Il problema Spinosa Irving D. Yalom
Traduzione di Serena Prina
Neri Pozza Euro 17,50
«Credo nel Dio di Spinoza che si rivela nell'armonia dell'esistente, non in un Dio che si occupa delle azioni degli uomini», rispose Einstein interrogato sulla sua religiosità. Del filosofo ebreo olandese espulso a soli 24 anni, nel 1656, dalla sua comunità, Isaac Singer invece amava la lotta della ragione contro le passioni, l'idea dell'Eterno come natura, sostanza assolutamente infinita, la stessa dei corpi celesti, così adatta agli universi danzanti dello scrittore yiddish: a lui intitolò perfino un racconto, Spinoza di via del Mercato. Anche Freud lo celebrò, per la sua comprensione della compulsione, della colpa.
Baruch Spinoza, che morì poverissimo nel 1677, in definitiva non solo aprì la strada all'Illuminismo, ma rimase un faro per il pensiero moderno e pulsa di attualità. Lui che nel XVII secolo non credeva in un Dio persona, nella vita eterna, nella sacralità delle scritture, lui che già affermava la libertà di pensiero, la necessità della separazione tra religione e potere politico, è un eroe perfetto per la messa in scena che ne fa Irving Yalom nel suo nuovo romanzo, pagine dove si animano il filosofo e il suo pensiero, il suo mondo intimo, la cacciata dall'ebraismo, le letture dei pensatori greci e latini, i nuovi amici, la solitudine monacale, la volontà. Un'operazione ardita e divulgativa di Yalom che porta lo stesso segno del suo Le lacrime di Nietzsche (1992), o de La cura Schopenhauer (2005).
L'azzardo di quest'ultimo libro, Il problema Spinoza (come sempre Neri Pozza, trad. Serena Prina, pagg. 440, euro 17,50) è però anche un contrappunto ben riuscito: accanto al grande Spinoza, a capitoli alterni, scorrono la vita e gli incubi del nazista Alfred Rosenberg, ideologo razzista antisemita della prim'ora, spalla ideologica di Hitler, giustiziato a Norimberga nel 1946. L'unità ai suoi comandi requisì durante l'occupazione l'intera biblioteca del filosofo conservata in Olanda: la scritta "Il problema Spinoza" appare nel rapporto del nazista che la confiscò. Per Yalom è stato questo il clic del romanzo, perché da qui lo psichiatra novellista americano ha immaginato che Rosenberg, dopo aver letto giovanissimo il profondo influsso del filosofo del XVII secolo su Goethe, nutra un'ossessione per Spinoza, un assillo che lo possiede e si sostanzia nella domanda "Come può un ebreo aver sviluppato un pensiero tanto lucido e geniale?".
Professor Yalom, perché Spinoza? Incarna ancora una suggestione essenziale per l'uomo contemporaneo? «Fin da adolescente mi affascinava che un individuo così coraggioso e solitario potesse aver scritto libri che hanno cambiato il mondo. Mi intrigava anche che fosse stato scomunicato dagli ebrei e perseguitato dai cristiani. Emanava forza. E influenzò molto la storia: introdusse la laicità, aprì la strada al sorgere delle scienze naturali, all'Illuminismo, la democrazia». Il filosofo Remo Bodei dice che Spinoza è un precursore della psicoanalisi. È d'accordo? L'ha scelto anche per questo? «Al centro del pensiero spinoziano c'è l'idea che ogni cosa abbia un nesso causale, e che la causa possa essere colta non solo negli eventi esterni ma anche nei fenomeni mentali. Spinoza dice che possiamo capire emozioni, passioni, scelte esattamente come comprendiamo le rette e i piani in geometria. E per la psicoanalisi sentimenti e azioni possono essere spiegati scavando nel passato: così, certo, si può affermare che Spinoza precorra Freud. Anche se quest'ultimo non ha ne ha mai scritto molto. Credo che un quarto dell'opera maggiore di Spinoza, l' Etica, sia dedicata alla schiavitù dalle passioni e al suo superamento - qualcosa di veramente rilevante per la psicoterapia». Veniamo a Rosenberg. Pensa davvero che avesse un "problema Spinoza", o con questo vuole alludere all'intero problema culturale della Germania nazista con il suo passato e il suo presente? Con i suoi grandi ebrei Heine, Mahler, Mendelsshon, Offenbach e poi Einstein, Freud, ma anche con intellettuali come Goethe alieni dal nazionalismo? « Il problema Spinoza parla della reverenza dei nazisti per grandi pensatori tedeschi, come Goethe, che a loro volta riverivano Spinoza. Come poteva essere che un membro di questa razza spregevole fosse così importante per dei geni germanici?». Mettendo il nazista Rosenberg davanti a uno psicoanalista lei sembra aver sognato l'impossibile: capire le cause dell'antisemitismo. «E' un buon terapista, e fa del suo meglio per cambiare Rosenberg (che è stato davvero due volte ricoverato in psichiatria) in una persona più morale.
Usa gli strumenti che immagino avrei usato io,e l'incontro, come il lettore vedrà, è tempestoso».
Leiè uno psichiatra, mai suoi romanzi si svolgono sempre intorno a grandi pensatori. Perché? Crede nel potere terapeutico della filosofia? «Mentre studiavo le lezioni vertevano sulla storia della psichiatria, in genere iniziavano con le discussioni tra Jung e Freud e Pavlov. Ho sempre sentito che era un errore: i grandi scrittori e i grandi filosofi si sono sempre occupati della sofferenza umana e delle sue cause. Io nei miei romanzi cerco di esplorare queste fonti e sottolinearne la rilevanza nella terapia contemporanea».
Susanna Nirenstein
La Repubblica