sabato 21 settembre 2024
CHI SIAMO SUGGERIMENTI IMMAGINI RASSEGNA STAMPA RUBRICHE STORIA
I numeri telefonici delle redazioni
dei principali telegiornali italiani.
Stampa articolo
Ingrandisci articolo
Clicca su e-mail per inviare a chi vuoi la pagina che hai appena letto
Caro/a abbonato/a,
CLICCA QUI per vedere
la HOME PAGE

vai alla pagina twitter
CLICCA QUI per vedere il VIDEO

Lo dice anche il principe saudita Bin Salman: Khamenei è il nuovo Hitler


Clicca qui






Informazione Corretta Rassegna Stampa
07.05.2012 Inverno islamico in Tunisia: l'università invasa dai salafiti
analisi di Valentina Colombo

Testata: Informazione Corretta
Data: 07 maggio 2012
Pagina: 1
Autore: Valentina Colombo
Titolo: «Islam-s newsletter»
Pubblichiamo la newsletter ISLAM-S di Valentina Colombo sull'inverno islamista in Tunisia. Per informazioni e per iscriversi alla newsletter inviare una e-mail a v.colombo@hotmail.it


Valentina Colombo

ISLAM-S EDITORIALE. UNIVERSITA’ TUNISINA IN PERICOLO: UN APPELLO DALL’INVERNO ARABO
Se esiste ancora qualcuno che crede nella cosiddetta “primavera” gli consiglierei di leggere quel che si scrive sui giornali, nei blog, nei social network di paesi come l’Egitto, gli consiglierei quello che viene scritto in arabo, gli consiglierei di parlare con tutti coloro che non sono al potere ovvero con gli intellettuali, con l’opposizione laica, con le persone che hanno votato gli islamisti e ora ne sono pentite. Sarebbe sufficiente, come è capitato a me due settimane fa all’Università internazionale Menendez Pelayo di Valencia, ascoltare la testimonianza di Amel Grami, professoressa tunisina di Storia delle Religioni presso la Facoltà di Lettere e Filosofia della Manouba. Amel Grami è una delle intellettuali che nel post-rivoluzione del Gelsomino si è trasformata in un’attivista perché, come sostiene lei, “di questo c’è bisogno”. Da collega condivido appieno la sua scelta, anch’io a modo mio, con le mie possibilità, percepisco che in questo momento storico bisogna tralasciare i massimi sistemi per cercare di favorire la nascita di un futuro migliore per la sponda sud del Mediterraneo che si merita molto di più di governi islamisti, seppur democraticamente eletti. La testimonianza di Amel Grami mi ha portata dalla definizione di “autunno” arabo a quella di “inverno”. In ogni sua parola era tangibile la delusione e la disperazione di chi aveva creduto nel cambiamento e che ora non vedeva via d’uscita. La delusione della vittoria degli islamista di Al Nahdha, la delusione del tradimento di elementi legati alla sinistra che si sono alleati al partito al potere, l’amarezza nel vedere alcuni intellettuali predicare dalle scrivanie evitando di scendere in piazza, per non parlare di quelli che sono diventati conniventi con gli islamisti. Alla Grami sta molto a cuore la condizione della donna tunisina che dal 1956, grazie al Codice dello Statuto personale voluto da Habib Bourguiba, ha goduto di uno status unico nel mondo arabo islamico. Denuncia che gli “attori della politica post-rivoluzionaria hanno minimizzato i diritti delle donne poiché non sono prioritari”, denuncia il fatto che “le donne sono marginalizzate dai mezzi di comunicazione che evitano di parlare dei loro diritti”, denuncia il fatto che questo atteggiamento sia “condiviso dagli islamisti e da alcuni esponenti della sinistra”. Denuncia il fatto che “sempre più donne della classe media sono obbligate a indossare il velo per muoversi con i mezzi di trasporto pubblico onde evitare insulti e attacchi” e ricorda che il velo oggi a Tunisi “non è un simbolo, bensì le donne sono obbligate a indossarlo per proteggersi”. Denuncia il fatto che le associazioni di medici “assistono a sempre più donne accompagnate dai mariti”, che si iniziano a vedere bambine di quattro anni già velateLa testimonianza di Amel Grami tocca in seguito un altro tema che la riguarda da vicino in quanto docente universitaria e intellettuale. “Sempre più intellettuali, docenti universitari, giornalisti vengono accusati di apostasia, definiti dei miscredenti”. Ricorda che a Tunisi si è costituito un Comitato per la promozione del bene e il divieto del male, istituzione esistente sinora solo in Arabia Saudita, che ad esempio da mesi impedisce a Iqbal Gharbi, docente universitaria e direttrice responsabile dell’emittente radiofonica legata all’Università islamica della Zeitouna, di raggiungere il proprio posto di lavoro in quanto donna e apostata. Denuncia la latitanza del governo innanzi a ogni atto da parte dei salafiti in modo particolare innanzi alle manifestazioni, anche violente, nei confronti dell’Università in cui lei lavora, ormai da mesi nell’occhio del ciclone. E’ evidente che i salafiti, in Tunisia, in Egitto, ma anche in Europa, sono la mano violenta dei Fratelli musulmani, regolarmente non condividono, ma giustificano. Dobbiamo avere sempre ben presente che salafiti e Fratelli musulmani sono due facce della stessa medaglia, hanno uno stesso fine che intendono perseguire con modalità e tempistiche diverse. I salafiti servono ai Fratelli musulmani per distogliere l’attenzione dalle proprie azioni, per convincere le istituzioni e la popolazione che loro sono “moderati”, ma nulla di tutto ciò è vero. L’appello qui riportato mi giunge da Amel Grami, dall’inverno degli intellettuali tunisini che non demordono e che molto avrebbero da insegnarci sulle conseguenze di un cedimento agli islamisti che l’occidente crede o vuole credere moderati, ma che invece hanno già sostituito una dittatura laica con una dittatura islamica.

