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Il Foglio - L'Unità Rassegna Stampa
05.06.2012 Turchia: carcere se 'offendi l'islam', aborto punito come se fosse un omicidio
pagina dedicata a chi crede che Ankara sia un modello di islam moderato

Testata:Il Foglio - L'Unità
Autore: Giulio Meotti - Alberto Tetta
Titolo: «Il turco Say, genio del pianoforte sotto processo per aver 'offeso l’islam' (come Apollinaire) - Migliaia di donne turche a difesa della legge sull’aborto»

Riportiamo dal FOGLIO di oggi, 05/06/2012, a pag. I, l'articolo di Giulio Meotti dal titolo " Il turco Say, genio del pianoforte sotto processo per aver 'offeso l’islam' (come Apollinaire) ". Dall'UNITA', a pag. 14, l'articolo di Alberto Tetta dal titolo " Migliaia di donne turche a difesa della legge sull’aborto ".
Ecco i pezzi:

Il FOGLIO - Giulio Meotti : " Il turco Say, genio del pianoforte sotto processo per aver 'offeso l’islam' (come Apollinaire) "


Giulio Meotti,           Fazil Say

Roma. Nella Turchia cosiddetta “laica” rischia diciotto mesi di carcere il pianista di fama mondiale Fazil Say. La sua “colpa” è quella di aver ironizzato su Twitter sul canto dei muezzin e aver postato poesie di Omar Khayyam. Un tribunale di Istanbul lo ha formalmente incriminato per “offesa ai valori religiosi”, e lo ha rinviato a giudizio, accogliendo la richiesta della procura. L’inizio del dibattimento è previsto per il 18 ottobre, anche se Say ha già minacciato di lasciare per sempre il paese, da lui accusato di “oscurantismo islamico”. Noto in tutto il mondo come pianista e compositore, Say, quarantadue anni, figlio di un intellettuale laico e con studi all’Istituto Schumann di Düsseldorf, non ha mai nascosto di essere ateo in un paese in cui la stragrande maggioranza della popolazione si dichiara sempre di più musulmana e che negli ultimi anni, sotto il governo di Recep Tayyip Erdogan, ha assistito a una forte reislamizzazione. Un parlamentare del partito islamico Akp di Erdogan, Samil Tayyar, ha detto che la madre di Say “è uscita da un bordello”. Già cinque anni fa Say, noto per le interpretazioni di Tchaikovsky, era stato attaccato duramente dagli oltranzisti islamici per aver composto un Requiem in memoria del poeta turco Metin Altiok, bruciato vivo con altre trentasei persone da una folla di integralisti musulmani a Sivas nel 1993, e che il ministero della Cultura di Ankara aveva censurato. L’attentato era legato alla traduzione in turco de “I versetti satanici” di Salman Rushdie, condannato a morte dai mullah iraniani. Stavolta a scatenare l’ira islamista è stato l’uso che il pianista ha fatto di Khayyam, cantore medioevale del vino e dell’amore, il grande poeta persiano vissuto nove secoli fa, troppo “sensuale” per i catoni del Corano. La procura di Istanbul, che l’opposizione laica turca accusa di essere uno strumento degli islamici vicini al partito al potere, ha formalmente incolpato Say in base all’articolo 216 del codice penale turco, che punisce “l’offesa ai valori religiosi” e prevede appunto condanne fino a quasi due anni di carcere. Altri due grandi intellettuali turchi sono stati processati in nome di questo codice negli ultimi anni. Uno, Nedim Gursel, professore di Letteratura alla Sorbona di Parigi, a causa del suo romanzo “Le figlie di Allah”. Il solo titolo ha fatto gridare allo scandalo, perché nel monoteismo islamico il concetto di “figlio di Dio” è rifiutato come blasfemia della peggior specie. Secondo il Corano Dio non è stato generato e non ha generato, quindi non può avere figli né tantomeno figlie. L’accusa di cui ha dovuto rispondere Gursel è stato di “oltraggio all’islam e incitazione all’odio”. Non è certo un caso che in Turchia si sia assistito a una simile esplosione di persecuzione artistica legata all’islam. A capo della Organizzazione della conferenza islamica, il più potente blocco di votanti alle Nazioni Unite, c’è oggi un turco, Ekmeleddin Ihsanoglu. Non a caso il 18 dicembre 2009 il primo ministro turco Erdogan, in visita in Siria, ha affermato che l’islamofobia è un “crimine contro l’umanità”. L’anziana archeologa Muazzez Ilmiye Cig è stata portata in giudizio con l’accusa di aver insultato l’islam sostenendo che l’uso del velo da parte delle donne è tradizione antecedente a Maometto, risale a cinquemila anni fa. Cig ha pubblicato un libro in cui afferma che in Mesopotamia, tremila anni prima della nascita di Cristo, il velo era portato dalle sacerdotesse preposte a iniziare i giovani sumeri al sesso. In una intervista alla Süddeutsche Zeitung, Say ha spiegato che sta pensando di andare in esilio, di lasciare la Turchia per rifugiarsi in Giappone. “Se mi condannano, sarà la fine della mia carriera artistica”, ha detto il pianista acclamato in tutte le grandi sale di concerto del mondo. Intanto, precisa, “sono forse la sola persona al mondo ad essere incriminato per essermi dichiarato ateo”. Un altro scrittore è sotto processo in Turchia. Ma non si presenterà mai dinnanzi ad alcun tribunale, e non soltanto perché francese, ma anche perché è defunto. Si tratta di Guillaume Apollinaire, del quale i magistrati turchi hanno bandita l’opera “Imprese di un giovane Don Giovanni”.

