Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 02/04/2012, a pag. 26, l'articolo di Francesco Battistini dal titolo "Shakespeare vietato agli israeliani, l'appello che fa male alla cultura".
Una lettera aperta firmata da Emma Thompson, Mike Leigh, Richard Wilson e altri nomi dello spettacolo britannico invita a escludere dal festival shakespeariano del Globe Theatre il teatro nazionale israeliano Habimah perchè gli attori e registi israeliani si esibiscono anche nei territori contesi invece di tenersene alla larga come hanno fatto altri uomini di cultura israeliani.
Un invito al boicottaggio che, contrariamente a quanto tentano di far passare i firmatari, non ha nulla a che vedere con la cultura, ma solo con l'odio per lo Stato ebraico.
Battistini condanna l'iniziativa, ma scrive : " era già accaduto a Torino e a Edimburgo, con Tariq Ramadan o Ken Loach, accadrà di nuovo. A un convegno marsigliese di scrittori, quattro mesi fa, l'ebreo siriano Moshe Sakal è stato messo alla porta perché «non abbastanza filo palestinese». Ci provarono anche col grande Ian McEwan, quando osò l'altro anno ricevere l'Israel Prize ". Il fatto che non sia il primo episodio di boicottaggio non rende l'accaduto meno grave. E, in ogni caso, non è ben chiaro a che cosa sia dovuto l'accostamento dei nomi. Ken Loach è un odiatore di Israele, Tariq Ramadan un diffusore di ideologia islamista. Che cosa c'entrano con Moshe Sakal, escluso da un festival di poesia a Marsiglia non perchè non 'abbastanza filopalestinese', come scrive Battistini, ma perchè israeliano (a chiedere la sua esclusione era stato il poeta palestinese Najwan Darwish, http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=115&sez=120&id=42525), e Ian McEwan, criticato per aver accettato l'Israel Prize invece di rifiutarlo?
Mettere tutti sullo stesso piano è sbagliato. Tariq Ramadan non è una vittima.
Ecco il pezzo:
Non è sotto l'ortica che fiorisce la fragola profumata? A rappresentare l'ultima replica del boicottaggio culturale a Israele, di questi giorni in scena a Londra, ci vorrebbe (e chi se no?) Shakespeare con il coro iniziale dell' Enrico V: le scuse al pubblico per l'impossibilità di rendere veritiera la messinscena e la richiesta di usare l'immaginazione per ricostruire quello che, in teatro, non si può portare... I fatti: i grandi nomi dello spettacolo britannico, da Emma Thompson a Mike Leigh, a Richard Wilson, hanno firmato una lettera aperta perché al Festival scespiriano del Globe Theatre sia impedita la partecipazione dell'Habima, il teatro nazionale israeliano, invitato per maggio col Mercante di Venezia. Motivo: mentre molti artisti e uomini di cultura israeliani, da Grossman a Yehoshua, si rifiutano ormai da tempo di parlare o d'esibirsi negli insediamenti illegali dei Territori palestinesi, questi registi e attori di Tel Aviv hanno fatto una scelta diversa e accettato di portare la cultura anche fra gli «impresentabili coloni» loro connazionali, convinti forse che un po' di teatro sia meglio del nulla e che, per dirla appunto col Bardo, una dolce fragola possa fiorire perfino tra le ortiche, sempre che qualcuno la semini.
Non sia mai, dicono Emma e le sue comparse: una rosa è una rosa, qui trattasi di «vergognoso coinvolgimento politico», guai a chi applaude i collaborazionisti. Niente di nuovo, è lo Zeitgeist, lo spirito di certi tempi: era già accaduto a Torino e a Edimburgo, con Tariq Ramadan o Ken Loach, accadrà di nuovo. A un convegno marsigliese di scrittori, quattro mesi fa, l'ebreo siriano Moshe Sakal è stato messo alla porta perché «non abbastanza filo palestinese». Ci provarono anche col grande Ian McEwan, quando osò l'altro anno ricevere l'Israel Prize e parlare di libri a Gerusalemme: perché lo fai, gli dissero? «Detesto gli insediamenti israeliani», rispose lui, «ma ancora di più chi confonde la cultura con il ministero degli Esteri». Fragole & ortiche: il Poeta non avrebbe detto meglio.
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