 ISLAM-S DOCUMENTI. APPELLO URGENTE DALL’UNIVERSITA’ DELLA MANOUBA A TUNISI
"L'Università tunisina ha bisogno del vostro sostegno" Cari colleghi e amici tunisini e non, Speriamo che leggiate il nostro appello e lo firmiate. Grazie per il vostro sostegno. Appello per l’istituzione di un Comitato per la difesa dei valori accademici, per l'autonomia istituzionale e il sostegno alla Facoltà di Lettere e Filosofia della Manouba a Tunisi (FLAHM) Sin dall'inizio dell'anno accademico 2011-2012, studenti "salafiti" sostenuti da attivisti e militanti e incoraggiati da partiti islamici organizzati, hanno attaccato numerose istituzioni universitarie, sia per imporre il niqab, il velo integrale islamico, durante le lezioni e durante gli esami, oppure per mostrare la loro disapprovazione relativa al codice di abbigliamento (giudicato irrispettoso) di un docente di sesso femminile, oppure addirittura per sfidare i programmi promossi da dipartimenti e comitati scientifici.
Gli incidenti hanno avuto luogo presso la Facoltà di Lettere e Scienze Umane di Sousse, la Scuola Superiore di Commercio della Manouba, l'Istituto di Arti e Mestieri di Kairouan, l'Istituto Superiore di Teologia di Tunisi, e l'Istituto Superiore di Lingue a Tunisi, come così come in altre istituzioni accademiche. Tuttavia, è la Facoltà di Lettere e Filosofia della Manouba a essere diventata il bersaglio privilegiato di questo piccolo gruppo di facinorosi. Questi attivisti hanno disdegnato le normative interne in vigore in tutte le istituzioni accademiche che, principalmente per scopi pedagogici, hanno vietato l'uso del niqab all'interno delle sedi universitarie e in particolare nelle aule, durante gli esami e le supervisioni delle tesi. Costoro hanno cercato di imporre la loro legge con la forza, terrorizzando i loro compagni di studio, sequestrando il Preside di facoltà, impedendogli di entrare nel suo ufficio, ricorrendo alla violenza fisica e verbale contro i docenti, il personale amministrativo e gli impiegati, emettendo minacce di morte contro il preside e i docenti. Atti simili, anche se meno gravi e che non hanno beneficiato della stessa copertura mediatica, si sono registrati in altri istituti accademici, preoccupando e allarmando i docenti, gli studenti e i loro sindacati. Prendendo intenzionalmente di mira la Facoltà di Lettere e Filosofia della Manouba con molestie implacabile e senza precedenti nella storia dell'università tunisina, questo gruppo è riuscito a interrompere a più riprese nelle aule, e talvolta ha anche impedito agli studenti di sostenere gli esami farsa. L'ufficio del preside è stato messo a soqquadro e la sua integrità fisica è stata messa a repentaglio da un blocco di cemento che, lanciato contro la finestra del suo ufficio, avrebbe potuto colpirlo. Nonostante queste continue molestie, i docenti, il comitato scientifico, il preside, i sindacati, gli studenti e l’amministrazione della Manouba hanno stoicamente resistito alle aggressioni, al fine di salvaguardare l'anno accademico in corso. La messa al bando delle studenti che indossano il niqab durante le lezioni e gli esami, non è che l'attuazione di un tacito codice di abbigliamento in vigore in tutte le scuole e le istituzioni accademiche. E’ stato confermato a livello locale dal comitato scientifico della Manouba e a livello nazionale, da tutti i rettori di università e da tutte le istituzioni accademiche che hanno attuato le decisioni dei rispettivi comitati scientifici e in particolare dei presidi di tutte le facoltà di lettere e scienze umane, dai presidi delle quattro facoltà di medicina che si sono distinti diffondendo comunicati stampa in questo senso. E’ stato anche approvato dal Tribunale amministrativo. Tuttavia, i ministri dell’Interno e dell'Istruzione superiore, invece di prendere la difesa dei docenti e del preside, magari elogiandoli per la determinazione a far rispettare la legge, invece di essere coerenti con la decisione del Tribunale amministrativo che lo stesso ministro dell'istruzione superiore ha consultato in merito al tema del niqab, hanno preferito biasimare "l’affare della Manouba", accusando il preside, consegnandolo al desiderio di vendetta dei salafiti. Il governo ha persino utilizzato il principio dell'autonomia delle università e del non-intervento nei campus, come pretesto per rifuggire al proprio dovere come avrebbe dettato il buon senso, come sancito dalla legge tunisina e dalle raccomandazioni dell'UNESCO al fine di garantire la sicurezza di studenti, docenti e del personale amministrativo e non. Tuttavia, né alla Manouba, né