Essere anti-israeliani secondo lei è come essere antisemiti?

«Sì, certamente. Pensi che gli ebrei prima della guerra in Europa erano 12 milioni, oggi in Europa sono meno di un milione».

Quindi oggi odiare gli ebrei è un anacronismo?

«Come si può odiare qualcuno che non esiste? In Francia ci sono 500 mila ebrei su molte decine di milioni di francesi, in Italia 30 mila su svariati milioni di italiani, in Polonia seimila ebrei. Non mi può impressionare l’antisemitismo Europeo, ma mi rattrista perchè la gente ha una mentalità molto ristretta. Al limite posso capire che uno odi i vicini, ma se non ce ne sono più come fa a odiarli?».

E allora perchè odiano Israele?

«Gli israeliani sono ciò che rimane degli ebrei».

Israele è un Paese che rimarrà secondo lei tale, oppure è in pericolo?

«È come se lei mi domandasse se rimarrà l’Italia... Qui in Israele vivono sei milioni di persone, di ogni tipo».

Ma c’è chi vuole distruggere Israele ed è anche accettato dalle Nazioni Unite come l’Iran...

«Gli ebrei sono sempre stati odiati e sono comunque sopravvissuti».

Esel’IranvolessedistruggereIsraele?

«Spero che Israele si difenderà. Una minaccia di morte per Israele lo è anche per l’Europa».

Da quando lei vive in questo Paese, Israele è molto cambiato?

«Sì, in meglio. Quando sono venuto nel 1946 c’erano solo 500 mila persone, oggi invece è una società molto più pluralista. Al tempo era un Paese molto socialista, adesso ci sono varie tendenze politiche. Nel 1946 qui c’era un piccolissimo gruppo di persone molto religiose, oggi il gruppo è molto più vasto e importante e questo porta una varietà di idee, di persone, di gusti e di punti di vista».

E tutti gli immigrati che vengono ora in Israele e che non sono ebrei?

«In Israele ci sono un 20% di arabi, ma Israele non può sopportare un altro mezzo milione di stranieri musulmani. Gli arabi non si integrano: sono in parlamento ma non servono nell’esercito e hanno molti figli».

Si trova sempre bene qui a Gerusalemme?

«Sì, perchè sono un rifugiato. La maggior parte delle persone che vivono qui sono rifugiati oppure figli di rifugiati».

Un po’ come negli Stati Uniti...

«No. I rifugiati che sono venuti qui erano ebrei e dovevano essere ebrei».

E questo cosa vuol dire?

«Erano odiati in Europa o nei Paesi arabi, mentre qui non sono odiati».

Gli ebrei temono questa situazione?

«Sì , perchè sono odiati da tante generazioni; ma sono anche intellettualmente e naturalmente ansiosi per curiosità intellettuale. Penso spesso a un personaggio come Maimonide che non era solo interessato alla filosofia greca, ma a quello che succedeva nel mondo. Maimonide ha scritto anche molti libri in lingua araba».

Che desideri ha a 80 anni?

«Solo che ogni mattina sia un buon giorno: provo a fare il meglio che posso e i miei desideri sono piccoli. Se c’è un nuovo giorno, un nuovo sole, un amico con cui parlare in un caffè, cosa ci può essere di meglio?».

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