Riportiamo da SHALOM n°7 di luglio l'articolo di Angelo Pezzana dal titolo "Tutti possono esprimere liberamente il proprio pensiero, tranne Israele".
Angelo Pezzana
I tentativi di impedire la visibilità di Israele seguono anche nel nostro paese itinerari ben precisi, sperimentati, in situazioni analoghe, un po’ ovunque nel mondo occidentale, in società nelle quali tutti dovrebbero poter esprimere liberamente il proprio pensiero. Tutti, tranne Israele. Questo diritto, che credevamo acquisito, garantito persino a quelle frange politiche che se avessero il potere lo negherebbero agli altri, diventa opinabile se a doverne usufruire è Israele. Non è purtroppo una novità. Messo in armadio l’abito antisemita, non più indossabile – almeno nel mondo cristiano - dopo la Shoàh, lo si è sostituito con quello antisionista, che chiunque può portare persino con successo. La formula “ io non ho nulla contro gli ebrei, non ce l’ho neppure con Israele, vorrei soltanto che sparisse dalla carta geografica, gli ebrei potranno continuare persino a viverci sotto un governo islamico, non era stato sempre così ?” sembra trovare sempre minori ostacoli, non fra gli odiatori di professione, quelli non hanno mai cercato giustificazioni, ma all’interno delle istituzioni pubbliche, dove si sta verificando un fatto nuovo dopo i risultati delle ultime elezioni amministrative, che hanno visto la significativa affermazione di quelle forze politiche che non sarebbe esatto definire semplicemente di sinistra, nell’accezione storica del termine, quanto piuttosto estremiste, populiste, i cui candidati si sono affermati con programmi e slogan i cui nodi stanno venendo al pettine. Esaminiamo, da questa prospettiva, due città, Milano e Napoli, dove la voglia di cambiamento ha messo in ombra i candidati della sinistra tradizionale, eleggendo nella prima Giuliano Pisapia e nella seconda Luigi De Magistris. Senza entrare in considerazioni biografiche, i due sono ormai personaggi notissimi, ci limiteremo ad alcune riflessioni correlate a Milano al tentativo, che ha corso il rischio di diventare realtà, di impedire la mostra in piazza Duomo di “Unexpected Israel”, e a Napoli dell’affare “Flotilla”.
Del primo si sa ormai tutto, del secondo, mentre scriviamo, non ancora, ma non è dai risultati che vogliamo trarre la morale di queste storie, ma dalle premesse che le hanno rese possibili.
A Milano, se non c’era l’opposizione durissima delle istituzioni collegate a Israele, gli stand in piazza del Duomo non li avremmo visti, la loro destinazione sembrava già concordata tra sindaco, prefettura e questura, dopo le minacce di quelle forze politiche che “non avrebbero tollerato”, così si sono espresse, “l’occupazione israeliana di Milano”. Una minaccia, firmata centri sociali, sinistra antagonista e sigle varie, avrebbe dovuto suscitare ilarità, invece è stata presa sul serio, al punto da prevedere uno spostamento in “luogo più sicuro da difendere”, che significava un luogo chiuso, perché una città come Milano non era in grado di mantenere l’ordine pubblico. Il sindaco, Giuliano Pisapia, eletto a furor di popolo da questi salvatori di Milano dall’occupazione israeliana, invece di dare subito una chiara dimostrazione di essere il sindaco di tutti e non solo della parte che l’ha eletto, se ne è lavato le mani, “ tocca al Ministro dell’Interno occuparsene, ci pensi lui quale soluzione trovare”, una dichiarazione la cui lettura è una sola, mi arrendo alle minacce, la mostra la si sposta in un luogo chiuso, Milano non è in grado di garantire l’ordine pubblico. Il no di Israele ha dimostrato due cose: primo, la resa è il modo migliore per far vincere i violenti, secondo, che questi facinorosi, che avrebbero messo a ferro e fuoco la città, avendogli detto no, state buoni, hanno subito dato retta, la manifestazione oceanica del sabato 18 giugno si è risolta nel solito corteo, slogan violenti, quelli sì, ma gente poca e disordini nessuno.
A Napoli è stato eletto invece un sindaco che nel suo sito, durante la campagna elettorale, si era espresso nei confronti dell’annunciata nuova Flotilla che dovrebbe salpare- la data è ancora incerta mentre scriviamo- per frantumare il blocco navale di fronte a Gaza, le ripetizione, in grande, di quanto era già avvenuto lo scorso anno, con i risultati che conosciamo. Tutti sanno che a Napoli c’è il porto, un motivo pratico di preoccupazione, che rende inquietante l’intenzione del candidato, ora eletto sindaco, Luigi De Magistris. Che farà ? Manterrà le promesse, ospiterà le imbarcazioni nel porto della città che adesso governa, darà la sua benedizione a una spedizione che ha assunto toni talmente violenti da spingere persino il Segretario Generale Ban Ki Moon ad augurarsi che non abbia luogo ? A Milano, per ora, è finita bene, anche se è prematuro prefigurare un futuro pacifico e di dialogo viste le forze in campo. Le decisioni che a Napoli prenderà il sindaco De Magistris, che conosceremo quando questo numero di Shalom sarà già uscito, potremo valutarle in seguito, anche perché l’arrivo alla guida di grandi città di amministratori la cui provenienza ideologica presenta lati di forte preoccupazione, sarà, temiamo, un problema tutt’altro che archiviato.
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