Riportiamo da REPUBBLICA di oggi, 23/09/2011, a pag. 21, l'intervista di Nicholas Kristof a Mahmoud Ahmadinejad dal titolo " Le accuse di Ahmadinejad: Neda? una messinscena. Obama non cerca il dialogo ". Dalla STAMPA, a pag. 21, l'articolo di Paolo Mastrolilli dal titolo " Ahmadinejad show nella sala vuota ".
Ecco i due articoli:
La REPUBBLICA - Nicholas Kristof : " Le accuse di Ahmadinejad: Neda? una messinscena. Obama non cerca il dialogo "
Mahmoud Ahmadinejad
Signor presidente Ahmadinejad, nota qualche differenza tra l´amministrazione di Obama e quella di George W. Bush in termini di opportunità di dialogo tra Iran e Stati Uniti?
«Speravamo in differenze tangibili. Obama aveva promesso novità a tutti i livelli. Molti sono rimasti delusi. Il dialogo deve svolgersi in una cornice di reciproco rispetto. Non possiamo minacciare qualcuno con un bastone per obbligarlo al dialogo. Obama ha dichiarato che è sua volontà boicottare l´Iran tramite l´embargo. Non sono parole degne di un presidente. Noi siamo disposti a dialogare, in condizioni opportune, rispettose, giuste ed eque. L´interruzione dei rapporti diplomatici è stata voluta unilateralmente dagli Stati Uniti, non da noi».
È difficile pretendere il dialogo quando si ricorre a sotterfugi per occultare i propri programmi nucleari o si reprimono i dissidenti politici. Si direbbe che anche il suo governo abbia una parte di responsabilità.
«Non dico che le responsabilità non spettino a entrambi. Tuttavia: chi dice che negli Stati Uniti la democrazia è più solida che in Iran? La popolazione è davvero disposta a perdere i propri figli in terre straniere per ragioni oscure? Nessuno può imporre la propria idea di democrazia a qualcun altro con la forza. Non siamo gli unici ad avere problemi. Gli Stati Uniti ne hanno molti più di noi. Tutti ne hanno. Mi si mostri un Paese senza macchia in materia di diritti umani».
A proposito di Paesi che qualche macchia invece la hanno, mi dica della Siria. Cosa dovrebbe fare il presidente Assad per far fronte alla rivolta?
«Le parti in causa devono dialogare. Giustizia, libertà e rispetto sono diritti di tutti i popoli. Gli scontri non aiutano a risolvere i problemi. Li moltiplicano. Di certo i Paesi stranieri non devono interferire. L´intervento straniero aggrava i problemi, non li risolve».
Non vale forse anche per l´Iran? In seguito alla sua rielezione sono state uccise tra 100 e 200 persone e alcuni suoi rivali sono finiti in carcere. Lei stesso non si attiene ai consigli che rivolge ad Assad, non crede?
«La situazione in Iran era diversa e continua a esserlo. In totale sono morte 33 persone, più di due terzi delle quali appartenevano alle forze di sicurezza o erano innocenti passanti. Meno di un terzo si è scontrato con le forze di sicurezza e di polizia».
E cosa ha pensato quando ha visto la foto di Neda Soltan?
«Mi ha rattristato incredibilmente. Abbiamo le prove che si trattò di una messinscena e che la ragazza fu uccisa in un secondo tempo. Se la Bbc ci mettesse a disposizione tutto il filmato dall´inizio alla fine, lo analizzeremmo e faremmo delle ricerche per scovare i veri responsabili dell´uccisione di quella giovane donna. In un Paese dell´America Latina è accaduta una vicenda simile. Ad alcuni è stato detto: «Parteciperai a un breve filmato». E dopo che il video è stato girato, sono stati portati via e uccisi. Se la Bbc mandasse in onda il filmato nella sua interezza, chiunque potrebbe dire se ciò che affermo sia vero o no».
Come risponde alla percezione che lo stesso Iran mostri gravi lacune nel rispetto dei diritti umani?
«Il tema dei diritti umani non è un problema politico, ma umano. Negli Stati Uniti le persone sono forse tutte libere di fare ciò che credono? Non esistono forse delle leggi da rispettare? In Iran abbiamo delle leggi. E dei giudici. Esiste una magistratura indipendente, che non risponde a me. Se pure giungessi alla conclusione che un giudice abbia emanato un verdetto sbagliato, non potrei esercitare alcuna pressione perché la magistratura è totalmente indipendente dal governo».
Mi sembra che molti giovani in Iran siano scontenti delle difficoltà economiche e della corruzione. Non teme di perdere il loro appoggio?
«Ciò di cui parla non corrisponde a realtà. Forse ad alcuni non piacerò. Sono liberi di pensarla come vogliono. Noi rispettiamo tutti. E lavoriamo per tutti. Tutti gli americani sono forse contenti di come vanno le cose negli Stati Uniti?»
Come immagina l´Iran da qui a vent´anni? Crede che si avvicinerà all´Occidente?
