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Il Giornale Rassegna Stampa
27.03.2012 Tunisia, l'islam è la religione di Stato. A quando la sharia ?
analisi di Fiamma Nirenstein

Testata: Il Giornale
Data: 27 marzo 2012
Pagina: 15
Autore: Fiamma Nirenstein
Titolo: «Addio Tunisia laica, ora è stato islamico»

Riportiamo dal GIORNALE di oggi, 27/03/2012, a pag. 15, l'articolo di Fiamma Nirenstein dal titolo "Addio Tunisia laica, ora è stato islamico".


Fiamma Nirenstein, Rachid Ghannouchi, capo di Ennahda

Ha visto giusto Fiamma Nirenstein all'inizio del suo articolo, quando scrive : "Adesso lo sentiremo ripetere dai giornalisti e i politici per bene in tutte le occasioni: è stato un grande successo della primavera araba, un’affermazione di demo­crazia la decisione di Ennahda, il partito di maggioranza tunisino che, benché rischi di procurare gradi tensioni nel suo elettorato, ha deciso di non trasformare l’arti­colo uno della Costituzione del 1959. Cioè, vi ha lasciato scritto che la Tunisia è «uno stato libero, indipendente e sovrano: la sua re­ligione è l’islam e il suo regime è la repubblica».". E' infatti questo il tono adottato da Renzo Guolo e Giampaolo Cadalanu su Repubblica di oggi, a pag. 36.
Sì, Ennahda non ha modificato l'articolo 1 della Costituzione tunisina, ma ha ribadito che l'islam è la religione di Stato. E, come specifica Nirenstein nel suo pezzo, è solo questione di tempo prima che i salafiti ottengano ciò che vogliono, la sharia.
Non esiste un islam moderato. Basta vedere che cos'è successo pochi giorni fa, quando un imam ha aizzato la folla perchè uccidesse gli ebrei tunisini, episodio tollerato da Ennahda (http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=24&sez=120&id=43933).
Ecco il pezzo:

Adesso lo sentiremo ripetere dai giornalisti e i politici per bene in tutte le occasioni: è stato un grande successo della primavera araba, un’affermazione di demo­crazia la decisione di Ennahda, il partito di maggioranza tunisino che, benché rischi di procurare gradi tensioni nel suo elettorato, ha deciso di non trasformare l’arti­colo uno della Costituzione del 1959. Cioè, vi ha lasciato scritto che la Tunisia è «uno stato libero, indipendente e sovrano: la sua re­ligione è l’islam e il suo regime è la repubblica».
Insomma, Ennahda si è mantenu­to il diritto di essere ancora deno­minato dalla stampa internazio­nale «partito islamico democrati­co », perché la legge islamica, la sharia,non è stata inserita nell’ar­ticolo di legge; passa in sottordine che venga evocata tuttavia dal­l’immediata definizione del­l’islam come religione di Stato. Di fatto la deriva tunisina verso i Fra­telli Musulmani (questa è la casa madre di Ennahda e del suo lea­der Gannouchi) non è cosa da po­co p­er quanto si ammanti di mode­ratismo, specie nel Paese più lai­co, almeno fino a ieri, del mondo arabo. Ma si sa, più che una prima­vera araba questa è una primave­ra islamica, e quella egiziana non è da meno. Anche qui la branca «moderata» più quella salafita hanno ottenuto il 72 per cento in parlamento, e l’islamismo vince anche in Marocco, dove solo ieri un diplomatico israeliano asse­diato dalla folla ha dovuto sceglie­re la via della fuga. In Tunisia, se mai Ennahda volesse scegliere una via dolce, si può prevedere fa­cilmente che i salafiti scenderan­n­o in piazza non si sa con quale ri­sultato: intanto 8000 persone ieri sono scese in piazza a Tunisi per ottenere l’applicazione della sha­ria al grido «vogliamo una repub­blica islamica».
Il guaio è che gli episodi di orgo­glio islamico per altro non osteg­giati da Ennahda sono stati parec­chi: una milizia islamica è stata le­galizzata. Riporta infatti l’esperta Anna Mahjar Barducci, sul sito di Gatestoneinstitute, che il mini­stro degli Interni ha dato stato le­gale al «Comitato per la promozio­ne della virtù e la prevenzione del vizio»,una polizia religiosa istitui­ta dopo la rivoluzione. I tre comit­a­ti che la compongono controllano l’osservanza religiosa, la scienza, gli affari giuridici. La polizia ha as­s­alito per strada donne senza il ve­lo, hao occupato moschee, ha pic­c­hiato professori e giornalisti libe­rali. Inoltre Ennahda, che teme la forza salafita, gli ha dato la possibi­lità di occupare e controllare pic­cole città, come Sejnane con i suoi cinquemila abitanti, nel nordo­vest del Paese.
Secondo i media tu­nisini, circa 250 individui hanno talebanizzato la città imponendo la sharia con innumerevoli episo­di di intolleranza e violenza verso il vino (a un venditore sono state spezzate le dita), il tabacco, la ven­dita di dolci per capodanno per­ché è una festa cristiana, l’abbi­gliamento femminile. Il governo, sostengono i media locali, lascia che i salafiti facciano i loro esperi­menti locali di sharia dura, e anzi hanno lasciato che un partito uffi­cialmente bandito, Hizb ut Tahrir, ovvero il Partito della Libe­razione, organizzasse nei giorni scorsi una conferenza internazio­nale di donne intitolata «Il califfa­to, luminoso esempio per i diritti e il ruolo politico della donna». Le partecipanti erano cinquecento da tutto il mondo. Hanno stabilito che la democrazia ha fallito, e che «il Califfato, storicamente messo alla prova, può dare un futuro mi­gliore alle donne musulmane» (questo l’ha detto la delegata bri­tannica). Il convegno tenuto nel lussuoso palazzo di Gammarth, nella periferia nord di Tunisi ave­va un tono festivo, aperto, certa­mente Ennahda non sembrava avere niente in contrario a che le donne spendessero tutte le loro energie per spiegare la bontà del califfato a fianco di un’organizza­zione bandita. Insomma, anche se Rachid al Gan­nouchi, il leader di Ennahda che ha ottenuto il quaranta per cento dei voti,ha tenuto sin dall’inizio la linea morbida, tesa a dimostrare la sua volontà di dialogare con l’Occidente,pure è difficile se non impossibile immaginare che la ge­stione del Paese che si prepara non smusserà le punte per i salafi­ti, amici-nemici, in guardia rispet­to a cedimenti all’Occidente e in­vece consenzienti sulla linea sun­nita dura, e le renderà più acumi­nate per chi si metterà sulla strada di un islamismo militante. Se si guardano le interviste dei leader di Ennahda ai giornali tunisini, questi ammettono di guardare con attenzione e «cautela» ai mo­vimento salafita, per evitare di peggiorare le divisioni. Dunque, per i prossimi giorni c’è da aspet­tarsi le proteste salafite, e il cedi­mento, più o meno evidente, più o meno graduale, di Ennahda.
www.fiammanirenstein.com

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