L'UNITA' - Alberto Tetta : " Migliaia di donne turche a difesa della legge sull’aborto "


Femministe turche protestano contro Recep Erdogan

Curde, femministe con i capelli grigi, militanti di sinistra, giovani mamme con le loro bambine in braccio, attivisti del movimento Lgbt (lesbiche, gay, bisessuali e transgender), personaggi dello spettacolo e qualche ragazza velata, una manifestazione colorata e plurale quella che ha portato in piazza alcune migliaia di donne domenica sera a Istanbul per difendere il «diritto a disporre del proprio corpo e all’interruzione volontaria di gravidanza». A scatenare la loro rabbia le recenti prese di posizione di Recep Tayyip Erdogan: «L’aborto è un omicidio, uccidere una persona nel corpo della madre o dopo il parto non fa nessuna differenza » ha dichiarato lo scorso 24 maggio il premier turco. «Penso che la legge debba limitare il più possibile la pratica dell’aborto a parte in casi in cui sia strettamente necessario dal punto di vista sanitario» gli ha fatto eco il ministro della sanità Recep Akdag annunciando che entro giugno il parlamento turco discuterà una nuova legge sull’interruzione volontaria di gravidanza. «Sono in piazza oggi perché da dieci anni l’Akp vede le donne come un nemico da combattere e fa politica usando il nostro corpo», spiega a l’Unità Aynur Seyrek, tra le organizzatrici della manifestazione. A riscaldare ancor di più gli animi prese di posizione come quella di Melih Gökçek esponente di spicco del partito di Erdogan e sindaco della capitale turca: «Perché il bambino deve pagare per l’errore compiuto da sua madre. La madre uccida se stessa», ha dichiarato hai microfoni di Samanyolu Tv, il presidente della commissione sanità al parlamento turco Cevdet Erdöl. Dal canto suo ha presentato a Unicef e Organizzazione mondiale della sanità una richiesta ufficiale perché «includano anche il feto nella definizione di bambino e ne difendano il diritto alla vita». Secondo Eylem, una giovane transessuale attiva nel movimento femminista, per difendere i diritti delle donne servono forme di lotta ancora più radicali: «Dobbiamo impedire a un governo che per bocca del suo ministro della Sanità è arrivato a dire che vuole vietare l’aborto persino alle donne che rimangono incinta dopo essere state violentate, di cancellare in nostri diritti. Io e altre attiviste abbiamo già annunciato che se verrà approvata una legge che vieta o limita l’aborto inizieremo uno sciopero della fame ad oltranza fino a quando il governo non tornerà sui suoi passi».
SVOLTA AUTORITARIA
Quella di Istanbul è stata solo l’ultima di una serie di manifestazioni organizzate dalle donne in tutta la Turchia per difendere un diritto dato ormai per acquisito. È dal 1983 infatti che la legge turca permette l’interruzione volontaria di gravidanza fino alla decima settimana dal concepimento. Il 29 maggio a Eskisehir le donne che manifestavano contro le dichiarazioni del primo ministro sono state caricate dalla polizia davanti alla locale sede del partito di Erdogan e giovedì anche ad Ankara le forze dell’ordine hanno disperso il presidio «per la libertà di scelta» davanti alla sede del governo facendo uso di gas lacrimogeni. Ec’è chi in Turchia vede nell’inaspettata presa di posizione anti-aborto di Erdogan il segnale di una più ampia svolta autoritaria e conservatrice nell’azione del governo: «L’ossessione per l’alcol, le dichiarazioni sull’aborto, la retorica moralista, la gara a costruire moschee sempre più grandi, sono gli ingredienti di una nuova strategia politica adottata da Erdogan. - scrive Ahmet Insel editorialista del quotidiano Radikal - che nasce dall’unione tra l’agenda politica conservatrice dell’Akp e il programma nazionalista del Mhp (partito dell’ultra-destra all’opposizione, ndr), allo stesso tempo in nome del “interesse nazionale” passano leggi che proibiscono lo sciopero in alcuni settori produttivi consolidando un modello autoritario di economia di mercato».

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