«Sta suggerendo che dovremmo avvicinarci all´Occidente?»
Mi piacerebbe.
«Perché?»
Perché ritengo che una maggiore vicinanza tra Iran e Occidente favorirebbero la pace e il progresso a livello globale.
«La pace mondiale può essere raggiunta solo attraverso la partecipazione di tutte le parti coinvolte. Ma quando si tratta di interessi nazionali, è soprattutto in Occidente che si trovano gli ostacoli. Credo che nei prossimi vent´anni l´Iran sarà un Paese molto progredito. E che l´Occidente, per proteggere i suoi interessi, cercherà una riconciliazione con l´Iran. Mi permetta di ricordarle che gli Stati Uniti e i loro alleati hanno imposto all´Iran delle sanzioni. E tuttavia, quale economia sta attraversando una crisi più profonda oggi, quella degli Stati Uniti o quella iraniana?»
Signor Presidente, la ringrazio molto per il suo tempo.
«Grazie a lei. Come vede in Iran abbiamo molta libertà. Non credo che avvicinare il suo Presidente e parlargli come ha fatto con me sia altrettanto facile. Ecco una differenza tra i nostri Paesi».
La STAMPA - Paolo Mastrolilli : " Ahmadinejad show nella sala vuota "
Il presidente iraniano Ahmadinejad ha finito per parlare ad una platea di sedie vuote, perché il discorso infuocato tenuto ieri all’Assemblea Generale dell’Onu ha convinto decine di diplomatici a lasciare l’aula, inclusi quelli italiani. Ha accusato Stati Uniti prima, ed Europa poi, di quasi tutti i mali del mondo, dal colonialismo fino alla crisi economica in corso, passando per le abituali negazioni dell’Olocausto e dell’11 settembre. Così ha tagliato subito la mano che sembrava aver teso, con la liberazione dei due turisti americani Shane Bauer e Josh Fattal, e con un’intervista semiconciliatoria concessa al «New York Times», in cui aveva prospettato lo stop dei programmi nucleari in cambio della fornitura di uranio arricchito al 20% per uso medico. Mercoledì sera il leader iraniano aveva anche ospitato a cena un centinaio di studenti e professori universitari americani. Parlando della possibilità di un attacco israeliano contro i siti nucleari iraniani, ha detto: «Noi non andiamo in guerra a cuor leggero, ma faremmo rimpiangere di averci aggredito».
Ahmadinejad si è presentato all’Assemblea in giacca senza cravatta, dopo essere passato attraverso le proteste nel suo hotel e davanti al Palazzo di Vetro. Ha salutato, ha ringraziato Allah, e poi ha cominciato ad «analizzare la situazione attuale da un angolo diverso». L’Onu, e la comunità internazionale in genere, hanno mancato l’obiettivo di favorire la felicità dei popoli, visto che tre miliardi di persone vivono con meno di due dollari e mezzo al giorno, mentre negli Stati Uniti l’80% delle risorse economiche è controllato dal 10% della popolazione. Di chi è la colpa? Per rispondere, il leader iraniano ha elencato una serie infinita di domande retoriche: chi ha voluto il colonialismo, le due guerre mondiali, «chi ha imposto, attraverso l’inganno e l’ipocrisia, il sionismo e oltre sessant’anni di guerra, terrore e omicidio di massa al popolo palestinese?».
A questo punto la delegazione americana si è alzata, ma Ahmadinejad ha continuato: chi ha usato la bomba nucleare; chi ha usato «il misterioso incidente dell’11 settembre» per attaccare Afghanistan ed Iraq? «Perché hanno ucciso e buttato a mare Bin Laden, invece di processarlo per sapere da lui la verità?». Chi è responsabile per la recessione? Risposta scontata: le potenze arroganti che «minacciano chiunque metta in discussione l’Olocausto o l’11 settembre». Ma se «alcuni Paesi europei ancora usano l’Olocausto come scusa per pagare multe e riscatti ai sionisti, le potenze schiaviste e colonialiste non avrebbero l’obbligo di compensare le nazioni colpite?».
E qui anche la Francia, con tutte le altre delegazioni europee, ha abbandonato l’aula. Proprio mentre Ahmadinejad criticava la proliferazione delle basi americane, incluse 83 in Italia, che rappresentano per lui l’occupazione militare. In realtà, secondo il ministro della Difesa del 2006 Arturo Parisi, in Italia c’erano 8 basi americane e l’ambasciata di Via Veneto non conta più di una ventina di installazioni nel nostro Paese. Lo show globale di un presidente, che invece aveva detto al «New York Times» di amare gli americani, di essere pronto a fermare i programmi nucleari. Qual è il vero Ahmadinejad, il primo o il secondo? Domanda inutile secondo Mark Kornblau, portavoce della missione Usa all’Onu: «Poteva parlare delle aspirazioni del suo popolo alla libertà, ma ha preferito gli odiosi insulti antisemiti e le abiette teorie cospirative».
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