altrove, è stato chiesto di reprimere manifestazioni pacifiche, né di dissuadere gli aggressori di non compromettere le attività accademiche e di non violare la legge e in particolare l'articolo 116 del codice penale in virtù del quale "Chiunque esercita o minaccia di esercitare la violenza su un pubblico ufficiale per costringerlo/la a compiere o non compiere un atto di pertinenza ai suoi doveri ", commette un reato che può essere punito con la reclusione fino a tre anni. L'atteggiamento connivente delle autorità ha solo aumentato la violenza salafita che ha raggiunto il suo parossismo il 7 marzo scorso quando abbiamo assistito alla profanazione della bandiera tunisina e al ferimento di cinque studenti. Incoraggiati dal lassismo dei ministri dell’Interno e dell'istruzione superiore, questi salafiti si sono sentiti liberi di scatenare tutta la loro violenza, questi salafiti possono andare oltre e non è escluso che si potranno avere altre vittime tra gli universitari tunisini sia alla Manouba che altrove. I Presidi delle facoltà di lettere in un comunicato pubblicato all'inizio di marzo hanno affermato che le loro istituzioni potrebbero vedere andare in fumo un intero anno accademico. Il Preside della Facoltà di Lettere e Filosofia della Manouba la cui istituzione è stata scelta dai salafiti per testare la capacità di resistenza degli istituti di istruzione superiore per la violazione dei loro diritti, ha lottato unitamente al Comitato scientifico, ai docenti, al sindacato locale, di preservare l'università , la conoscenza, la libertà accademica, la dignità di studenti e docenti, nonché la loro integrità fisica. Una gerarchia partigiana sta cercando oggi di dare l'impressione che il Preside è isolato e pretende di condurre docenti e studenti sulle proprie posizioni.
- Consapevoli che "i salafiti" stanno mettendo a repentaglio i valori accademici, i principi dell’autonomia istituzionale, la libertà accademica e che mirano a confiscare le prerogative scientifiche e pedagogiche degli istituti di istruzione superiore.
- Consapevoli che la Facoltà di Lettere e Filosofia della Manouba è attaccata per via del ruolo di pioniere che ha sempre svolto per la salvaguardia dei valori accademici, per l’autonomia istituzionale e le libertà accademiche, così come per la promozione della tolleranza, dello spirito critico e del rinnovamento della ricerca
- Consapevoli che il suo Preside, i suoi docenti, i suoi studenti e il suo personale amministrativo e non, presi di mira dai sobillatori, non sono per nulla tutelati dalle autorità e che la loro dignità viene violata costituendo quindi una minaccia per la loro integrità fisica
- Consapevoli del fatto che la lotta che la Manouba sta conducendo, è anche quella dell'intera università e quella di un’intera società che si è liberata dalla dittatura e non vuole certo ritornarvi
- Gli accademici e ricercatori, intellettuali, artisti, membri della società civile tunisina e gli altri firmatari della petizione:
- Dichiarano la loro disponibilità a qualsiasi azione legale in grado di assicurare il primato dello Stato di diritto negli istituti di istruzione superiore, per tutelare tutte le istituzioni accademiche contro ogni tentativo, tale da compromettere conoscenze, valori accademici, l'integrità fisica dei suoi dirigenti, il suo corpo docente, i suoi studenti e tutto il proprio personale, in stretta collaborazione con tutte le componenti della società civile
- S’impegnano in particolare a sostenere la Manouba, il suo Preside, il suo personale e dei suoi organi scientifici e sindacali che sono particolarmente presi di mira
-Chiedono l'istituzione di un comitato di difesa dei valori universitari, dell’autonomia istituzionale, della libertà accademica e che sostenga la Manouba
- Richiedono a tutti gli accademici, i ricercatori, gli artisti e i membri della società civile tunisina a rispondere al presente appello unendosi al Comitato e mobilitandosi per contribuire al raggiungimento degli obiettivi dell'università tunisina promossi e perseguiti dai padri fondatori e dai loro contemporanei.

VALENTINA COLOMBO (Cameri, 1964) è docente di Cultura e Geopolitica dell’islam presso l’Università Europea di Roma e Senior Fellow presso la European Foundation for Democracy a Bruxelles. E’ membro del Comitato per l’islam italiano presso il Ministero dell’interno


http://www.informazionecorretta.it/main.php?sez=90

Condividi sui social network:



Se ritieni questa pagina importante, mandala a tutti i tuoi amici cliccando qui

www.jerusalemonline.com
SCRIVI A IC RISPONDE DEBORAH FAIT